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Addio a Leo? Ma un’Idea non può ritirarsi così

Messi non è un calciatore, è l’idea stessa del calcio. E un’idea non può ritirarsi, abbandonare il campo, fuggire. Neppure per un rigore sbagliato, la fine di un sogno dopo 23 anni di vana attesa per replicare un trionfo in copa America che non è arrivato neanche stavolta, ancora contro il Cile.

Ma a 29 anni non si può diventare un ex, anche se da oggi formalmente Lionel Messi è un ex nazionale argentino. Dopo 113 partite e una sola grandissima gioia: la finale del torneo olimpico di Pechino 2008. Poi una serie di delusioni che lo hanno spinto sull’orlo della disperazione. Perché la disperazione ha bagnato di lacrime le sue guance dopo l’ultima finale persa con quella maglia che avrebbe voluto agitare come una bandiera, la bandiera per la quale ha scelto di lottare, soffrire, dannarsi inseguendo una vittoria che non è mai arrivata.

Sempre avendo come pietra di paragone quell’altro, il vincente per definizione, colui che in Italia ha portato uno scudetto dove nessuno c’era mai riuscito in sessant’anni, colui che in Messico, anno 1986, vinse un mondiale da solo, realizzando il gol più bello della storia e nella stessa partita la furbizia più deprecabile, colpendo con la mano, diventata mano de dios. Eppure quell’altro, Diego Armando Maradona, era il diavolo, l’incarnazione del proibito.

Messi, invece, è stato sempre il giusto, l’ideale, il bene: bravo figlio, bravo padre, bravo capitano, inimitabile campione, vincitore con il Barcellona di tutto ciò che è stato possibile vincere. Con l’altra maglia, la blaugrana, continuerà a giocare, a trionfare, circondato da campioni di valore almeno pari a quello dei suoi compagni di nazionale. La differenza, finora, l’ha fatta lui, preceduta da un segno meno che ha cominciato a pesargli tantissimo, troppo. Fino a fargli dire basta. La scelta più ingiusta che un fuoriclasse possa concepire. E se il mondo organizzasse un referendum per riportarlo in Nazionale?    

Fonte: Sky

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