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Milan, Berlusconi è stufo, non vince più, la grande tentazione di vendere

MILANO – “Sono più sconfortato che arrabbiato”. È la frase chiave attribuita l’altro ieri dall’Ansa a Berlusconi sulla crisi del Milan. Svela la disillusione, la stanchezza, la resa del padrone. E smaschera una notizia a orologeria: il desiderio di vendere la squadra di calcio che, da quasi 29 anni, lo rappresenta meglio di qualsiasi altro pianeta dell’estesa galassia personale, ma che è diventata fonte inesauribile di problemi, economici e d’immagine. Serve un acquirente credibile, però la strada è segnata. Chi in questi giorni è stato vicino al capo sostiene che sia solo questione di tempo e di denaro: non meno di mezzo miliardo di euro. La batosta di domenica a San Siro con l’Atalanta ha scatenato il malumore.

Ieri Berlusconi si è visto costretto a smentire al telefono, con Galliani e Inzaghi, la dura critica (“non si può perdere contro giocatori che guadagnano 5 volte in meno dei nostri”) riportata dall’Ansa. Sembrava così palese, l’attacco all’allenatore, alla squadra e all’ad delegato al mercato, che il patriarca deluso ha dovuto rassicurare tutti. “Non l’ho mai detto, ve lo garantisco”. In compenso lunedì, a margine del pranzo di famiglia ad Arcore e dei successivi appuntamenti politici, ha confessato a più di un interlocutore la propria spossatezza di presidente allergico alle sconfitte. Anche il calcio è un guaio e una parte consistente dei tifosi rossoneri gli chiede di andarsene.

La tentazione era nota da mesi: da quando la filiale italiana della banca d’affari americana Lazard aveva ricevuto il mandato di sondare il terreno per la cessione del club. Intensificata nell’ultimo anno, la ricerca di un socio di minoranza (arabo, russo o asiatico, a seconda delle trattative spesso presunte) si è trasformata nella verifica della quotazione sul mercato mondiale. L’irrealistica valutazione di partenza – 900 milioni – è scesa di almeno 100 per l’uscita dalle coppe europee e per la mediocre stagione in corso. Il parco giocatori è depauperato e i mancati introiti della Champions permettono appena acquisti a parametro zero o prestiti. La nuova sede è modernissima, ma costosa e in affitto. Gli assi nella manica restano il centro sportivo di Milanello, gli incassi in crescita di museo, store e ristorante voluti da Barbara Berlusconi e soprattutto il marchio di un club popolarissimo all’estero.

L’Inter, con l’intermediazione di Lazard, è passata da Moratti a Thohir per 200 milioni, più la liberatoria dai debiti per 80 milioni. La situazione del Milan appare sotto controllo. A dicembre 2013 i debiti ammontavano a 252 milioni (144 verso le banche, 108 verso altri finanziatori): un indebitamento, dunque, pari al fatturato. Per il 2014 si aggiungerà un passivo gestionale intorno ai 50 milioni. La soglia minima del prezzo partirebbe dal lodo Mondadori, l’incubo di Berlusconi: gli è costato 494 milioni e la famiglia intende recuperarli in toto. La cessione libererebbe Fininvest dall’esborso annuo per il calcio: almeno 50 milioni, col secondo monte ingaggi della serie A. La primogenita Marina, attentissima ai conti del gruppo, non si è mai interessata di pallone e il fratello Piersilvio ha virato sulla tivù. È stata dunque Barbara ad assecondare la passione paterna oggi flebile: da ad che vuole rilanciare il marchio, progetta lo stadio di proprietà alla vecchia Fiera, con l’ingresso nel pacchetto azionario dello sponsor Emirates. Intanto il discusso club a due teste, lei e Galliani in tregua armata, oscilla tra la poco romantica sforbiciata alle spese (cassati, tra i non dipendenti, i cuochi storici Michele e Oscar), il recupero del passato (Sacchi) e i masochistici veti (il no a Paolo Maldini). Sta inciampando nei risultati e finora soltanto la presenza di Inzaghi, allenatore in bilico ma idolo degli ultrà, l’ha preservata dalla contestazione. Le visite di Berlusconi ogni venerdì a Milanello, al di là dei proclami di terzo posto e Champions, dei revival e dei divieti di creste e chignon, ne hanno dissimulato il graduale disagio. Possibile che a quasi 79 anni, mentre programma il rientro in politica una volta scontata la condanna ai servizi sociali, abbia deciso di chiudere la pagina più popolare della propria perenne autocelebrazione, accontentandosi magari di una quota di minoranza? Il portafoglio, a volte, sta dalla stessa parte del cuore. Presto si capirà se gli si è definitivamente sovrapposto.

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Protagonisti:
Silvio Berlusconi
Fonte: Repubblica

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