LE ALTRE DI A

Infront, quel centro di potere che ora dà l’ assalto anche alla Nazionale

ROMA – Per capire le cose, come sempre, è bene partire dai soldi. Sui 2,3 miliardi di euro di entrate delle 20 squadre del massimo campionato, circa 1,1 miliardi (987 milioni dai diritti tve 150 da diritti di marketing e sponsorship) arrivano attraverso Infront. Tanto. Ancor più se si calcola che il giro d’ affari del campionato comprende 417 milioni di plusvalenze. Al netto di questa voce, ogni 100 euro che entrano nelle tasche dei club, 60
arrivano da Bogarelli & C. L’advisor della Lega – che ha chiuso il 2013 con 11 milioni di profitti, più di tutte le squadre della A – gestisce pure marketing e pubblicità di Inter, Milan, Udinese, Genoa, Sampdoria, Lazio, Palermo e Cagliari. E chi ha in mano il rubinetto di questa liquidità – visto che il football tricolore è in rosso per 202 milioni – ha in pugno la sopravvivenza stessa del pallone.

I BURATTINAI – Il rapporto di dipendenza economica, funzionale e politica tra i clienti (i presidenti dei club) e chi garantisce loro l’ossigeno dei diritti tv sarebbe fisiologico e legittimo. Meno fisiologico, è il ruolo che il sistema che ruota attorno a Bogarelli – forte del suo strapotere economico sul pianeta calcio – ha finito per ricoprire all’interno del pallone. Il denaro, in questo caso, è lo strumento. Ma il vero collante, in Italia accade spesso, sono le relazioni. I grandi burattinai della Serie A le hanno costruite dal nulla: quando nel 2008 Antonio Matarrese si è presentato in Lega calcio con la cartellina “Infront” sottobraccio, erano in pochi a pensare che quella società avrebbe potuto vincere la gara per diventare advisor della Confindustria del calcio. Pochi ma buoni, evidentemente. Il fratello dell’ex numero uno del Bari si è alleato a Claudio Lotito, patron della Lazio e Massimo Cellino, presidente del Cagliari (che da Infront avrebbe incassato una penale da 10 milioni per rescissione contratto appena prima della cessione della squadra). Insieme hanno iniziato a tessere la tela del consenso portando dalla loro parte la serie B e un altro po’ di pesci piccoli. I grandi club, come al solito, sono rimasti a guardare, distratti da chissà cosa. Roma e Juventus sono rimaste all’opposizione. Galliani – l’unico che Infront la conosceva bene, vedremo poi perché – non si è esposto troppo. Ha lasciato lavorare Lotito, ammiccato alla Juve, tenuto i piedi in tutte le scarpe pronto a festeggiare. E poi ha festeggiato.

L’ASSIST PER ARCORE
– Infront è diventata così advisor della Lega. E il cerchio magico di alleanze consolidato in quell’occasione – Bogarelli, Lotito, Cellino e, di sponda, Galliani – ha iniziato da allora a tirare le fila di ogni decisione importante del calcio tricolore. Ultima in ordine di tempo, il ribaltone dell’asta per i diritti tv della Serie A, dove Sky, malgrado un’offerta nettamente superiore a quella di Mediaset, è stata costretta a venire a patti con il sistema. Accettando il compromesso – regista, ovviamente Infront – che ha rimesso in gioco il Biscione: Bogarelli ha convinto la Lega – non è stato difficile viste le relazioni – ad accettare meno soldi pur di tenere vivo il mercato televisivo garantendosi due concorrenti, riaprendo così le porte ad Arcore. Un assist straordinario alle pay-tv di Berlusconi che rischiava il crac senza Serie A.

LE CAMBIALI – Per imprese titaniche come queste servono gli uomini giusti al posto giusto, Quelli che al momento buono sanno onorare le “cambiali” in scadenza. E i sistema Infront, anche su questo fronte, ha giocato bene le sue carte. Alla presidenza della Lega che ha fatto il regalo a Mediaset, per dire, c’ è Maurizio Beretta. Eletto nel 2010 – a proposito di cambiali – con i voti dei soliti Lotito e Cellino – più, ça va sans dire , Galliani – contro le sette grandi (in teoria) sorelle del calcio italiano, che pure rappresentano il 70% dei tifosi. Difficile dire che Davide ha sconfitto Golia. A muovere il consenso, come al solito, sono infatti i soldi: “Il giochino è semplice – spiega un osservatore interno ai fatti della Lega che
chiede di restare anonimo -. Infront negli anni ha comprato i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo pagato per il voto in lega del presidente del club”. Una lettura maliziosa? Può darsi. Di certo il copione è andato in replica quest’ estate in fotocopia con l’elezione al
vertice della Figc- alla faccia dei fuochi d’ artificio su Optì Pobà – di Carlo Tavecchio. A eleggere l’impresentabile sono stati i club della scuderia Bogarelli seguendo il solito schema: grandi elettori Lotito e Galliani a guidare la folta schiera. Contro, solo Juve e Roma, che hanno chiesto un passo indietro a lui e a Demetrio Albertini con una lettera firmata da Cagliari, Cesena,
Empoli, Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo e Torino. IL DEJA VU La
partita si giocava sul filo del voto. Fino a quando la scuderia
Infront ha sparigliato le carte. “Devo annà a prendè er Cesena”
ha annunciato Lotito alla vigilia del voto. La missione è finita
con un trionfo: perché non solo ha preso il Cesena (che a metà
luglio aveva siglato un accordo con Bogarelli, nel cui bilancio
risultano versati 520mila euro ai romagnoli come anticipi per
diritti di prelazione). Ma anche la Sampdoria, anch’ essa cliente
Infront. Un deja vu: i soldi comprano il potere, il potere
garantisce i soldi. E non a caso appena al Milan ha iniziatoa
salire la stella di Barbara Berlusconi (e a tramontare quella di
Gallini), Infront- temendo di perdere un alleato chiave – è corsa
ai ripari garantendo un contratto d’ oro all’Inter del neo
arrivato Thohir, che alla vigilia dell’elezione di Tavecchio – la
società nerazzurra ha votato per lui – ha firmato un accordo molto
ricco per la gestione commerciale di San Siro. L’aspetto meno
gradevole delle cambiali è che, a un certo punto, scadono. E
quelle di Tavecchio (“un uomo che ha molte cambiali”, parola del
presidente del Coni Giovanni Malagò) potrebbero arrivare a
maturazione in tempi strettissimi. Questo almeno temono i
competitor della Infront che hanno partecipato all’asta della
Figc per l’advisor commerciale della nazionale di calcio, fino ad
oggi Rcs Sport. La scelta del nuovo è attesa a giorni e la
candidatura di Infront per un contratto che vale intorno ai 60
milioni di euro (56 nel quadriennio 2011-2014) è considerata la
favorita. Si vedrà. “Diciamo che se sull’appalto si dovessero
accettare scommesse, i bookmakers non darebbero le quote”,
scherzano in Lega. In realtà c’ è poco da scherzare. I
concorrenti, oltre a Rcs (con Img) la svizzera Swissone assieme a
Wpp, minacciano ricorsi alla magistratura. Il discorso vale ancora
di più per quello che viene individuato dai pochi oppositori del
“sistema Infront” come il vero buco nero del calcio italiano. La
vendita dei diritti internazionali. A gestire questa fetta della
grande torta del pallone c’ è un’altra realtà vicinissima a
Infront: la Mp&Silva di Riccardo Silva, e che acquistando come si
dice “vuoto per pieno” i diritti a una cifra (120 milioni circa)
li rivende in giro per il mondo a talmente tanti soggetti e per
talmente tante vie che è difficile sapere quanto sia l’incasso
esatto, né – dicono i maligni che immaginano indicibili
retrocessioni agli uomini chiave del sistema – i reali
beneficiari. Unica certezza: il business è una gallina dalle uova
d’ oro: la cassaforte irlandese di Silva ha chiuso gli ultimi due
anni con 67 milioni di utili (su 200 di ricavi, buona parte dei
quali generati presumibilmente dai diritti del calcio italiano). E
ha staccato per i suoi fortunatissimi soci che si perdono nei
paradisi fiscali fino all’isola di Tortola dividendi per 88
milioni. Un affare che fa gola a molti. E non a caso in questi
giorni le società di serie A si stanno scannando sull’asta per il
rinnovo del contratto. Le formazioni in campo sono sempre le
stesse: Roma e (timidamente) Juventus fiancheggiate da Napoli,
Fiorentina e pochi altri da una parte a chiedere più tempo per la
decisione, Lotito e resto del mondo dall’altra. La scadenza delle
offerte, alla fine, è stata posticipata a ieri, e il 20 la Lega
deciderà. Ma pochi dubitano sul fatto che si vada verso il rinnovo
alla MP & Silva. I GALLIANI BOYS Il motivo? La storia
professionale di Riccardo Silva e i suoi intrecci con quella di
Bogarelli. Un quadro che aiuta bene a capire chi sono da sempre
gli uomini dietro il sistema Infront. I due, oltre alla passione
per il calcio e i diritti tv, hanno in comune importanti trascorsi
in Fininvest Silva ha il 95% di Milan Channel. Sono amici, i due.
Mp&Silva, l’hanno fondata insieme (con loro c’ era anche un altro
manager del biscione, Andrea Locatelli). La “Mp” del brand sta per
Media Partners, una società del gruppo, della quale faceva parte
anche l’allora giovanissimo e promettente manager Andrea Abodi,
oggi presidente della Lega di Serie B e vice presidente della
Figc, già uomo chiave nella corsa di Tavecchio alla Figc. Tutti
figli di Galliani, per dirla con un’espressione usata più volte
nelle conversazioni ristrette dallo stesso manager milanista. Che
, quando vide affacciarsi sulla soglia del palazzo del pallone la
truppa agguerrita di Bogarelli & co. – si racconta – fece una
smorfia ambigua e poi, respingendo le prime ipotesi di conflitto
d’ interessi, esclamò: “Figuratevi se farò gestire un miliardo di
euro ai miei ex ragazzi allievi in Mediaset: parteciperò ad ogni
operazione nell’interesse della mia società”. Nessun dubbio,
finora l’ha fatto benissimo. 
DIDASCALIA:
I PROTAGONISTI MARCO BOGARELLI Dopo un passato manageriale in area
Mediaset, fonda Infront Italy nel 2006: dal 2008 la società è
advisor della Lega di serie A ADRIANO GALLIANI 70 anni, dal 1986 è
amministratore delegato del Milan. È stato presidente di Lega dal
2002 al 2006. Dal 2013 ne è vicepresidente CLAUDIO LOTITO Classe
1957, imprenditore con interessi in campo immobiliare, è
presidente della Lazio dal 2004. È nel comitato di presidenza Figc
 
 

Fonte: Repubblica

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