ALTRI SPORT & VARIERUSSIA 2018

Vincitori e perdenti sul mercato dei free agent

Zach LaVine, quadriennale con i Chicago Bulls a 78 milioni

Probabilmente la dirigenza Bulls sa cose che noi non sappiamo. Tipo che l’ex Minnesota quest’estate rimetterà su un efficace tiro dall’arco (34.1% l’ultimo anno, dopo due ottime stagioni ai T’Wolves) o che diventi un difensore vagamente accettabile (114.8 l’ultimo defensive rating, in carriera sempre sopra il 109.5). Diventa altrimenti piuttosto inspiegabile un accordo del genere per un giocatore reduce da due stagioni da 47 e 24 partite. Facile ipotizzare che l’offerta dei Kings – sì, dei Kings… – a LaVine abbia mandato nel panico Chicago e fatto prevalere l’idea che il classe ‘95 possa essere un asset su cui costruire per i prossimi anni. I dubbi sono tanti, dalla condizione fisica dopo l’infortunio al crociato alle doti di leadership. Ma tant’è: LaVine porta a casa un contrattone che gli dà tante responsabilità.

Jabari Parker, biennale con i Chicago Bulls a 40 milioni

Non contenti di aver preso un rischio con il contratto a LaVine, i Bulls hanno raddoppiato firmando Jabari Parker. Talento spaventoso e fragile, Parker torna a casa portandosi dietro due dubbi non da poco: la condizione fisica dopo due interventi al crociato anteriore del ginocchio sinistro e il ruolo. Parker infatti non ha mostrato grande feeling con lo spot di ala piccola trovandosi decisamente più a suo agio da 4, che però nei Bulls è proprietà di Lauri Markannen. Buon lavoro a coach Hoiberg, dunque. Va però spezzata una lancia a favore della dirigenza di Chicago: l’accordo prevede alla fine della prossima stagione una team option, quindi se Parker funziona quest’anno Chicago continuerà a puntarci altrimenti ciao Jabari. Che intanto potrà tornare a respirare l’aria dell’Illinois e con il suo talento provare a prendersi la squadra, magari sull’onda lunga dei buoni playoff fatti con Milwaukee.

Jusuf Nurkic, quadriennale con i Portland Trail Blazers a 48 milioni

Affarone per i Blazers, che trattengono il loro free agent più importante a una cifra più bassa rispetto al reale valore del giocatore. Che Nurkic potesse ambire a più dollari pareva scontato anche alla luce del rifiuto alla prima offerta, più alta, fatta da Portland. Il bosniaco, determinante per la crescita difensiva del team, invece ha fatto male i suoi calcoli e ha deciso di non rischiare ulteriormente nella prossima estate. E tutto sommato c’è da credere che non sia così dispiaciuto: in Oregon Nurkic si è trovato bene, sia sul campo che fuori, e rinunciare a qualcosa nel conto in banca potrebbe essere ripagato dalla possibilità data alla squadra di muoversi meglio all’interno del salary cap. O, in alternativa, di sacrificarlo più facilmente in qualche trade.

Isaiah Thomas, annuale con i Denver Nuggets a 2 milioni

Da leader indiscusso dei Celtics finalisti ad Est nel 2017 – un anno fa, non una decade fa – a giocatore passato inosservato nel mercato dei free agent. In mezzo un’anca che lo ha tormentato e continua in parte a farlo, spiccioli di partite a Cleveland, qualcosina in più a Los Angeles sponda Lakers. Per Thomas qualcosa di meglio dell’accordo con Denver non c’era: il minimo salariale per un giocatore della sua esperienza in NBA in una squadra che comunque punta ai playoff e che ha in panca un allenatore, Mike Malone, che lo conosce molto bene dai tempi di Sacramento. Non è la prima volta che si ritrova costretto a ripartire dal basso, non è la prima volta che si ritrova tra i “reietti”: risalirà anche questa volta?

Marcus Smart e Clint Capela, ancora a spasso

Entrambi restricted free agent, entrambi rimasti con il cerino in mano rispetto ai loro desiderata pur partendo da situazioni diverse. Smart vorrebbe continuare a essere un Celtic ovviamente alle cifre da lui immaginate ma Boston, ovvero Danny Ainge, non ha fretta. Anche perché per il momento concorrenza vera non c’è: l’interesse di Sacramento – che prenderebbe un giocatore molto più funzionale rispetto a LaVine – pare per ora essere solo a livello di pensiero e non ancora di azione.

È un braccio di ferro che pare destinato a durare ancora, al pari di quello tra Capela e i Rockets. Qui il discorso è puramente legato ai soldi: Capela vorrebbe un contratto che riconosca il suo valore all’interno della squadra e della lega, Houston vorrebbe invece risparmiare il più possibile per motivi di luxury tax e flessibilità. Anche in questo caso il vantaggio tattico è per la franchigia: quale squadra al momento può offrire i soldi che vorrebbe Capela? L’unica rimasta Sacramento, per la quale l’esigenza di un centro non c’è. Al momento la soluzione più probabile sia per Smart che per Capela è quella di giocare la prossima stagione con la qualifying offer e poi andare sul mercato dei free agent nell’estate 2019 cercando di prendersi la rivincita nei confronti di Celtics e Rockets, o forzando la mano per farsi trattenere.

Fonte: Sky

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