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Il primo titolo del City di Guardiola

Siamo nei primi minuti dell’incontro ed è già evidente il modulo asimmetrico: de Bruyne si accentra partendo dalla fascia destra, mentre Sané rimane fisso sulla linea laterale (qui fuori inquadratura). Si vede bene anche la differenza d’altezza sul campo di Silva rispetto a Gündogan e Fernandinho.

La squadra di Guardiola vuole correre pochi rischi, attaccando con pazienza e gestendo il controllo della sfera, degli spazi e dei ritmi dell’incontro. La strategia scelta da Wenger non riesce a far nulla per impedirglielo. Il City può permettersi di scegliere quando accelerare e quando invece giocare sotto controllo. Questa superiorità ha costretto l’Arsenal a venire a patti con la propria strategia, inizialmente votata a bloccare la fascia centrale del campo. Il City cinge i due rifinitori, Silva e de Bruyne, con tanti giocatori alle spalle, e Wenger allora è costretto ad alzare il baricentro per allontanare gli avversari dalla propria trequarti. Il tecnico vuole fissare i propri giocatori offensivi alti sull’uscita del City, con Ramsey e Xhaka sui due centrocampisti centrali, Özil e Wilshere sui due terzini e Aubameyang a correre contro la coppia di centrali.

Il cambio di piano, almeno inizialmente, aiuta l’Arsenal, grazie più che altro alla foga di Gündogan, che forse non totalmente conscio della scelta conservativa di Guardiola prova la verticalizzazione fin troppo spesso.

I mille volti del City di Guardiola

Il City ha però un piano anche per superare questo cambiamento dell’avversario: si tratta del rinvio del portiere, utilizzato durante la stagione per trovare i giocatori oltre la linea di pressione. Il motivo per cui il City fissa in uscita del pallone dalla difesa gli esterni alti così larghi è proprio per creare uno spazio dove chi riceve palla è subito in una situazione di uno contro uno, oppure può rimettere la palla al centro subito dietro la linea di pressione dove si posiziona la mezzala del lato della palla.

In questa partita, con il triangolo rovesciato, è David Silva a fare questo movimento per ricevere la seconda palla. Al canario basta un controllo orientato e un passaggio al giocatore più vicino a quel punto in movimento fronte alla porta, per disinnescare la pressione. Questo significa che Xhaka è costretto a mettersi su di lui invece che alzarsi su Fernandinho. Il City così o lancia lungo col portiere o sceglie di giocare palla a terra in superiorità numerica.

L’infortunio di Fernandinho ad inizio secondo tempo ha costretto Guardiola, privo di un ricambio diretto, ad alzare il baricentro della squadra facendo entrare Bernardo Silva. Il City ha così, quasi per pura inerzia, aumentato la propria pressione offensiva e nell’arco di cinque minuti sono arrivati i due gol che hanno chiuso l’incontro. Quando la gara era ancora in bilico il City non aveva mai scelto di cambiare realmente marcia per attaccare l’Arsenal.

Oltre alla capacità di lettura, comunque, c’è anche una grande prestazione dei singoli, che rendono sempre molto complicato affrontare questo City. La partita di Kompany ne è l’esempio perfetto: il capitano era una scelta sulla carta azzardata vista la presenza di Aubameyang in campo e la differenza atletica tra i due. Per di più, quello destro era il lato debole del City in caso di perdita del possesso: Walker doveva spostarsi per compensare gli accentramenti di de Bruyne mentre Fernandinho non è velocissimo negli spostamenti laterali.

Invece abbiamo finito per vedere la miglior prestazione individuale di Kompany da almeno tre anni, al netto del gol. Il capitano è stato freddo con la palla, concentrato in marcatura e bravo nel capire quando lasciare la punta allargatasi per posizionarsi al centro, proattivo nel difendere e coprire quindi la teorica lacuna del suo isolamento contro Wilshere e Aubameyang in caso di perdita. Si è addirittura preso la soddisfazione di battere sulla corsa Aubameyang, in un’occasione in cui era il gabonese era persino partito in vantaggio.

Fonte: Sky

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