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Pepito’s way: “Sarò di nuovo al top. Balo? Si rialzerà”

Non penso mai alla sfortuna. Se pensi alla sfortuna parti parecchi metri indietro e non recuperi più. E siccome la vita è una corsa, ma bisogna pensarla come una corsa divertente, è meglio non prendersi degli handicap. Se usi tanto i piedi e le gambe nel tuo lavoro è possibile che qualcosa si rompa prima o poi, ma è la testa che comanda. La testa è la cosa fondamentale, sempre. Senza testa non si trovano vie d’uscita“.

di Alfredo Corallo

My Way era la canzone preferita di Fernando Rossi. Il libro che Pepito ha scritto insieme alla giornalista della Gazzetta dello sport Alessandra Bocci è una lunga, romantica dedica a un uomo “sospeso tra due continenti”, che aveva un sogno: crescere un figlio e vederlo un giorno giocare con la maglia azzurra. Aveva lasciato l’Italia 16enne, a bordo di una nave diretta in America, nel New Jersey, che oggi gli riserva un posto d’onore nella Hall of fame del Liceo di Clifton, dove ha insegnato a tanti ragazzi italiano e spagnolo, e come allenatore si meriterà il soprannome di “leggendary coach” per i successi ottenuti con la squadra di calcio della scuola. E’ qui che è seppellito (scomparso nel 2010), ed è qui che vive la famiglia di Giuseppe: mamma Nilde, la sorella Tina, le nonne Elia e Concettina, nonno Bruno. Una famiglia semplice, di origini abruzzesi e molisane, che in questi anni complicati per l’attaccante della Fiorentina è stata la certezza da cui ripartire, ogni volta. Insieme alla sua fidanzata Jenna. 

“A modo mio (My Way)” – edito da Mondadori – è un viaggio nel tempo e nella sua doppia carta d’identità: dall’infanzia americana, i primi gol, all’approdo a Parma del 12enne Pepito, insieme a papà Fernando, smanioso di far conoscere il suo talento sul palcoscenico calcistico più importante, quello europeo. Così nasce l’avventura di Manchester, la fiducia di Alex Ferguson, la rete al debutto con i Red Devils nel 2005, il periodo spagnolo al Villareal, il più divertente. “Una volta girammo un video per fare gli auguri di Natale ai nostri tifosi – racconta Rossi durante la presentazione del libro a Milano, nella sede della Rosea – naturalmente mi fu assegnata la parte del pizzaiolo…”. (guarda il video)

E ancora i suoi idoli (Gullit, Baggio, ma Kobe Bryant su tutti), l’esperienza alle Olimpiadi di Pechino, i gol a cui è più legato. “Sicuramente – spiega – quello al Bernabeu contro il Real Madrid. I miei genitori erano in tribuna e papà dovette tirare per il braccio mamma, che stava un po’ esagerando con l’esultanza… E poi la tripletta alla Juventus, non mi ero reso conto di quanto i fiorentini tenessero a quella partita. L’ho capito quando sono uscito dallo stadio e c’erano dei signori di 50-60 anni che mi ringraziavano con le lacrime agli occhi”.

Quello che colpisce maggiormente di Giuseppe è questa determinazione feroce a non mollare, nonostante i pesantissimi infortuni subiti. Quello di gennaio – malgrado il recupero, che però non ha convinto Prandelli, tra mille polemiche – gli ha fatto saltare il Mondiale, che lui paragona a Moby Dick. “Ognuno di noi ha delle ossessioni, uno scopo da raggiungere a tutti i costi. Io passo ore e ore in palestra per essere pronto quel giorno, perché sono sicuro che arriverà”.

Balo, rialzati! Quando gli chiediamo se è proprio questa forza mentale che manca a Balotelli, con cui – peraltro – avrebbe dovuto comporre l’attacco azzurro in Brasile, e che sembra essere caduto in una crisi profonda: “No, conosco bene Mario, è molto forte di testa, tutto il Liverpool sta faticando, non si possono dare le colpe sempre e solo a lui. Sono sicuro che si riprenderà presto”. E Rossi, quando lo rivedremo in campo? “Non c’è una data precisa, ma tornerò più forte di prima, questo è sicuro”. 

Fonte: SkySport

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