AZZURRI PER SEMPRE – UN PICCOLO GRANDE CAPITANO AZZURRO: ROBERTO BORDIN
.Ciao ragazzi! Nuovo appuntamento con “Azzurri Per Sempre”, la mia personale rubrica su Pianetazzurro per ricordare tanti eroi del nostro grande Napoli. Prima di iniziare però, voglio ringraziare tutti quei tifosi azzurri che hanno apprezzato l’esordio della scorsa settimana, e spero di poter rinverdire (o passatemi il termine forzato “riazzurrare”) i ricordi di ogni innamorato della nostra squadra.
Bene, detto questo, visto che sabato sera ci attende una difficile sfida a Bergamo con i padroni di casa dell’Atalanta, ho deciso di dedicare questo secondo appuntamento con “Azzurri Per Sempre”, ad un piccolo grande centrocampista, un grande uomo prima che un grande atleta, che si è equamente diviso e contraddistinto nella sua carriera con le casacche di Atalanta e Napoli, vi sto parlando di Roberto Bordin.
Centrocampista tuttofare, il buon Roberto lo ricordo con piacere, capitano di un Napoli post-maradoniano che iniziava a giocare le gare più importanti in tribunale piuttosto che in campo, ma non per questo non riusciva ad emozionarci in campo.
Bordin arrivò al Napoli proprio dall’Atalanta nell’estate del 1993. Quell’anno la campagna-acquisti azzurra fu la prima all’insegna dell’austerity dopo i fasti maradoniani; erano nati i primi gravi problemi finanziari e i Gallo (subentrati a Ferlaino pochi mesi prima) furono subito costretti a cedere 2 pezzi pregiati come Zola e Crippa, resistendo a fatica alle sirene avversarie che offrivano fior di miliardi per Ferrara, Thern e Fonseca. Il tecnico Marcello Lippi appena ingaggiato dall’Atalanta, proprio per sopperire alla partenza di una pedina fondamentale del centrocampo come Crippa, chiese fortemente l’ingaggio di Roberto Bordin, avuto a Bergamo, ed il presidente Gallo lo accontentò.
Di Bordin ricordo la grinta, la tenacia, un piccolo grande uomo che lanciava sempre il cuore oltre l’ostacolo, e sicuramente anche per questo a Napoli riuscì ad entrare nel cuore dei tifosi, nonostante contrapponeva a tanta vemenza in campo, una discrezione come pochi fuori dal campo.
Dopo un primo anno straordinario in mediana al fianco dello svedese Jonas Thern e di un giovanissimo Fabio Pecchia, Bordin fu promosso capitano alla seconda stagione in azzurro, dopo la cessione di Ciro Ferrara alla Juventus. Quasi sempre presente, fu un vero stakanovista, entrando nelle grazie anche degli allenatori azzurri successivi: Vincenzo Guerini prima e Vujadin Boskov poi.
Nell’estate 1996, proprio a pochi giorni dal ritiro estivo, la scoperta di un brutto male alla tiroide fece temere il peggio, ma la grinta che aveva in campo fu tanta anche in quella lotta, tanto che debellò il tumore, riuscendo a rientrare in campo a metà stagione, in un Cavese-Napoli, amichevole infrasettimanale. Appena rientrato, Bordin tornò subito pedina fondamentale di quel Napoli che riuscì ad arrivare alla doppia finale di Coppa Italia dopo aver eliminato Lazio ed Inter, una coppa persa all’ultimo minuto dei supplementari a Vicenza. Una gara che Roberto disputò sottotono e che lasciò controvoglia nel secondo tempo, sostituito dopo aver perso nettamente la sfida a centrocampo con il dirimpettaio Maini. Fu l’epilogo della sua avventura azzurra, che seppur finita male, ricordo con piacere: anche se protagonista di un periodo buio, anche se non ha vinto nulla, Roberto Bordin per me resterà sempre un piccolo grande capitano azzurro.
di Alberto Caccia