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Chievo, i sogni di Campedelli: “Volevo Balotelli, non è un bad boy”

VERONA – Metà della sua vita l’ha passata alla guida del Chievo. E se un giorno Berlusconi dovesse davvero cedere il Milan, Luca Campedelli, 48 anni, al timone del club gialloblù dal ’92, diventerebbe il presidente più longevo fra quelli della A. “Penso di essere rimasto lo stesso di quando ho cominciato. L’unica cosa che è cambiata è che da otto anni ho smesso di fumare, prima arrivavo a un pacchetto e mezzo al giorno. Un bel vantaggio, quando seguo le partite”.

Presidente Campedelli, il suo Chievo è la squadra più vecchia della Serie A, resiste alla rottamazione.
“Se una macchina funziona, perché cambiarla? Se è datata o ha fatto tanti chilometri, non vuol dire che non vada bene. Però non ci culliamo sugli allori, non pensiamo di essere salvi, piuttosto arriviamo presto ai 40 punti, non si sa mai. E per questa stagione non ho ancora avuto una soddisfazione da ricordare”.

Nel 2001 il Chievo in A sembrava solo una bella storia. Questo è il quindicesimo campionato in sedici anni. 
“Il segreto è semplice: basta non dormire la notte, cercare tutti i giorni di inventarsi qualcosa. Meno male che ho dei collaboratori in grado di riuscirci. Io ho pensato a realizzare un centro di riabilitazione per i giocatori, di costruire il centro sportivo per le giovanili al Bottagisio, di riammodernare Veronello per la prima squadra. Tutto con pochi soldi. Quanto alla favola, non mi faccio illusioni: se domani succede un incidente, torneranno a dire che noi siamo quelli che in A non dovevano starci”. 

Pensa a uno stadio di proprietà adesso?
“Per come la vedo io, in questo momento è impossibile per tutti costruirne uno ex novo. Più facile, per chi può, comprarne uno esistente, come ha fatto il Sassuolo. Noi abbiamo preferito puntare su altro, costruire qualcosa per la società e per la gente, rendendo fruibili le strutture anche a persone esterne al Chievo”. 

Quanto è stato vicino a prendere Balotelli in estate?
“Balotelli non è cattivo, è un bravo ragazzo, solo che è talmente riconoscibile che qualsiasi stupidaggine faccia viene amplificata. Io a 23 anni facevo già la vita da monaco, capisco che lui non possa farla e ha anche ragione. Per me è molto meglio di come lo fanno apparire. Lo volevo al Chievo, non so quanto siamo stati davvero sul punto di prenderlo. Credo gli abbia fatto piacere fare un pranzo insieme e conoscerci, e basta”. 

Se non avesse vincoli di bilancio quale giocatore prenderebbe?
“Io compro tutti quelli che voglio, ma alla playstation, solo lì è possibile. Poi però arriva mio  nipote, che è più bravo di me, e compra gente più forte…”. 

Pellissier, a un passo dai 100 gol in A, è il giocatore che lei ha amato di più?
“Ci sopportiamo a vicenda da sedici anni, ci sono matrimoni che durano molto meno. Lui allenatore in futuro? Non credo, troppo testone. Quando era vicino ai 100 gol totali col Chievo sono serviti mesi prima di consegnargli il premio. Adesso perciò non ho preparato niente. Non sono scaramantico, sono tradizionalista”. 

Sorrentino è tornato al Chievo dopo un addio burrascoso.
“Aveva fatto qualcosa di non simpatico, ma si è fatto perdonare. La vita è troppo breve per non riprendere i contatti con chi ti ha fatto arrabbiare, se si tratta di una persona importante”.

Lei ha mai pensato di vendere?
“La tentazione ogni tanto c’è. Mi giro indietro, mi chiedo se c’è qualcuno che voglia il club e trovo il deserto. E allora vado avanti da solo. Non è che mi dispiaccia, è  la mia vita, sono qui da quando avevo 23 anni, però se arrivasse uno più bravo di me sarei contento di poter dormire un po’. Le Kessler dicevano che la notte è piccola, ma vi assicuro che non è tanto piccola quando la passi a pensare”. 

Da appassionato di calcio inglese, è possibile un Leicester in Italia?
“Non dico sia impossibile, ma è molto improbabile. In Inghilterra è successo che le cinque candidate al titolo abbiano avuto tutte problemi nella stessa stagione. In Italia la Juve è fuori categoria, poi ci sono Napoli, Roma, Milan. In questo momento i bianconeri hanno cinque anni di vantaggio su tutti, rappresentano il benchmark, il termine di paragone per le big. E chi insegue deve investire tanto per pagare, in termini economici, questo gap”. 

In Inghilterra, però, c’è anche una diversa distribuzione degli introiti dei diritti televisivi, che ha favorito lo scudetto di Ranieri.
“In Lega dopo l’accordo che abbiamo trovato non ne parleremo per i prossimi due anni. Speriamo di esserci ancora, fra due anni”. 

Ma in Lega continuate a litigare?
“Diciamo che le assemblee sono molto interessanti, varie ed eventuali. Più di quanto si possa immaginare. Se ci fosse una diretta tv, avrebbe uno share che neanche il Grande fratello, si farebbero più spettatori di Sanremo”. 

Il Chievo ha una proposta di riforma?
“Bisogna cercare nuove risorse. Sia dalla vendita di diritti all’estero sia sul mercato domestico. È chiaro che in questo momento ognuno tiri acqua al suo mulino e difenda la propria quota. Ma la coperta è corta, se si favorisce l’equilibrio competitivo in Italia si perde forza in Europa, perché le grandi avrebbero meno risorse. Ricordate cosa diceva il maestro Miyagi? Si può camminare a sinistra della strada o a destra della strada, ma se rimani in mezzo ti fai travolgere. Bisogna fare una scelta: o lasciamo le cose come stanno, se ci vanno bene, oppure copiamo l’Inghilterra. Dove si gioca sempre, anche durante le feste, e non fanno vedere tutte le partite la domenica, per incrementare gli incassi al botteghino, anche se il problema, in Italia, è che gli stadi restano vuoti perché troppo vecchi”. 
È favorevole a una Serie A a 18 squadre?
“Non risolverebbe il problema. Se ci fossero due squadre in meno, ci sarebbero 50 milioni da redistribuire, ma sempre fra tutti i club. Le squadre medio-piccole non otterrebbero molto di più”. 

Da tifoso interista, cosa pensa dello sbarco dell’imprenditoria cinese in A?
“I cinesi devono capire dove sono arrivati, conoscere la lingua, l’ambiente. Ci vorrà ancora un po’ di tempo. La Cina ha il vantaggio di avere tanti soldi e lo svantaggio della distanza, sia geograficamente, sia come mentalità. In Italia siamo abituati a vedere un presidente che interviene e rappresenta il club. Io sono uno che parla poco, ma in Lega Thohir in questi anni ha parlato meno di me… E fa strano, da tifoso interista, una proprietà che grida “Fozza Inda”. Un conto è ascoltare Massimo Moratti, un conto è un presidente che non parla una parola di italiano. Non dico uno che conosca di calcio, perché in giro non ce ne sono, io per primo. E poi serve un dialogo fra squadra e proprietà, io sono al campo d’allenamento tutti i giorni, se posso, ed è già difficile fare il presidente così. Non basta pagare gli stipendi, alla fine i giocatori non vanno mica in campo per i soldi, credetemi”. 

Pioli può risollevare l’Inter?
“Ha lavorato al Chievo, è un ottimo allenatore, è capitato nella squadra perfetta per lui ma nel momento peggiore. L’Inter ha cambiato già due tecnici in stagione, ha problemi da risolvere e Pioli non è il Padreterno”. 

Maran può lasciare il Chievo a fine stagione?
“Un anno fa non poteva andare via, era troppo presto. A fine campionato vedremo, se sarò vivo. Ma lui per capacità e volontà potrebbe diventare l’allenatore più longevo qui”. 

Galliani sarà il nuovo presidente di Lega?
“Ha già ricoperto questo ruolo, ma se lascia il Milan non credo voglia solo lavorare in Lega, sarebbe riduttivo. Lo vedo adatto a incarichi istituzionali più importanti in Europa, Uefa, Eca, non so. Ha buon senso, capacità, sa di calcio. L’unico difetto è che è milanista”.

Campedelli, cosa vuole dal futuro?
“Che il Chievo sopravviva alle mie malefatte e alle mie capacità. E che si ricordino del club e non del presidente, perché la mia era finirà”.

Fonte: Repubblica

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