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Ecco perché tanti club vogliono Stefan De Vrij

Negli ultimi due anni il lavoro di Inzaghi ha trasformato la Lazio: una squadra pragmatica e cinica è diventata oggi una delle più marcatamente offensive, con idee chiarissime su cosa fare con la palla tra i piedi, anche senza mirare al possesso del pallone. Con la stessa rosa di quando è stato “promosso” dalla panchina della Primavera, la “sua” Lazio è passata dall’adattamento del proprio sistema di gioco sull’avversario, cambiando anche il modulo a seconda dei casi, ad avere uno dei sistemi più peculiari dell’intero panorama di Serie A, che Inzaghi aggiusta soltanto nella strategia a seconda della partita da affrontare.

All’interno di un sistema chiaro e tutto sommato semplice – si costruisce con un rombo, con De Vrij e Leiva ai vertici, si attacca con il quadrilatero composto dalle mezzali più Luis Alberto e Immobile, si gioca in ampiezza con un esterno per fascia – Inzaghi ha pensato giocate codificate per far arrivare il pallone ai giocatori di maggior talento tecnico, dalla cui interazione dipendono le fortune della squadra in questa stagione (ai titolari si può aggiungere Felipe Anderson come ulteriore variabile). L’importanza dei singoli giocatori è data dai meccanismi con cui Inzaghi vuole che entrino in relazione e dal modo in cui le qualità dell’uno si completano con quelle dell’altro (basti pensare a quanto la velocità di Immobile valorizzi il gioco di passaggi di Luis Alberto, e viceversa). Anche se compiono un lavoro meno vistoso, sono altrettanto importanti le qualità individuali dei vertici del rombo difensivo, Lucas Leiva e Stefan De Vrij, che oggi sono tanto insostituibili quanto i tre attaccanti titolari.

Nonostante siano consapevoli dell’importanza dell’olandese, i dirigenti laziali hanno ritirato la proposta di rinnovo fatta a Stefan De Vrij. Lo ha ufficializzato il DS, Tare, con una nota di ringraziamento che fa ben capire che da parte della Lazio c’è la volontà di non cambiare l’offerta finale: una situazione in linea con la gestione Lotito che da sempre non scende a patti con richieste economiche ritenute eccessive. Anche se il contratto è in scadenza, come quello di De Vrij. È strano comunque che la Lazio non abbia provato ad alzare l’offerta con l’intenzione, magari, di venderlo successivamente, considerando che un centrale tecnico come De Vrij potrebbe avere un valore di mercato interessante (specie se ceduto in Inghilterra).

Adesso che sappiamo che De Vrij non giocherà nella Lazio la prossima stagione, però, siamo costretti a riflettere sul suo valore non più da un punto di vista economico, ma soprattutto tecnico.

Da dove viene

De Vrij è nato ventisei anni fa a Ouderkerk aan den IJssel, un paese di 6000 abitanti in mezzo alla campagna di Rotterdam: l’unica attrazione del paese è una chiesa in cui è sepolto Enrico Nassau Lord di Auverquerque, uno dei capi della lotta per la liberazione dall’impero spagnolo. Forse per questo De Vrij si dichiara cattolico e ci tiene a dire che legge un passo della Bibbia prima di andare a dormire. Figlio di un calciatore, ha iniziato a giocare per la squadra del suo paese (il VV Sprit) dove viene notato a 10 anni dagli osservatori del Feyenoord. Giocava centrocampista ai tempi ma una volta passato nella squadra della grande città viene schierato subito come difensore centrale: da lì sale la scala delle giovanili fino ad esordire a 17 anni in prima squadra, in un momento storico in cui il Feyenoord ha un disperato bisogno di un ricambio generazionale.

Ci mette tre partite a diventare titolare, da lì in poi le gioca tutte senza mai essere sostituito e da quando è maggiorenne viene considerato inamovibile. In campo sembra un bastione per via del fisico e della sicurezza con cui si muove in area: per tutti è il futuro della nazionale olandese. Cresce in modo stabile come presenza fissa della difesa a 4 del Feyenoord (solo sporadicamante viene messo terzino destro e solo 4 volte gioca nella difesa a 3) e ne diventa il più giovane capitano quando eredita la fascia da Vlaar nel 2012, ad appena 21 anni. Sembra tutto normale, considerato che in campo è un leader naturale, tranquillo nei gesti e pronto a far sentire il proprio peso nei duelli. Con il sorriso sempre pronto in conferenza stampa.


Qualche mese prima aveva già esordito in Nazionale, rientrando anche nella rosa preliminare per gli Europei del 2012. Una scalata tanto repentina quanto non priva di sacrifici, come ammette lui stesso: «Non ho mai avuto molto tempo libero. Ho sempre messo il calcio e la mia formazione davanti al divertimento e alle mie relazioni sociali». Non va agli Europei ma dal ciclo successivo, con van Gaal, diventa titolare e arriva a partecipare al Mondiale del 2014 con un’Olanda costruita sulla solidità difensiva di una linea a 5 molto bassa. In carriera aveva giocato in una linea a 5 solo quattro volte, allenato da Koeman, ma è comunque tra i protagonisti di un sistema che sembra fatto apposta per esaltarne le doti fisiche e di attenzione.

Con molti giocatori nella propria metà si sente sicuro nel distribuire la palla e può uscire in modo aggressivo sugli attaccanti avversari, facendo valere le doti di lettura senza preoccuparsi troppo dello spazio alle spalle coperto dai due compagni di reparto. Segna anche all’esordio del Mondiale, nella famosa partita in cui viene distrutta la Spagna.



L’arrivo in Italia

De Vrij è stato acquistato dalla Lazio per 8.5 milioni nell’estate del Mondiale e l’impatto con la Serie A è subito ottimo. Capisce velocemente il contesto, dice di studiare gli avversari la sera a casa e che in Italia ha scoperto la passione per gli gnocchi. Fa una vita da professionista esemplare: «Non bevo e non fumo, curo in maniera maniacale la mia prevenzione. Devo dormire dieci ore a notte».

Nella Lazio di Pioli, al primo anno in Serie A, gioca come centrale di una difesa a quattro alta e aggressiva: difende uscendo spesso dalla linea in anticipo e ha poco tempo per impostare l’azione. Tocca una quarantina di palloni a partita e per un giocatore abituato ad essere il centrale che imposta e controlla il ritmo del possesso, si adatta bene ai ritmi alti e alle richieste dell’allenatore di lanciare in verticale senza troppi freni.

Quello che complica la sua esperienza alla Lazio è un infortunio al ginocchio subito nel finale della sua prima stagione, che gli fa saltare un mese di competizione e lo costringe ad operarsi la stagione successiva facendogli perdere tutto l’anno. Da quel momento gli infortuni non lo lasciano in pace, ricade ciclicamente in qualche fastidio e per questo decide di rinforzare le ginocchia aggiungendo massa muscolare: «Quattro chili di massa grassa li ho trasformati in muscoli, così il ginocchio è più protetto».

Fonte: SkySport

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