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Calcio, college e borse di studio: la strada italiana per il sogno americano

Calcio, college e borse di studio: la strada italiana per il sogno americanoUno dei ragazzi presente alle selezioni in programma 28 e 29 dicembre  ROMA – Il sogno americano, a volte, ha la forma di un pallone. Giovinco negli States ha mostrato la migliore faccia del Made in Italy, ma tanti altri ragazzi, senza i riflettori del professionismo, inseguono l’idea di affermarsi nello sport a stelle e strisce: il tutto conseguendo contemporaneamente una laurea di prestigio. College Life Italia è un’associazione che offre da anni l’opportunità ad atleti italiani di ottenere borse di studio sportive per Università americane. Questa permette agli atleti-studenti di accedere in College con rette spesso inaccessibili, proseguendo la duplice carriera sportiva e accademica.

Un’esperienza che accomuna non solo calciatori, ma anche giocatori di basket, volley e altre quindici discipline, pronti a fare le valigie per misurarsi con due sfide: quella sul campo e quella sui banchi dei campus di tutti gli Stati Uniti. “Prima però bisogna superare due test, Sat e Tofel – puntualizza Stefano Radio, uno dei fondatori di CLI – e decidere quale tra le università è la più calzante per le esigenze del ragazzo/a”.
 

Il ruolo di College Life Italia è proprio quello di ponte tra i due continenti: “Le borse di studio possono essere complete o parziali, e in base alle possibilità economiche delle famiglie e all’offerta delle Università riusciamo a indirizzare al meglio i ragazzi. Abbiamo portato atleti in quattro categorie differenti appartenenti alla Ncaa – l’associazione che regola i campionati sportivi tra atenei – Division I, la Divison II, i Junior College e Naia”. La prima divisione è la più competitiva a livello sportivo, ma non tutti i ragazzi vengono necessariamente indirizzati nella più alta: “Molti college di I non hanno standard accademici che ci soddisfano. Per il bene degli studenti spesso consigliamo la II perché l’obiettivo non è tanto il professionismo – nonostante i contatti tra CLI e la MLS – quanto la possibilità di ottenere una laurea di prestigio e garantirsi un futuro importante” aggiunge Radio.
L’ambizioso obiettivo – grazie allo showcase calcistico di Roma del 28 e 29 dicembre, organizzato con l’Aic – è quello di portare 100 studenti italiani in Ncaa nel prossimo anno accademico: “All’inizio abbiamo portato due ragazzi, poi 15, poi 48 l’anno scorso. Ora vogliamo arrivare in tripla cifra. La nostra forza è quella di seguire i ragazzi anche quando sono all’estero”.

Un progetto creato da Radio insieme a Giorgio Antongirolami, allenatore della Rockhurst University di Kansas City, Paolo Scoppola e Lucas De Rossi: “Li ho conosciuti una volta arrivato alla Rockhurst per merito di Giorgio. Lì ci siamo accorti di essere arrivati casualmente negli Stati Uniti, e abbiamo avvertito la necessità di creare un movimento per portare sistematicamente sempre più ragazzi nelle Università americane”. L’organizzazione è relativamente giovane, ma si sta già ottenendo successi: “Si tratta di un’opportunità unica e siamo convinti di migliorare la loro vita. Un giorno sono stato chiamato dalla madre di un nuotatore alle 3 del mattino. Mi ha detto in lacrime che il figlio aveva ottenuto la borsa al 100%, ringraziandomi per l’aiuto che gli avevamo dato. Mi è venuta la pelle d’oca”. L’obiettivo è quello di creare un network sempre più solido: “Questo è quello che chiediamo ai ragazzi che mandiamo negli Usa. Quando saranno laureati, o professionisti, dovranno fare lo stesso lavoro di tramite che abbiamo fatto noi per permettere a quanti più italiani di ottenere una borsa di studio e iniziare la loro vita professionale in un College”, conclude, mentre indica ai ragazzi di schierarsi con la difesa a 3 e conversa con uno degli scout delle università americane giunto ai campi dell’Hotel Mancini di Roma.

Le parole di Matteo, un ragazzo che da due anni si trova negli Stati Uniti grazie a CLI, sintetizzano il credo dell’associazione: “Il mio impatto negli Usa è stato positivo. Sei seguito, l’organizzazione tra ambito accademico e sportivo è meticolosa e i professori mi hanno aiutato quando il mio inglese non era al livello di quello degli americani”. Sul calcio, che gli ha aperto questa opportunità: “E’ molto fisico, non troppo tattico. Probabilmente avrei potuto giocare in Division I, ma sono felice della mia scelta. Il mio desiderio è quello di laurearmi e avere successo nella vita, che è la interessa principalmente alla nostra Università”, conclude.

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Fonte: Repubblica

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