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Mou e il “killer” Zlatan: è un patto di “sangue”

“Per lui avrei ucciso”. Ritorna di moda quella frase shock sull’autobiografia di Ibrahimovic, che conferma il legame “special” con l’allenatore portoghese, dall’Inter ai Red Devils: tornati protagonisti con la conquista della EFL Cup. E ora la rincorsa alla Champions, un’ossessione per lo svedese, non certo per Mourinho

Per Wesley Sneijder fu “come un secondo padre”. Altri si sarebbero lanciati tra le fiamme per José Mourinho, ma nessuno arrivò a dire (e scrivere): “Per lui avrei ucciso”. Un gesto d’amore estremo – persino nella metafora – che un uomo, un figlio “minaccerebbe” soltanto in soccorso di una madre. E allora deve esserci qualcosa di materno nel rapporto che lega Ibrahimovic al suo allenatore, una complicità che va “al di là”: viscerale, di “sangue”. E se Ibra è un “leone” – come lui stesso ama definirsi – Mou non può che essere la vecchia leonessa, che l’ha cresciuto, protetto, e adesso ne invoca il ruggito, la salvezza. “Solo Zlatan poteva riuscirci” ha detto il boss del Manchester Utd dopo il gol che gli ha regalato la EFL Cup contro il Southampton. Solo la sua “creatura”.

Io, Zlatan. Non ci vuole una laurea in psicologia – basterebbe leggere la sua autobiografia – per capire quanto il fuoriclasse svedese fosse alla costante ricerca della figura che gli è profondamente mancata, quella classica, almeno: con un padre alcolista, una sorella tossicodipendente e la mamma, appunto, umiliata dal carcere. Lo è diventata la moglie-manager Helena, non a caso più grande di lui di 11 anni; per certi versi lo è l’amico-agente Mino Raiola; e José ne farebbe le “veci” sul campo. Riguardate il loro “goodluck” da avversari ai tempi di Chelsea-Psg: un potenziale “bubusettete” rischia di commuovere Mourinho, che deve tornare in sé per continuare l’intervista. Niente di paragonabile allo “strazio” dell’addio con Materazzi nella notte del Bernabeu, ma certamente accomunati – Zlatan e Matrix – dal vuoto di quell’affetto, colmato dal calore di un abbraccio “speciale”.

Due Tituli. Quando Mourinho è stato scelto dal Manchester sapeva di trovarsi di fronte alla sfida più complicata della sua carriera: succede, se vieni indicato da sempre come l’erede designato di un monumento come Sir Alex Ferguson. E – ancora di più problematico – se quella squadra si è estinta, va ricostruita. Doveva, dunque, partire almeno con un punto fermo, la Certezza in persona con il pallone tra i piedi: Zlatan Ibrahimovic. Che convince a firmare un contratto annuale (da 15 milioni…). “Cerchiamo di essere onesti – spiegò il tecnico lusitano la scorsa estate durante la tournée cinese – lui è molto ricco. Ha fatto i soldi in tutta la sua carriera vincendo tanto, ma ora è nel campionato più difficile del mondo. Se non te la senti – gli ho detto – vai in America o in Cina, oppure rimani nella Ligue 1 per un’altra stagione. Ha accettato questa nuova sfida e ora mi aspetto molto da lui. Cosa ha pensato quando gli ho detto che avrei vinto in Inghilterra? “Okay, voglio vincere anche io un titolo”. Veramente sono già due…

Che numeri. Il primo trofeo al debutto ufficiale con la maglia dei Red Devils, il 7 agosto, decisivo con il gol del 2-1 al Leicester nella Comunity Shield. In Premier ha saltato soltanto la partita con l’Arsenal, per squalifica. Mai sostituito, 24 presenze e 15 reti. In Europa League è stato impiegato 6 volte in 7 match, segnando 5 gol. Anche in EFL è stato risparmiato in una sola occasione (su 6): nella semifinale di andata con l’Hull City, contribuendo con altri 4 sigilli (compresa la doppietta in finale). Per un totale di 38 gare, 26 gol, 8 assist e 3.210 minuti giocati. E a 35 anni suonati è il miglior marcatore d’Inghilterra. D’altronde, Mourinho l’aveva detto: “La vera età è nel tuo corpo, nel tuo cervello. L’atteggiamento di Ibra è da giovane, il suo fisico stupefacente. Lui è cresciuto con una mentalità sportiva, prima del calcio allenava i muscoli e la testa con le arti marziali, la motivazione è nel suo dna”.

Patto per la Champions. Al termine della finale di Wembley Mou ha usato ancora parole al miele per il suo “cocco”. “Credo che sia anche meglio di quando ho lavorato con lui all’Inter – lo ha esaltato – è più intelligente ed è migliorato il suo gioco. Non è solo uno che rifinisce, ma importante anche quando si tratta di creare. Ha un feeling fantastico con i più giovani e li cura in maniera particolare. Un vero leader”. Nella prima stagione di Mourinho in nerazzurro Ibra fu determinante – ovviamente – per la conquista dello scudetto. Ma non si “fidò”, accecato dal sogno di vincere una Champions “sicura” con il Barcellona. Così si trovò “dalla parte sbagliata della barricata”, come gli sussurrò in un orecchio il suo vecchio comandante nella battaglia del Camp Nou. Disperato, Ibra scaricherà tutta la sua frustrazione sul “filosofo” Pep Guardiola: “Te la fai addosso davanti a Mourinho. Sei un uomo senza palle”. O “spineless coward”, senza spina dorsale. Ma in italiano rende meglio l’idea…

Altre sfide attendono Ibra e Mou: tentare l’hattrick con la FA Cup (il 13 marzo i quarti di finale in casa del Chelsea di Antonio Conte); e, soprattutto, riportare il Manchester in Champions, un’avventura che potrebbe convincerlo a rinnovare il contratto e firmare un nuovo “patto di sangue” con il suo generale: per lui quel “mostro” dalle grandi orecchie non è mai stata un’ossessione.

Fonte: Sky

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