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Magoni: “Ho la Dea nel cuore, Napoli? Piazza di livello mondiale”

Carattere, competenze. Ossia Oscar Magoni: tempra di capitano, occhio lungo da tecnico, incisività da vincente. Selvino e Romanese agli esordi, Leffe il primo dei tanti grandi salti. Esempi? Atalanta: «La squadra dei miei sogni. Sono di Bergamo, ho tifato in curva, mi sono fatto amare dai miei concittadini sul campo, tanto che ancora oggi mi ricordano volentieri. Il coronamento di un sogno. C’erano tanti “ragazzotti” che hanno fatto carriera: Vieri, Ganz, Orlandini, Morfeo, Locatelli, Tacchinardi… dovevano ancora crescere, ma la qualità era già lì da vedere». Nel cuore la Serie A conquistata contro la Salernitana «e con due miei assist a Ganz e Valentini. La mia ultima partita in nerazzurro». Già, perchè c’è il Genoa: «Un salto, un club pluri scudettato, uno stadio tra i più belli. Giocatori di caratura internazionale come Skuhravy e van’t Schip. Ma anche talenti come Montella e Nappi. Ricordo la vittoria della Coppa Anglo-Italiana contro il Port Vale: giocare a Wembley è qualcosa che ti capita una volta nella vita, se sei fortunato». Altro salto, Bologna: «Qui una semifinale di Coppa Uefa in cui siamo usciti con l’Olympique Marsiglia senza mai perdere, compagni come Andersson, Kolyvanov di caratura mondiale, fenomeni come Signori e Baggio. Sono cresciuto anche come uomo». E Napoli: «C’erano difficoltà a livello sociale, ma è sempre stata una piazza di livello mondiale, roba da sette milioni di tifosi. Nel 2000, per la prima in Serie A contro la Juve alle 20.45, lo stadio era già strapieno alle 18.30…». Anche qui al fianco di talenti come Jankulowsky, Edmundo («Matto? Effettivamente…»), Amauri ad esempio. Anche qui capitano: «Un riconoscimento del mio carattere, della capacità di leadership». Anche qui con tecnici di livello assoluto: «In carriera ne ho avuto tanti: Lippi, Novellino, De Canio, Zeman, Prandelli, Mondonico, Guidolin, Simoni, Radice, Tesser… e Ulivieri: ha due lauree e una vastissima cultura, competenze tattiche elevatissime. Ma non dimentico Oscar Piantoni per le prime nozioni, Bortolo Mutti che mi ha dato uno stampo professionale. E Gigi Bresciani, un bergamasco vincente». Magoni chiude sul campo (successi ad Ancona e Trieste ad esempio). Poi la panchina: «Naturale continuare, per propensione e competenze, ma anche dna: mia sorella Paoletta campionessa olimpica di sci, mio fratello Livio allenatore di Tina Maze e della valanga azzurra. Insomma, si è sempre respirato sport in casa nostra». Si parte dall’Eccellenza in terra orobica, Isola: «Con il ds Enrico Vecchi che è ancora con me, qui conosco nel dettaglio il mondo dilettantistico». Crescita, Renate: «Dall’Eccellenza alla Lega Pro, una finale di Coppa. Risultati importanti per una piccola realtà ma ben organizzata, le basi di ciò che Renate è oggi». Altro salto, Lecco: «Record di punti per la C1, ma esonerato, richiamato, dimissionario… un’esperienza difficile». Si ricomincia alla Colognese, ancora in D, ancora col ds Vecchi: «Una squadra fallita, che ricostruiamo arrivando alla finale playoff persa a Voghera in extremis». Ancora a Renate in Lega Pro: «Salvezza con un mese di anticipo, poi la Tritium, il mio errore. Un club già in difficoltà, due mesi bene, uno malissimo». Tocca ancora ripartire, dalla Sambonifacese in Serie D: «Dopo otto partite eravamo quinti con una rosa rinnovata e giovane, ma la società è poi saltata per aria». Il presente ancora di stampo orobico, ancora in D, al Ciserano: «Una realtà solida, ossia la base per fare calcio. Cambieremo mentalità, partiremo col 4-2-3-1: ideale per coprire il campo in fase difensiva, pungente se con gente di gamba». Ispirato a… «me stesso. Ho appreso tanto dai tecnici che ho avuto, ma porto sempre le mie idee». Carattere, competenze: il capitano è ormai Mr. Magoo, ma l’impatto è sempre quello. (Con)vincente.

fonte – gianlucadimarzio.com

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