Il ritorno di Duvan Zapata: media gol impressionante e Napoli nel futuro
Dategli un completino, un paio di scarpette ed un pallone e – ne siamo certi – lui farà gol. Alt. Non è che ne siamo certi per nostra insolenza, lo dicono i numeri. Ma procediamo per gradi. Soggetto: Duvan Zapata. Che di per sé, solo ad osservare il nome, qualcosa ha già a che fare con il gol. Questione di m, linea sottile tra un cognome – tutto colombiano – ed una caratteristica di gioco. Zapata o zampata, quella spesso decisiva degli attaccanti veri. E sì, Duvan un attaccante vero lo è.
Un vero delantero, o vero nueve, direbbe lui. Altro che falso nueve, moda sviluppatasi quasi in contemporanea al suo passaggio in Italia e alla sua carriera ma alla quale – anche solo per ciò che madre natura gli ha donato – è sempre rimasto estraneo. E il fatto che Duvan sia un vero attaccante – dicevamo – lo dimostrano i numeri. Quelli sono stratosferici fin dal suo arrivo in Serie A.
Era l’estate del 2013 quando il Napoli lo prelevò dall’Estudiantes de la Plata per qualche milione di dollaro. E lui, con tutta l’umiltà del mondo è arrivato in Italia e ha accettato sempre di buon grado il ruolo assegnatogli. Di solito la panchina, ma quando entrava… Il primo gol, però, arrivò da titolare. E Duvan, in quel mite pomeriggio di inizio Primavera, volle strafare. Addirittura due, contro il Catania. E poi cinque in totale alla fine della stagione, in appena 568 minuti, per una media di un gol ogni 114 primi circa.
Anno nuovo e stesso destino. Ancora al Napoli, stavolta alle spalle di Higuain, ma pur sempre una riserva. E, ancora, la media è stratosferica. Sei gol in totale – suo record attuale in Serie A – in poco più di 600 minuti. Insomma, quasi una rete ogni 100 minuti. Per una volta, però, dopo l’estate, il copione sembrava dovesse cambiare. A luglio, spinto dalla voglia di giocare sempre, Duvan cambia maglia: prestito biennale all’Udinese. Certo, perché il potenziale c’è e deve sì esplodere, ma mica il Napoli poteva perderlo completamente. Chiaro sintomo del fatto che De Laurentiis e soci, ancora oggi, ci puntino forte. Come attaccante del futuro, sicuramente.
E così via, direzione Friuli, pronto a prendersi anche il cuore di quei tifosi. E qui sì che i minuti cominciano ad arrivare. Come i gol, sì, quelli con lui non mancano mai. Tre nelle prime sei partite, non male. Poi, però, ci si mette anche il destino beffardo. Un grave infortunio a cavallo tra settembre e ottobre e, così, oltre tre mesi lontano dal campo.
All’Epifania il ritorno, solo sette minuti. Il gol, stavolta, lo sfiora soltanto. Ma sono sette minuti eh, non chiediamo miracoli. Col Carpi ventotto. Eh be’, ventotto, si potrebbe fare… E tac, gliene bastano dieci e sinistro a battere Belec, gol della speranza per l’Udinese. Al di là della partita, speranza soprattutto per aver ritrovato quell’attaccante vero che Duvan ha sempre dimostrato di essere.
Ancora con i numeri, che qualche verità la raccontano sempre. Quattro reti in campionato in 446 minuti, per una media di un gol ogni 111 minuti circa. Il buon Duvan non perde i vecchi e magnifici vizi: l’Udinese spera per questo girone di ritorno, il Napoli si mette in poltrona, osserva e già lo rivede in azzurro per il futuro. Duvan, dal canto suo, sempre con la sua peculiare umiltà, pensa solo a segnare. Come faceva in Colombia, in Argentina e nei primi anni in Italia. Pronto al gol, pronto alla Za(m)pata decisiva.
gianlucadimarzio.com