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Roma, Garcia: “Nessun rimpianto, dobbiamo vincere un trofeo”

ROMA – La pressione non deve fargli paura. Anzi, in una città che la parola scudetto fatica a pronunciarla a prescindere, lui ne ha fatto quasi una bandiera. Per questo, non gli fa paura coinvolgere nei propri propositi anche quei giocatori solitamente soffrono l’ansia di dover raggiungere un risultato ad ogni costo: “L’ho detto alla squadra: quest’anno dobbiamo festeggiare un trofeo”. Intanto però la sosta per le nazionali rischia di togliere al tecnico un nuovo tassello: Yanga Mbiwa ha riportato un problema muscolare al bicipite femorale destro, domenica sarà a Roma, lunedì gli esami. Filtra almeno un cauto ottimismo.

“NESSUN RIMPIANTO, AI GIOCATORI HO DETTO: DOBBIAMO VINCERE”
– Il nuovo proclama arriva dai microfoni di casa, quelli della tv di Trigoria che durante la settimana diventa quasi “nemica”, quando prova a spiarne gli allenamenti (“Non vado d’accordo con le telecamere a bordo campo, possono dare informazioni agli avversari”). Un lato maniacale, sulla strada del traguardo da perseguire. E pazienza se qualche giocatore soffre la pressione: per Rudi Garcia, conviverci è quasi naturale e non ha paura di coinvolgere i suoi giocatori, quasi a volerli spogliare da ogni alibi, come ha fatto nell’incontro con gli studenti a Tor Vergata: “Quell’incontro mi ha caricato. Qui si parla di questo fantasma, l’ambiente, ma non si sa bene cosa sia. L’ambiente sono quei tifosi che anche dopo la doppia sconfitta col Bayern e quelle di Torino e Napoli ci stanno vicino e ci fanno sentire il calore. Ho detto ai ragazzi che quest’anno dobbiamo festeggiare qualcosa con i nostri tifosi”. Chiarissimo, come la classifica: “Siamo secondi, ma io ho cancellato la gara contro la Juve, che resta la principale favorita, e senza quella siamo perfettamente alla pari”. Anche del cammino in Champions Garcia è soddisfatto: “Non mi aspettavo di essere secondo dopo aver incontrato due volte il Bayern Monaco e il Manchester City in casa loro”. Rimpianti? “Nessun rimpianto, nemmeno della gara col Bayern. Solo a Napoli non siamo proprio entrati in partita. Comunque non cambierò mai l’atteggiamento mio e della mia squadra”.

“RAZZISMO? IL PAESE PRENDA ESEMPIO DAL CALCIO” – L’occasione allora è quella giusta per raccontare come Garcia vede dalla panchina la sua Roma: “Cerchiamo di conquistare la palla nella metà campo avversaria, così con due tre passaggi abbiamo la possibilità di fare gol. Il possesso palla serve a far stancare l’avversario e a creare spazi per trovare facili conclusioni. Dobbiamo spostare il pallone sulle fasce, anche con cambi di campo, inserirsi e cercare la conclusione. Ma l’attaccante che si trova sulla fascia deve anche aiutare il terzino. Poi con giocatori velocissimi come Gervinho ed Iturbe è molto più facile ribaltare il campo. Pjanic invece ci consente di cambiare modulo in corsa, è un bonus”. Se questo è il volto della sua Roma, il proprio lo racconta pensando al famoso “porompompero” cantato alla chitarra davanti a una telecamera ai tempi del Lille: “Sono allegro, mi piace fare gli scherzi. Mi piace che De Rossi abbia detto è arrivato un chitarrista ma abbiamo trovato anche un allenatore”. Poi, un flash sui dirigenti: “Pallotta è paterno, a casa sua c’è un ambiente familiare, felice dove tutti sono amici. Sabatini è psicologo ed intuitivo, come me. A me piacciono le sfide, quando mi ha proposto la Roma ho accettato subito”. A chiudere, un pensiero sul razzismo, tema di strettissima attualità anche a Roma: “La società – dice Garcia – deve prendere spunto dallo sport, perché nello sport nessuno pensa a queste cose, si pensa solo a battere l’avversario, sempre nel massimo rispetto, indipendentemente da tutto”.

Fonte: Repubblica

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