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Da Sacchi a Guardiola, quando lo stress vince sulla passione

Da Sacchi a Guardiola, quando lo stress vince sulla passionePep Guardiola (agf) ROMA – Il suo futuro è su un campo da golf o per musei o meglio a teatro, che pare avesse consigliato a qualche calciatore, ai tempi del Barcellona, per allargare i propri interessi, oltre al calcio. Pep Guardiola ha scandito il cronoprogramma della sua uscita di scena da allenatore, che potrebbe coincidere con la fine dell’avventura con il Manchester City. Tre anni, forse di più, forse no. Tempi dettati dal peso della panchina, tra atleti, presidenti, tifosi, media. In conflitto con il proprio ego, per la ricerca maniacale della perfezione. Nonostante sia una leggenda, fa parte della categoria ‘allenatori che si sentono soli, insicuri’. Stressati. Una sindrome che Guardiola conosce bene dopo averla patita anche nell’ultimo anno al Barcellona e che portò via dalla Catalogna con un anno sabbatico, prima dell’avventura al Bayern Monaco. Ma ora Pep non accenna a una pausa, ma a exit strategy con tempi già decisi.

Certo, non contribuisce all’umore del tecnico catalano il momento difficile dei Citizens, distanti dal vertice della Premier League e in generale l’amore sinora non sbocciato con il calcio inglese, tra media che non lo coccolano e il metro di giudizio della classe arbitrale che lui digerisce poco. Insomma, Pep intende fare un passo indietro prima, non vuol darla vinta allo stress. Non invecchierà in panchina come intende fare José Mourinho, che più volte ha detto di vedere davanti a sé altri 20 anni di carriera. Sarà stato illuminante per il catalano l’esempio di Arrigo Sacchi, idolo dell’allenatore del Manchester City, che pure mollava anzitempo la panchina – dopo essere arrivato tardi ad altissimi livelli con il Milan – per accumulo eccessivo di adrenalina e tensione. La prima volta al Parma, nel 2001, l’ultima da coordinatore tecnico delle nazionali giovanili dell’Italia, due anni fa. Invece Luis Enrique, l’erede tecnico ed emotivo del calcio di Guardiola al Barcellona, per ora preferisce i time out al saluto definitivo alla panchina. Accadde alla Roma, primavera 2012, via da Trigoria perché stanco, segnato dalle pressioni del nostro campionato. Un anno di stop vissuto in bici per le cime spagnole con foto postate su Twitter, solo l’anno successivo tornava ad allenare, al Celta Vigo, prima dell’era dei trionfi al Barça. E pare che abbia la stessa idea a partire dalla prossima estate, pausa e relax anziché rinnovare con il club blaugrana.

E il bisogno di staccare la spina toccava anche Francesco Guidolin, che nel 2013 raggiungeva due settimane dopo il ritiro precampionato della sua Udinese ad Arta Terme, appena dieci giorni prima dell’esordio dei bianconeri in Europa League. Ma la sindrome da prestazione non è un’esclusiva del pallone. A fine 2012 per stress si dimetteva il ct della nazionale russa di pallavolo maschile oro ai Giochi di Londra, Vladimir Alekno. E nella stessa annata, nella palla a spicchi era Simone Pianigiani a chiudere la sua fantastica avventura sulla panchina di Siena per analogo motivo. Come Pianigiani anni prima nella Nba fece discutere il caso Rudy Tomjanovich, il coach degli Houston Rockets dei due titoli negli anni Novanta, costretto per problemi di salute dovuti allo stress ad abbandonare la panchina dei Los Angeles Lakers, la più ambita della Lega assieme a quella dei Boston Celtics. 

manchester city

Protagonisti:
pep guardiola

Fonte: Repubblica

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