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Reina: “Napoli meglio di Monaco. Sarri mi piace, io il leader”

ReinaMagliaNapoliIn un’altra vita Pepe Reina deve essere nato a Napoli, tanto è viscerale l’amore che lo lega a questa sua seconda casa. Per far capire meglio in Spagna il suo rapporto con Napoli, Reina in una trasmissione tv scelse un dialogo del film Benvenuti al Sud. Con Siani che spiegava a Bisio: «Quando un forestiero arriva qui, piange due volte. Quando arriva e quando parte». Ed era commosso mentre raccontava l’aneddoto, con le parole che faticavano a uscire. Il primo acquisto del nuovo Napoli di Maurizio Sarri è stato un rientro. Fondamentale, soprattutto per il gruppo. Il forestiero è tornato, osannato dai tifosi. «Era quello che desideravo – racconta Pepe –. Qui so cosa trovo e sono contentissimo di aver avuto questa opportunità, per la città e per il club».
Veniva spesso a Napoli lo scorso anno. Le mancava?
«A Monaco di Baviera sono stato bene. Però è dura quando non si gioca e star fuori ti permette di apprezzare di più quello che avevi prima. Sono felice che il Napoli mi abbia voluto di nuovo».
Napoli è una città difficile.
«Una volta che arrivi a Napoli e impari a conoscerla, la accetti e la apprezzi per quello che è: fantastica, caotica, a volte anche folle. Può capitare che quella follia un giorno non vada bene per te e per la tua famiglia, ma non succede quasi mai perché è quella stessa follia che te la fa amare e ti rende felice».
Lei e la sua famiglia siete sempre stati bene a Napoli. Però De Laurentiis una volta disse che se n’era andato perché sua moglie non si trovava bene.
«Il rapporto col presidente è davvero buono. Disse una cosa sbagliata. Magari aveva fatto confusione, feci un tweet per chiarire. Ma sistemammo subito la questione e ora abbiamo fatto la cosa migliore, unire le nostre forze e lavorare insieme per il bene del club».
Arrivò per Benitez, ora è tornato con Sarri. Le prime impressioni sul nuovo allenatore?
«Va per la strada giusta, dice le cose in faccia, come me. Gli ho detto che potremmo avere dei diverbi, ma preferisco dire sempre ciò che penso ogni giorno. Non mi piace tenermi le cose dentro, accumulare tensione e rinfacciare tutte insieme le cose che non mi sono piaciute. Sono una persona schietta, franca. Voglio sempre la verità, è il mio modo di affrontare la vita e mi sembra che il mister la pensi allo stesso modo. Quindi benissimo così».
Visto da fuori, cosa è mancato lo scorso anno al Napoli?
«La continuità. E la forza di sfruttare il calo vistoso della Roma, non riuscendo mai a sfruttare l’occasione per accorciare le distanze. Ma alla fine il Napoli ha sbagliato due partite importanti. Con più fortuna, all’andata col Dnipro, finisce 4-1. E con la Lazio c’è stata la possibilità di andare in Champions all’ultima giornata».
Beh, senza quel rigore di Higuain magari…
«Gonzalo è un fuoriclasse. A un giocatore che segna 30 gol a stagione non credo si possa chiedere di più».
Magari più freddezza sui rigori. A proposito, lei è stato il primo a fermare Balotelli…
«Ho sempre detto che un rigore calciato bene è impossibile da parare. Noi dobbiamo capire cosa ha in mente il calciatore e magari indurlo all’errore, ma un rigore tirato bene non si prende mai».
Reina lo batterebbe un rigore?
«Non durante una partita, non è il mio compito. Però se dovessimo andare oltre i supplementari una volta, potrei anche essere tra i 5 a calciarlo. Non amo i portieri che tirano rigori e punizioni. Passeranno alla storia per quello, io spero di essere ricordato per le parate decisive».
Molti la ricordano pure per l’abilità da cerimoniere sul palco dopo le vittorie con la Spagna e per la presentazione a Dimaro di Albiol. Ce ne fa una adesso?
«Il momento giusto è quando si vince, si è in festa e si alzano titoli. Lì se me lo chiede la squadra lo faccio. Ma così, non mi viene. Non sono un attore, sono un uomo spogliatoio e per la squadra faccio tutto».
Un fioretto per un grande traguardo?
«Abbiamo una buonissima squadra, con tanti giocatori di livello. Sono ottimista, ma non dobbiamo metterci pressione da soli. Pensiamo a lavorare con pazienza. Non dobbiamo dire dove arriveremo, ai tifosi non possiamo promettere di vincere ma garantire il nostro meglio sempre. Non importa ora cosa fanno le altre squadre, chi comprano. Partiremo tutti alla pari e alla fine tireremo le somme».
Rafael e Andujar lo scorso anno hanno faticato. Ma è così difficile fare il portiere a Napoli?
«E’ un ruolo ingrato. Basta esserne consapevoli, saper reagire alle difficoltà, stare sempre lucidi. Loro non hanno fatto male, semmai è tutta la squadra che ha avuto difficoltà».
Chi è il portiere più forte della sua generazione?
«Buffon è stato super, come Casillas, Kahn, Julio Cesar. Il mio mito era Molina. Ma oggi il migliore è Neuer».
Curiosità. E’ vero che colleziona maglie da calcio?
«Ne ho più di 400 a casa. Da Messi a Zidane, passando per Pirlo, Figo, Iniesta…».
Qual è la sua preferita?
«Impossibile scegliere. Sono felicissimo di avere quella dei miei amici Paolo Cannavaro, Mertens e Xabi Alonso».
A proposito di Xabi. Ha detto di lei: «Reina non è un semplice giocatore, ma è una squadra».
«Lo ringrazio. Ricevere complimenti da chi ha vinto tutto ti riempie di orgoglio. Mi piace essere leader. Mi viene naturale. Cerco sempre di dare il meglio, come persona nello spogliatoio e poi in campo. E’ importante avere uno spogliatoio unito, umile, che lavora, che ha voglia di migliorare e che sappia sudare la maglia». Rieccola la frase magica che rimbomba tra le montagne di Dimaro. Dopo «la squadra ha un’anima» di mazzarriana memoria e il «ci può stare» di Benitez, l’era Sarri ha già trovato il suo tormentone.

La Gazzetta dello Sport

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