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I Balcani e l’ultimo segreto di coach Popovich

Un bunker chiamato privacy

Questa poteva essere la volta in cui Pop avrebbe potuto rinunciare al suo viaggio nei Balcani. La scomparsa della moglie Erin solo quattro mesi fa è un dramma che ovviamente deve aver cambiato l’allenatore di San Antonio nel profondo. Solo all’ultimo la NBA ha avuto una risposta positiva sulla sua presenza, ma in caso contrario nessuno avrebbe protestato. Diventa allora ancor più straordinario che nei giorni trascorsi a Belgrado l’allenatore da 21 stagioni a capo degli Spurs sia la persona più cordiale, sorridente e magnetica di tutto il camp. Tutti, a turno, lo cercano. Con lo sguardo, anche solo per due parole. Il santone più affabile dello sport pro USA non lesina battute, scherzi. Prende in giro l’intensità con cui Popeye Jones – assistente ai Pacers, molto sovrappeso… – difende sui poveri prospetti 17enni in post basso; si aggrappa alle braccia di Bobo Marjanovic, uno dei suoi preferiti, fingendo di cadere. È così che vive i propri tormenti interiori un uomo inscalfibile dal punto di vista privato. Se certe cose non si sapessero, non se ne avrebbe la più pallida idea. Persino Paspalj ammette che “nessuno conosce realmente le origini dei suoi genitori: ora ci sono serbi, montenegrini, ma una volta eravamo un’unica grande nazione. Credo rimanga difficile per lui capire da dove viene. Quello che però so è che non può cambiare le proprie origini, ed è per questo che ama così tanto venire qui e che le persone di questi posti si trovano così bene con lui, perché percepiscono che è uno della famiglia”.

La breve dichiarazione rilasciata ormai 11 anni fa del suo uomo di fiducia, R.C. Buford, risuona oggi ancor più significativa: “Quest’uomo sta continuando a vivere il conflitto serbo-croato dentro di sé, a causa delle due diverse nazioni dei genitori”, aveva detto il GM degli Spurs, ma nessuno non lo ha nemmeno mai notato. “Un retaggio del passato militare”, aveva tagliato corto Pop, che non ha mai ammesso media o tv in casa propria e si imbarazza se qualcuno di esterno dimostra di voler sapere più cose sul suo conto. Sorprende a ogni modo che sia ormai arrivato vicino alla fine di una delle carriere più lunghe e ammirate senza che questi e altri interrogativi siano stati anche lontanamente risolti. Tra un po’ – dicono nel 2020, dopo le Olimpiadi con Team USA – potrebbe essere libero di scomparire definitivamente dai radar. Dedicandosi a quello che realmente conta per Gregg Popovich. Onorando la memoria dell’amata Erin. Bevendo vini da urlo. Cercando di finire “L’Ulisse” di Joyce. E tornando da queste parti quando possibile, attirato come un lupo solitario di Jack London dal richiamo ancestrale della foresta balcanica.

Post scriptum | Finita la sessione di allenamento chiediamo a Pop se conosce i vini della Valpolicella. Gli occhi gli si illuminano: “Of course! Vino rosso, intenso, forse troppo forte. Isnt’it?”. Ne potrebbe parlare per ore probabilmente, ma c’è altro da fare. I ragazzi del camp gli passano vicino, prima di iniziare l’allenamento lui aveva chiesto a tutti di dove fossero. Pop si sofferma con l’unico italiano presente, Edoardo Buffo di Tortona (A2). Gli chiede come vanno le cose a Genova. Gli dispiace, dice. Edoardo quando lo racconta ha gli occhi che luccicano. È l’ultimo segreto di Pop.

Fonte: SkySport

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