PIANETA CALCIO

Nel nome del Cav: Inzaghi-Donadoni, chi perde è nei guai

Inzaghi-Donadoni, in comune un passato glorioso nel Milan e un futuro nebbioso in panchina

Questa sera Milan-Parma rappresenta una tappa decisiva per i due allenatori in crisi. In comune, oltre alla panchina in bilico, un glorioso passato da giocatori: con Berlusconi che stravedeva per entrambi
Un girone fa terminò 4-5, tra colpi di tacco, autoreti, rigori e rimonte. Un girone dopo, di quello champagne è rimasto solo il ricordo, evaporato tra contestazioni, sconfitte cocenti e record negativi continuamente riaggiornati.

I nuovi primati – Milan-Parma diventa così uno scontro per la sopravvivenza, specie per i due allenatori: 5 Champions in due con il Milan dei bei tempi (due bei tempi differenti), un passato glorioso da giocatori e un futuro nebbioso in panchina. Adesso la storia la stanno riscrivendo, ma in negativo. Appena due punti nelle ultime 5 giornate per Inzaghi, alla guida di un Milan che non infilava una serie così disastrosa dal maggio 1998. Se la passa anche peggio Roberto Donadoni: se il Parma perdesse a San Siro sommerebbe 8 ko in esterna di fila, mai successo in 101 anni di storia.

Se ci fosse stato Twitter… – Preferiscono sicuramente voltarsi e guardare il passato, Inzaghi e Donadoni, alla ricerca di ben altri punti in comune. A partire dalla benedizione di Silvio Berlusconi, che li ha amati entrambi (più da giocatori che da allenatori) per le qualità che sapevano esprimere sul campo. Rapace, mai sazio, magari non bellissimo stilisticamente ma maledettamente efficace Superpippo: Berlusconi lo strappò alla Juve nel 2001, quando consegnò chiavi in mano a Fatih Terim un Milan che praticamente si schierava da solo con il 4-3-1-2 tanto caro al presidente. Shevchenko e Inzaghi più Rui Costa: c’era poco da inventare falsi nueve o alberelli di Natale. Pippo ripaga la fiducia con due Champions, una ai rigori contro gli ex-compagni juventini e una da attore protagonista, nella finale-rivincita con il Liverpool. Ma anche con una professionalità più unica che rara: lasciate perdere gli anni di bresaola e pollo ai ferri, quello è il meno. Fuori dal campo, Inzaghi non ha mai dato modo di far sparlare di sè: non erano i tempi di Twitter, ma anche se lo avesse avuto con lui non ci saremmo certo divertiti. “Invitato” da Allegri a chiudere la carriera con un anno di anticipo rispetto ai piani, ecco la scalata in panchina, fino a diventare il preferito del presidente, scottato dai tradimenti di altri giovani in cui aveva creduto come Leonardo o Seedorf.

Il primo acquisto non si scorda mai – Elegante, tecnico e fantasioso Roberto Donadoni, tutto il contrario dell’Inzaghi-giocatore. Fu lui il primo a far battere il cuore di Berlusconi, acquisto numero uno della sua gestione nel 1986, quando si iniziavano a mettere insieme i mattoncini di quello che sarà il Milan più grande di sempre. Concorrenza della Juventus, che aveva un mezzo accordo con l’Atalanta, bruciata già ad aprile; per le vittorie bisognerà aspettare un anno ma poi sarà una cascata di titoli. Donadoni con il Milan vince 3 Coppe dei Campioni (e citiamo solo quelle perché sono le preferite del presidente), duetta con Gullit e Van Basten, manda in gol Savicevic e Massaro. Da allenatore sfiora soltanto i rossoneri: il suo nome si tira fuori puntualmente tra un ciclo e l’altro, ma è chiaro che a livello di phisique du role, per Berlusconi, non ci siamo. Questa sera, però, non ci si può affidare ai ricordi. In campo, putroppo per Milan e Parma, non ci vanno nè l’Inzaghi nè il Donadoni di un tempo. E anche le Champions, per una sera, possono restare sullo scaffale.

Fonte: SkySport

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