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VOCE ‘E POPOLO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un lettore

Gent.mi destinatari,
Chi vi scrive è un appassionato dello sport in generale, un amante del calcio, un eterno tifoso del Napoli. Faccio parte di quella maggioranza silenziosa di tifosi che talvolta riescono ad andare allo stadio anche con i propri figli e che alimentano in maniera cospicua tutti i media seguendo tutte le partite in tv, ascoltando la radio, acquistando i quotidiani sportivi e navigando su internet alla ricerca dell’ultim’ora riguardante la squadra del proprio cuore.
Quello però a cui ho assistito sabato sera (e successivamente anche domenica) ha tracciato un solco profondo nella mia passione. Per due motivi: innanzitutto l’ennesimo (e sottolineo ennesimo!!) episodio di violenza gratuita, in nome del tifo (ma chi è tifoso non si sente rappresentato da queste persone) e dello sport. Del secondo parlerò dopo. Prima voglio prendere quante più distanze possibili da queste persone, questi atti e questo modo di concepire lo sport. Sono il primo che, quando la mia squadra viene sconfitta, diventa di cattivo umore e che, invece, quando vince contro la squadra rivale, fa partire lo sfottò all’amico tifoso avversario. Ma questo ci sta. È anche il sale del tifo e della passione verso uno sport dalla quale non può che derivare un sano agonismo. È scontato citare come esempio lo storico striscione “Giulietta è ‘na zoccola”, ma per intenderci, anche i cori come “napoletani (inteso come tifosi) bastardi” possono essere ancora tollerabili se rientrano negli sfottò tra opposte tifoserie. Diversamente non lo sono altri come “Vesuvio lavali col fuoco” e “Colera, pensaci tu” che non sono utilizzati come sfottò verso la tifoseria rivale, ma verso tutta una cittadinanza o addirittura una razza nel caso dei Buu verso i giocatori di colore (ma quale squadra poi oggi ne è priva?) che hanno come unico scopo offendere, irritare e generare una reazione che, nella maggior parte dei casi si dimostra violenta. Mi preme ricordare che Roma e Napoli fino a qualche anno fa erano gemellate e andare ad assistere a una partita all’Olimpico era solo una festa..
Il secondo motivo però, da cittadino e da napoletano, per me è ancora più grave. In questi due giorni ho assistito al festival dell’ipocrisia e della generalizzazione. Da veri ipocriti tutti, quelli esperti e quelli meno, i politici e i commentatori politici, gli sportivi e i commentatori sportivi, ma in assoluto, i media tutti, hanno finto di assistere per la prima volta e di rendersi conto solo oggi che nelle curve, negli ultras (non solo, si badi bene, in quella del Napoli) chi comanda è un pregiudicato, vicino all’estrema destra (oramai comunque padrona della maggior parte delle curve, tutte politicizzate), affiliato alla camorra o appartenente a qualsiasi altra associazione criminale. Il più tenero e docile ha avuto qualche daspo.. Sì, qualche.. Perché queste persone, questi criminali, non solo perché commettono reati all’interno dello stadio o nelle proprie vicinanze, devono solo essere condannati a non mettere piede per un periodo limitato di tempo in un’arena sportiva e invece viene loro permesso di girare a piede libero indiscriminatamente? Forse la loro violenza non è da considerare pericolosa in altri luoghi? Eppure lo Stato non fa nulla. Non ha fatto nulla ad oggi e non lo farà domani, se non indignarsi ad ogni accadimento senza evitare che domani possa ripetersi.
E cosa si fa per non ammettere le proprie colpe? Si getta la colpa sul napoletano, che si sa è criminale di natura, che da vittima deve passare per carnefice, e se non ci si riesce quanto meno a provocatore, a complice, a gestore e responsabile di tutto ciò che succede e che non può essere imputato all’inefficienza dello Stato, della Questura, della FIGC e altri coinvolti. È facile per i media come Sky associare le immagini di due tifosi protagonisti di una rissa alle 16 (episodio assolutamente da condannare) con la sparatoria delle 18!!! Come è mai possibile tutto ciò? Se uno spara per strada, ad un tifoso avversario, anche se non in quella giornata calcistica, non si può affermare che non ci sia premeditazione! NO! Non esiste sfottò, reciproco o meno, che possa giustificare 6,10 o 20 colpi di pistola! Eppure era questo ciò che veniva fuori ieri, dopo che si è cercato di far passare l’avvenimento come del tutto imponderabile e dovuto al gesto di un folle. Vero! Ma il folle non doveva essere libero, visto che era stato protagonista di numerosi episodi in precedenza, compreso il famoso derby fatto sospendere. Ma poi, come il cacio sui maccheroni, arriva il salvatore dei media, dello stato e delle istituzioni tutte: Genny ‘a carogna..
Anche Saviano, che io adoro, è cascato nel qualunquismo di addossare tutto ciò che è avvenuto prima dell’inizio della partita al capo ultras napoletano. A prescindere dalle informazioni che provengono dal Calcio Napoli che spiegano come sia stata la Questura a chiedere al Napoli e a Hamsik di andare ad “informare” Genny delle condizioni di salute del tifoso ferito, si dimentica facilmente due cose. La prima è che anche Genny, non sarebbe dovuto essere li ad assistere alla partita visto che, quanto meno, non in possesso di alcuna tessera del tifoso. La seconda è che i faciloni trascurano di dire quali potrebbero essere state le conseguenze se 20000 persone, alle quali stava arrivando l’informazione che un loro compagno era stato ucciso da un tifoso avversario, fossero state ignorate, non solo dalla mancanza assoluta di adeguate forze dell’ordine (ma in questo caso il problema diventa anche politico poiché fondi per istituire un adeguato servizio d’ordine non c’è n’è sono) ma anche dalle istituzioni politiche, si chiamino esse Hamsik, Napoli o FIGC!
Da tutto ciò ne usciamo tutti sconfitti. Dal tifoso come me che non ha potuto gioire per una vittoria di un trofeo, dalle istituzioni che hanno lasciato un altro segno della loro inefficienza e dalla madre che ha visto solo nella serata di ieri un piccolo spiraglio di luce per il figlio colpito quasi a morte da una persona che non conosceva e che non avrebbe mai voluto conoscere..
In fede

Armando Guarino

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