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Benitez è tornato e riparte dalla voglia di vincere vista al “Marassi”

Good morning: e affinché sia un buongiorno, aiuterà l’espressione lieve e un pizzico di humor inglese, la padronanza di sé e la voglia matta di lasciarsi alle spalle Bilbao, il tormento d’una estate divenuta rovente ma sulla quale spargere la calma, chè virtù dei forti. Good morning: giusto come un anno fa, quando c’era il clima del «viaggio di nozze», perché era un amore appena nato, privo di incrostazioni, spolverato da qualsiasi dietrologia, freschissimo e dunque sanissimo e pure purissimo, soprattutto lanciato verso un orizzonte da scoprire, la curiosità d’un cambiamento, la novità d’un calcio diverso, l’autorevolezza d’un uomo vincente e di rottura, perché c’era la svolta allora. Però good morning: bisogna invertire la tendenza pure ora e Rafa Benitez, che rientra per prendersi il Napoli dopo essersi concesso qualche giorno in famiglia, riparte da Marassi, non dal San Mamés: semplicemente perché il calcio va accettato nella sua intierezza, mica si possono conservare soltanto le amarezze delle sconfitte. E allora: Genoa 1, Napoli 2, pure quella sfida ha avuto un suo valore specifico, da spingere ben al di là dei tre punti concessi alla classifica; ma è stato un calmante, un balsamo, nel suo piccolo un volano da quale rinascere. «Basta guardare al passato» .

LO SCUDETTO. Ma il calcio divora, agita, scuote: e dunque, ventuno giorni per esaminarsi e capire cosa sia veramente mutato, se Bilbao ha deturpato le motivazioni, se le ha graffiate o se – come ha chiesto Benitez – le ha appiattite per qualche ora, in attesa di riaversi. La vittoria di Marassi, poi la sosta per concedersi alle Nazionali, per tirare il fiato, per riproporre la scaletta (quasi simile) a dodici mesi e per ascoltare ciò che Fabio Capello ha sottolineato a Sky: «Per lo scudetto ci sono non soltanto Juventus e Roma perché io farei attenzione anche al Napoli ed alla sua arrabbiatura» . Trasformare la nevrosi in energia positiva: la prima missione di Benitez è scritta dalla notte del San Mamés, quando lo sconforto ha avuto per un po’ il sopravvento e poi l’ha spinto, a mercato chiuso, a ricordare che c’è dell’altro, e tanto ancora, il campionato e l’Europa League, la Coppa Italia e la Supercoppa. «E noi siamo forti» .

VERSO IL CHIEVO. E’ la normalità, da oggi: quella che il Napoli non s’è potuto concedere praticamente mai, perché mancava sempre qualcuno o perché c’erano ancora trattative in corso o perché c’era chi era rientrato appena dal Mondiale e chi non aveva la condizione giusta e chi era distratto. Mancherà Ghoulam, tra gli abili, ma si ripartirà dal 4-2-3-1 di Genova, dall’ultimo quarto d’ora arrembante, all’attacco, vissuto attraverso non solo la spinta emotiva ma anche quella delle idee di un calcio che ha prodotto, appena nella passata stagione, 104 gol ed una voracità – spettacolosa – che ha contagiato Napoli, da riafferrare al volo, per riuscire a dare consistenza all’analisi di Capello e ribadire che certo la Champions è un rimpianto ma poi la vita continua e dal Chievo in poi ci sarà un tour de force in cui rimettersi in gioco, riprendere se stesso, scacciare via quel sogno trasformato in incubo e riconsegnarsi al campo attraverso il lavoro: il codice-Benitez non conosce (altre) soste e procede con ottimismo. «Noi siamo il Napoli» . Anche arrabbiato, adesso. L’ha avvertito pure Capello.

Corriere dello Sport

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