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L’addio di Conte: “Ora tutti ci rispettano”

Dalle accuse alla lacrime. Antonio Conte commosso, come non si era mai visto, neanche nel giorno dell’addio alla Juve dei tre scudetti e dei record. Ma questo è l’azzurro, non il bianconero, e per ritrovare il “rispetto” di tutti rivendicato in fondo a un Europeo sbalorditivo, l’oramai ex ct quella maglia se l’era cucita addosso prima di chiedere a tutti di fare lo stesso.
 

“Oggi l’emozione è più forte di ieri”, dice nel breve saluto a Casa Azzurri, togliendosi di dosso la divisa della nazionale. Ribadisce la speranza di tornare un giorno, e gli fa eco il presidente Tavecchio (“è giovane, chissà un giorno…”). Ma ora è finita. E’ stata una sua scelta andare al Chelsea, motivata dalla voglia di tornare a lavorare tutti i giorni e dall’impossibilità di farlo da ct per gli ostacoli frapposti dai club; ma non lo è stata di sicuro di svestire così il colore della nazionale, dopo aver messo in crisi la Germania ed aver perso i rigori, la moglie Elisabetta e la figlia Vittoria in tribuna in pianto dirotto, tutti gli azzurri a testa bassa o in lacrime nello spogliatoio di Bordeaux, lui che gli rivolge un breve discorso per dire che lo aveva reso felice e orgoglioso lavorare con calciatori “che non sono eroi, ma persone sane, ragazzi stupendi”. “Ma è il giorno dopo che realizzi che è davvero finita”, spiega ora con gli occhi gonfi da una notte insonne e lucidi per l’emozione.
 

Raccontano i suoi collaboratori che nelle ultime 48 ore, come nelle precedenti vigilie e stavolta ancor di più, Conte si aggirava per il ritiro con un volto tesissimo, la mente rivolta solo alla partita. “Sembra un mistico, in quei momenti”, la definizione di Tavecchio. Ma il giorno dopo, realizzato che tutto è davvero finito, passata l’adrenalina, Conte sembra un’altra persona. Ieri aveva denunciato: “In questi due anni, non c’è stato nessuno al mio fianco, a parte il presidente Tavecchio. E la mia non era la guerra di Conte, ma la guerra per la nazionale”.

Oggi però cedono il passo le rivendicazioni verso i club per i quali la nazionale è solo una data sul calendario internazionale, spetta semmai al presidente federale parlarne. Oggi Conte è un altro: “Dispiace tanto, per i ragazzi, per me è stato un grande onore allenarli”, l’esordio del suo ringraziamento, subito dopo essere stato accolto da un applauso in passato riservato a Lippi campione del mondo o a Prandelli finalista di Euro 2012. “Ringrazio tutti. I ragazzi, perché mi hanno dato tutto quello che avevano. Ci tengo a ringraziare lo staff, i cuochi, Andrea, che è venuto qui, ci ha permesso di sentirci a casa, i magazzinieri, tutti quelli che hanno lavorato con noi. E’ stato un onore. Un particolare ringraziamento al segretario azzurro Mauro Vladovic, che è sempre stato con noi. E a una persona silenziosa e incredibile, con dei valori umani, Lele Oriali. Ringrazio il presidente, spero sia un arrivederci e non un addio”, l’invito a ritrovarsi un giorno, lanciato per la terza volte negli ultimi giorni.

“So di non essere una persona semplice nei rapporti – il saluto rivolto invece ai media – Abbiamo imparato a conoscerci, le persone devono conoscersi, non siamo tutti uguali, poi resta la stima”. La chiusura sul successore: “Auguro il più grande bene possibile a Ventura, lasciamo una traccia del lavoro, che è importante. Il presidente e la Figc hanno intrapreso una strada bella, porterà in alto i nostri colori. Abbiamo raggiunto l’obiettivo di essere rispettati”. Ora sette giorni lontano dalla delusione prima di ripartire col Chelsea. L’azzurro, però, è davvero finito. 

Fonte: Sky

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