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Maurizio De Giovanni: “Il Mutante Sarri, un’ossessione per i conservatori del pallone”

Ma quant’è interessante, dal punto di vista mediatico, quello che sta accadendo attorno al primato in classifica del Napoli nel campionato di calcio di serie A. Un fenomeno che, ne siamo certi, sopravviverà a se stesso e diventerà oggetto di studio e di dibattito, aprendo nuove vie alla comunicazione. Accade infatti che per qualche strano, subacqueo motivo è in atto una vera e propria scomposta, furiosa alzata di scudi. Scendono in campo commentatori, tifosi eccellenti, critici d’arte ed etologi, studiosi del comportamento e filosofi; si animano studi televisivi con e senza giacca, si discutono appassionate arringhe e si estendono corsivi; giornali solitamente seriosi e blasé ospitano articoli insolitamente appassionati e trasmissioni sonnacchiose si svegliano, aprendosi a sputacchianti e velenosi partigiani. Qual è il problema? Il problema è la scomoda blasfema intromissione di una squadra che, guarda un po’, osa vincere giocando bene. E fin qui nulla ci sarebbe di anormale, perché la cosa nasce e muore confinata in un campo verde che per quanto smuova collettive passioni è pur sempre un campo verde. Il fatto nuovo, difficile da sopportare, è l’immagine dell’uomo al quale si annette questo iconoclasta fenomeno: Maurizio Sarri, allenatore del suddetto Napoli.
Uomo in tuta, la barba di un paio di giorni, occhiali e capello operaio, sguardo sfuggente e accento pesante; soprattutto, uno che in qualunque contesto dice sempre e soltanto la stessa cosa: quello che pensa. In un mondo costruito e configurato attorno alla figura dell’allenatore pupazzo, che si esprime in un equilibrato linguaggio plastificato e propone un’immagine sintetica e orwelliana da replicante, il Sarri costituisce una fastidiosa scheggia impazzita: un mutante alla Asimov che rischia di mandare a gambe all’aria una costruzione edificata faticosamente e senza nulla lasciare al caso da uno dei mondi più conservatori e reazionari che esistano, il calcio italiano. Va da sé che le vittorie che a quest’uomo rimontano infastidiscono enormemente. Sono quelle di una squadra costruita con pochissime risorse, l’unica di proprietà italiana e che non abbia alle spalle una multinazionale (con la Lazio di Lotito), la sola che non può e non vuole permettersi di pagare a una pluralità di panchinari ingaggi multimilionari, l’unica a non disporre di costosissimi centri sportivi di proprietà né di uno stadio fortezza, e tuttavia in grado di giocarsela comunque da pari a pari coi colossi che non sembrano avere limiti alle disponibilità né agli investimenti. È più che comprensibile che si cerchi perciò di minimizzare, circoscrivere e ricondurre al minimo le vittorie del Mutante, sperando si possa presto ritornare al sintetico, e quindi al controllabile (Var a parte, naturalmente). È il Finto che lotta per vincere sul Vero. Nel frattempo non vi diciamo quanto sia divertente, gratificante e meraviglioso ritrovarsi tra quelli che tifano per il Mutante. E rendersi conto di essere diventati, per il Mondo Sintetico, una magnifica ossessione.

Maurizio De Giovanni per il Corriere della Sera

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