Mondiale per Club: tutto ciò che c’è da sapere

I Tuzos invece sono alla terza partecipazione al Mondiale per Club: il miglior risultato è la semifinale del 2008, in cui vennero sconfitti dagli ecuadoregni della LDU Quito di Bauza. Sono anche l’unica squadra messicana che è stata capace di conquistare un titolo a sud dei propri confini, la Sudamericana 2006.
Nell’aprile scorso hanno conquistato la ConcaChampions sconfiggendo i Tigres in quella che è stata la contrapposizione di due modelli speculari, prima che di due stili di gioco dissimili, nella nouvelle vague del calcio messicano.
Guadagnarsi per primi una piazza al Mondiale per Club non ha scombinato i piani della società, tradizionalmente fucina di plusvalenze: il Pachuca cresce talenti cristallini in casa prima di venderli a prezzi esorbitanti, reinvestendo gli introiti in infrastrutture, valorizzazione del settore giovanile, scouting. Damm, Rodolfo Pizarro e il “Chucky” Lozano sono tutti prodotti della cantera dei Tuzos.
Il presidente, Jesús Martinez, è un personaggio vulcanico: motivatore, imprenditore illuminato, uno che sarebbe capace di vendere cappelli di lana nel deserto e che chiama i suoi giocatori “gli alberi”. Come direttore sportivo ha ingaggiato Marco Garcés, l’uomo che ha lanciato Chicharito nel calcio europeo, perché crede che nel calcio «l’80% è analisi e pianificazione, il 20% prontezza di riflessi nel cercare di cogliere le opportunità quando il contesto ne presenta».
Fedele a questo motto, nell’estate scorsa ha messo sotto contratto Keisuke Honda: il giapponese ha apportato esperienza e fascino al club, che ha venduto più di 2500 maglie in Giappone.
Honda è il fulcro della manovra offensiva dei Tuzos, che dal centro tende a irradiarsi sulle fasce: Erick Aguirre a sinistra e Jonathan Urretaviscaya, uruguagio da un passato coinciso con un giro a vuoto con la maglia del Benfica, a destra sono gli Eurostar che come da tradizione messicana affondano con regolarità sistematica verso il fondo o tagliando all’interno, dove né Sagan né Jara sembrano però il tipo di centravanti capace di fare reparto da sé.
La frenesia dei Tuzos è tutta nella maniera in cui interpretano la gara, che assume spesso i connotati di una partita a quel gioco da stabilimento balneare in cui manovrando un volante devi inclinare il piano nella direzione in cui vuoi che vada la sfera di metallo: le percussioni sono spesso confusionarie, specie quelle dei laterali bassi quando si alzano, e acquisiscono un volto preciso solo quando passano per i piedi di Urreta e Aguirre – un prospetto interessante, destinato a essere il nuovo Lozano. Il Wydad, arroccato in difesa nei quarti, non ha potuto che subire il bombardamento continuo degli attacchi a folate dei messicani.
Fonte: Sky