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Chiariello: “Il Napoli non sa gestire la gara. La rivoluzione culturale di Rafa non c’è stata”

Cosa si può dire di una partita che il Napoli sblocca dopo 3 minuti con i suoi campioni d’attacco, subisce per 60’ facendosi raggiungere, poi – approfittando del fatto che gli avversari sono scoppiati e tatticamente dissennati e con pochi cambi (dato un buon numero di assenti) – forte invece di cambi buoni di cui dispone (Mertens su tutti come sempre), nell’ultima mezz’ora domina e costruisce ben 5 palle gol nitide costringendo il portiere avversario ai miracoli, per poi vincere sul filo di lana al 50’ con un esordiente che tocca 3 palloni tutti sbagliati compreso lo stop che porta al gol? Tutto ed il contrario di tutto.
Ma la cosa che mi ha convinto di più e che a mio parere centra il cuore del problema ancora irrisolto del Napoli l’ha detta quel ragazzo intelligente che è, come lo era in campo, Giancarlo Marocchi (non sparategli addosso solo per il suo passato juventino): il Napoli manca nella gestione della partita. Lui dice: una grande squadra che va in vantaggio si aspetta la sfuriata degli avversari, la reazione rabbiosa, ci può stare.
Quello che però una grande squadra deve saper fare è lentamente abbassare i ritmi della partita, gestire la palla, farla girare, nasconderla agli avversari, e ripartire con improvvise verticalizzazioni per fare ancora male alla difesa avversaria.
Questo il Napoli non lo sa fare. E’ troppo frenetico nel tentativo di ripartenza, sbaglia troppi passaggi. Ricordo a supporto di questa arguta osservazione, una statistica passata sullo schermo dopo la mezz’ora di gioco: 12 palle perse dal Napoli contro 4 del Genoa, uno sproposito.
E l’uomo che ha sbagliato più passaggi non è stato il solito Inler, che pure si è industriato molto di suo in questa speciale classifica negativa, né i difensori centrali che pure buttano spesso palla, né il confusionario Maggio, ma il “geometra” Jorginho, quello a cui tutti riconoscono la qualità di buon distributore di gioco. Le ha sbagliate tutte, ma proprio tutte, salvo crescere un po’ nel finale.
E vicino a lui lo smarrito Hamsik della gestione Benitez, in una posizione né carne né pesce, che non riesce più a trovare il passaggio filtrante che era la sua specialità nell’epoca Mazzarri (un anno fu addirittura il re degli assist), oltre che i riconosciuti inserimenti col fiuto della rete. Il problema del Napoli era in mezzo al campo e rimane lì, oltre a quello solito ed ormai endemico delle palle alte difensive che neanche la stazza di Koulibaly ha corretto.
Il francese attacca la palla come tutti i difensori francesi, non ha cognizione dell’uomo da disturbare al momento dello stacco, come ormai (persa l’abitudine della marcatura ad uomo) non sanno fare neanche quei pochi difensori italiani rimasti. Pinilla sembrava il Bierhoff prima maniera,le ha prese tutte lui, e solo un Rafael in vena di riscatto dal San Mames per due volte ha evitato il gol prima di capitolare incolpevolmente.
Aggiungiamo il cambio di guardiaporta che certo non agevola da questo punto di vista, perché se Rafael tra i pali può non far rimpiangere il Pepe Reina, fuori dai pali c’è un abisso a favore dello spagnolo che acuisce il problema sule palle aeree.

Insomma, il Napoli riparte da Genova con tre punti preziosissimi che hanno evitato la crisi più pericolosa dell’era De Laurentiis che si ricordi dopo l’eliminazione dalla Champions contro una squadra autoctona che per valore di mercato valeva meno della metà del Napoli, ma con gli stessi problemi dell’anno scorso, semmai acuiti.
Perché, diciamocela tutta, dopo i proclami di Benitez (“non cambieremo molto, ci bastano due giocatori importanti per essere competitivi”), e dopo i proclami di scudetto del Presidente che non perde mai occasione per tacere, ci si aspettava una campagna acquisti di ben altro tenore e spessore, non improntata all’improvvisazione come il mondo intero ha visto, alla caccia di un centrocampista qualunque pur di averlo in prestito, e per partorire il topolino all’ultimo momento di David Lopez del’Espanyol, un ventiquattrenne alla prima esperienza nella Liga, che speriamo almeno si riveli bravo, ma non certo il Mascherano o il Kramer o il Fellaini etc. (leggi Sandro, Diarra, Lucas Leiva, e chi più ne ha più ne metta, tutti nomi che il Napoli ha rincorso presuntamente nel corso dell’estate).
Certo, se il buon giorno si vede dal mattino, la dichiarazione di Benitez fa accapponare la pelle: “Lopez non è certo Gonalons per esperienza…” Ma chi è ‘sto tanto rimpianto Gonalons? Ma la vogliamo finire di rimpiangere un giocatore che non cercato proprio nessuno e che è stato eliminato col suo Nantes di cui è capitano dai preliminari di Europa League? Mamma mia, che orrore!
Il Napoli ha lasciato partire Reina, che non ha voluto tenere guardando solo al portafogli e non al valore tecnico e di spogliatoio del giocatore, Fernandez (a quelle cifre era doveroso toglierselo), Behrami, Dzemaili e Pandev svenduti complessivamente per 8-9 milioni di euro più bonus, pur di liberare il monte ingaggi di una decina di milioni lordi complessivi. Oggi si libererà, o cercherà di farlo, di Rosati, forse Radosevic e Donadel, pesi morti a libro paga. Ha introitato un 5 milioni di euro scarsi dalle vendite di Gamberini, Cigarini ed il prestito di Vargas che speriamo il QPR riscatterà, così non ne parliamo più.
Insomma, il buon De Laurentiis il suo scudetto lo ha vinto ancora una volta facendo 0-0 sul piano economico senza intaccare la riserva di 70 milioni di cui dispone il bilancio del Napoli (22 milioni circa spesi e 22 milioni incassati). Ma ha portato Andujar (scelta inspiegabile), Koulibaly (che a me piace più di Fernandez, anche se è ancora troppo grezzo ed ingenuo), David Lopez e De Guzman al posto dei due svizzeri (e non possiamo sapere se ci abbiamo guadagnato o meno senza vedere i due nuovi acquisti all’opera) e Michu per Pandev, e qui finora il cambio non sembra felice, dato il grave ritardo di condizione dello spagnolo e considerando i colpi importanti del macedone, seppure elargiti ad intermittenza e con scarso contribuito agonistico.
Di certo però il Napoli il salto di qualità non lo ha fatto, e conserva intatti i dubbi dell’anno scorso su Jorginho, che giocando a due lì in mezzo fa una fatica bestiale e perde lucidità (lo stesso Napoli dubita di lui non avendolo riscattato ma avendo spostato all’anno prossimo l’operazione al fine di valutarlo a fondo) e su Hamsik, che con Zuniga è quello che veramente può far fare il salto di qualità alla squadra.
In altre parole, il Napoli – pur avendo fatto molto poco e non bene al calcio mercato – spera di attingere a quelle risorse interne non completamente o per nulla espresse nella passata stagione.

Si riparte da una certezza: il Napoli è forte avanti. Ma la lezione di Benitez che voleva impostare un Napoli spagnolo e “maschio” si è già smarrita, e per molti è forse una fortuna perche questo Napoli più italianizzato che gioca sulle ripartenze magari è più concreto. Ma certo la rivoluzione culturale di Rafa non è avvenuta, anzi, nonostante il monolitismo tattico dello spagnolo che non vuole cambiare modulo mai, né prima né durante la gara, nonostante avesse tutti giocatori buoni per fare anche un sempre offensivo 4-3-3.
Il vero nodo però è il mancato rinnovo del contratto del tecnico spagnolo che ha mandato messaggio inquietanti nel preliminare impiegando Britos e Gargano. Segnali di dissenso al Presidente?
Quale miracolo è avvenuto se tre giorni dopo Inler e Zuniga, cioè giocatori di livello internazionale assolutamente utili alla causa (nonostante io sia sempre critico con lo svizzero), hanno improvvisamente giocato e non sono stati arruolati nelle due partite che contavano per 35 milioni ed una vetrina irrinunciabile come la Champions? Può un presidente investire su giocatori voluti da un tecnico in scadenza che probabilmente se ne andrà?
Nodi gordiani che il Napoli non può né sa sciogliere, chiuso nella sua camicia di Nesso di una gestione padronale all’’antitesi del calcio moderno (vedi la gestione professionale di Juve e Roma con staff operativi autonomi rispetto alla proprietà). Ma questo è il Napoli, prendere o lasciare. Ed Higuain ce l’abbiamo solo noi. Consoliamoci.

Umberto Chiariello per MondoNapoli

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