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In arrivo l’arbitro ‘infallibile’: dal 2030 fischietto ai robot

ROMA – Ecco. Ci siamo. Siamo inutili o presto lo saremo. A quanto risulta i primi a doversi preoccupare sono gli arbitri di calcio. E devono farlo anche di corsa. Mancherebbero appena dodici anni infatti, solo dodici anni per il “cambio” chiamato dalla panchina della scienza applicata alla storia. Secondo il futurologo e imprenditore inglese del domani Ian Pearson non è affatto escluso, anzi è assai probabile e per qualcuno addirittura auspicabile, che fra poco più di una decade, lui sostiene dal 2030 (ammesso che si possa prevedere con esattezza un evento simile), possano scendere in campi degli arbitri robot. E assistenti robot. E bandierine propaggini meccaniche di braccia snodate e appena oliate. Tutte figure da considerare come una specie di evoluzione estrema del Var, uno sviluppo terminale dal quale non si potrà più tornare indietro ma solo procedere in avanti, sino a ipotizzare match disputati da umanoidi senza macchia (sarà anche la fine dell’erba naturale?). I fatti dimostrano che non stiamo vivendo un incubo nell’immaginare il calcio cybernetico, né possiamo essere accusati di navigare clandestinamente fra le pagine di Philip Dick.

Nel “futurizon” di Pearson le partite “Robot vs Robot” diventerebbero la normalità della serie A, la quale acquisterebbe in serietà (ossia una “t” fra serie e A) ma, si suppone, non molto in emotività (però non è detto). Nemmeno Dick si sarebbe spinto a tanto, a profanare con le sue fantasie e le sue proiezioni lo sport più amato del mondo. Oltre gli arbitri, i primi a interrogarsi sul proprio futuro potrebbero essere i massaggiatori. “Che cavolo mi massaggio adesso?”. O magari i chirurghi: “Non ci sono più crociati anteriori da ricostruire? E io che faccio?”. Le conquiste già ottenuto (negli altri mondi) parlano chiaro, con buona pace di massaggiatori, arbitri e chirurghi. Esistono robot che cantano l'”Inno alla gioia” di Beethoven. Ci sono robot dotati di umana insofferenza che scappano non una ma due volte dai laboratori di provenienza situati a Prem, Russia (il fuggiasco ha anche un nome: Promobt IR77).

A giugno di due anni fa il robot Amelia, di bell’aspetto, ha aperti i lavori del consiglio comunale di Enfield, nel nord di Londra. C’è un robot, Pepper, costato 25 mila euro, che parla 19 lingue e porta a spasso i visitatori e guida i parenti degli ammalati nei lunghi corridoi dell’ospedale AZ Damiaan di Ostenda, in Belgio. Ci sono ovviamente tanti robot poliziotto sparsi per il mondo, alcuni fanno le multe e quando cerchi di spiegare le tue ragioni quello ringrazia e se ne va, come la “Caterina” di Sordi. Mentre Auross, messo a punto a Singapore, è specializzato nel fare inventari di librerie, biblioteche, archivi. Un robot cinese costruito all’Università di Chengdu sa giocare a badminton così bene che il giorno in cui venne testato dal primo ministro Li Keqiang non sfigurò: la partita si concluse con un pareggio, forse lusinghiero per entrambi. Alla 10ª edizione della “RoboCup”, si sono sfidate ben 500 squadre di calcio composte da soli umanoidi. Il progetto (o forse potrebbe dire il sogno di chi, come Dick, “sogna pecore elettriche” come gli androidi che assembla) sarebbe quello di arrivare a metà del secolo con la sfida del secolo: la vincitrice di una Coppa del Mondo fra gli umani e la vincitrice della RoboCup. Magari a Wembley.

Ma la domanda è: con uno staff arbitrale senza sangue né cellule nervose sarebbero definitivamente cancellati gli errori umani? Mourinho e Wenger, prima di venir sostituiti anche loro da macchine “special one”, sarebbero soddisfatti, smetterebbero di lamentarsi di Oliver, Moss, Atkinson e Taylor? E Oliver e gli altri a quale mestiere si dedicherebbero per continuare a spazientire l’umanità? Pearson è certo: “L’intelligenza artificiale avrà un ruolo preminente nel mondo dello sport. Prima per affinare le tecniche di allenamento e le tattiche. Poi per diventare parte integrante della fase della prestazione vera e propria. Forse così la smetteranno di pensare solo a difendersi…”. E non accadrà soltanto nel calcio: “E’ già stato concluso il progetto di un robot fantino”. Sarà presentato al Festival di Cheltenham a marzo. “E anche tennis e pugilato saranno praticati da umanoidi con una coscienza guidata e predeterminata”. In pratica, il gioco veramente importante non sarà più quello del momento in cui ci si confronta: sarà piuttosto quello dell’allestimento cybergenetico dell’atleta, la preparazione dei (nuovi) protagonisti. Non è stato ancora chiarito se per esempio i robot andranno in zona mista per le interviste del dopo partita, ma di tempo per affinare i dettagli ve ne sarà in abbondanza: “Con i robot verrebbe per sempre sconfitto il doping!”, conclude Pearson. Sembra quasi una battuta. Ma il pubblico lo accetterà mai? Ah giusto. Nessuno ha pensato che anche il pubblico a questo punto potrebbe cambiare pelle. E non averla più…

Fonte: Repubblica.it

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