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Trapattoni racconta la sua tv: ”Io, Aristotele e la spugna”

“Per i coraggiosi e gli incoscienti, il futuro è una nuova opportunità”, Trap dixit. Magari la panchina di un’altra nazionale, dopo Italia e Irlanda. Ma il presente di Giovanni Trapattoni, coraggioso o incosciente che sia, è il ruolo di commentatore tecnico per la Rai, che lo ha fatto esordire nei match dell’Italia con Malta e Bulgaria. E lo ha promosso, malgrado l’ex ct abbia pagato l’inesperienza del debuttante e l’impronta di chi il calcio lo ha sempre vissuto visceralmente sul campo, a pochi metri dall’azione. “Ma ho affrontato la vigilia e le prime due partite con spontaneità  –  precisa  –  senza ansie e se vogliamo con incoscienza. Ho cercato di trasmettere le emozioni di chi sta in panchina, ma cercando di essere lucido nell’analisi”.
Cosa ha pensato quando l’azienda le ha parlato di questo ruolo?
“Sono rimasto sorpreso, qualche domanda me la sono posta. Ma ho accettato con piacere, non mi pesa”.
C’è un aspetto che ha curato particolarmente, prima dell’esordio in postazione?
“Si, una differenza sostanziale rispetto al ruolo di commissario tecnico. Il commentatore giudica ciò che vede, lo sviluppo del match. Non è dentro il progetto tattico, né conosce gli aspetti psicologici e le debolezze dei singoli ragazzi. Tocca al tecnico spiegare tutto questo, nel dopo partita”.
Progetto o non progetto, Trapattoni si è rivelato però un commentatore fuori dagli schemi che parla sia ai telespettatori, sia ai giocatori in campo. Tipo: “Non fateli arrivare fin lì”.
“In effetti sì. Da questo deriva anche la metafora della spugna, con Malta che dopo aver preso tanta acqua prima o poi doveva perderla e quindi subire il gol. Comunque ho parlato di un dato di fatto, mi son guardato bene dal dire: “La mia esperienza ora suggerirebbe di cambiare questo o quello”, perché ogni partita ha una genesi diversa”.
Al di là della metafora della spugna e dell’acqua, c’è una delle sue tante frasi famose cui è particolarmente affezionato?
“Di strafalcioni ne ho detti tanti, conservo anche alcune pagine che me li ricordano. Ad ogni modo, uno dei motti che porto con me è: “Se ciò che stai per dire non è più importante del silenzio, allora taci”. Mi piace comunque leggere molto e spesso mi piace riscoprire qualche insegnamento di Aristotele o aforismi di generali famosi. Senza ergermi a freddo calcolatore, però, la frase che preferisco è: “Per i paurosi il futuro resterà sconosciuto, per i deboli sarà irraggiungibile, per gli incoscienti offrirà nuove opportunità””.
Ovviamente lei si colloca nel girone degli incoscienti…
“Direi di sì. O almeno fra i coraggiosi. Sono andato in Germania ad allenare il Bayern Monaco senza sapere altre parole in tedesco che “buongiorno” e “buonasera”. Direi che il campo ha parlato meglio di me”.
Un incosciente già pronto a cogliere una nuova opportunità, giusto?
“Ho dovuto rinunciare a qualche offerta in Africa per timore del virus Ebola. Ma ho avuto offerte anche dai Paesi dell’Est. Oggi, però, per me sarebbe impensabile andare a vivere tutto l’anno altrove, che sia a Baku o sul Mar Nero. Una nazionale, quella è la prossima opportunità che non mi lascerò sfuggire”.
Dal futuro al passato: chi avrebbe affiancato volentieri come commentatore tecnico?
“Dobbiamo tornare indietro di qualche anno, a Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, che riuscivano a entusiasmare quando la radio era tutto e loro erano gli unici a testimoniare in diretta ciò che accadeva. Inoltre ho sempre apprezzato la dialettica molto qualificata di Bruno Longhi, peraltro un carissimo amico”.
E se potesse tornare indietro nel tempo e commentare una partita speciale?
“Italia-Germania dell’82. O la finale della Coppa dei Campioni del ’63 fra Milan e Benfica, a Londra. Ma l’ho vissuta da giocatore ed è stato meglio così”.

Pubblicato su RSera l’8 settembre 2015

calcio

nazionale italia
Protagonisti:
Giovanni Trapattoni
Fonte: Repubblica

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