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Diego, ora cosa dici di Sarri?

E persino Maradona si era scomodato a predirlo: il Napoli di Sarri non sarà mai grande. Apriti cielo. In città tutti a dare ragione al Pibe de Oro che, si sa, se dice che la Terra è quadrata qui a Napoli corrono a gettare via i mappamondi e disdire ogni crociera e volo transoceanico. Eppure, per una volta, D10S non ci ha preso, e dargli torto mi costa parecchio, dato che sono uno di quelli che ora deve andare a recuperare il mappamondo nel bidone dell’indifferenziata. È ancora presto per fare proclami, intendiamoci, ma al venti di ottobre ci siamo arrivati e la classifica parla chiaro: il Napoli è lì, dove in tanti, visto l’inizio di stagione (mercato incluso), non avrebbero scommesso neanche un mappamondo da buttare (occhei, la smetto con i mappamondi, giuro).

Sarri è il principale artefice di questo, momentaneo, successo. E la cosa bella è che non gliene importa niente, perché Sarri è un uomo di calcio, di campo, di tuta, di pressing, di uomini, e non di risultati. Sarri è come Zeman: dategli una retorica e lui la insegnerà ai suoi discepoli, dategli un integralismo, un credo, e lui farà giocare tutte le squadre al solito (bel) modo. E quando disse che il Napoli per diventare come l’Empoli avrebbe impiegato anni: ri-apriti cielo. Ma, in realtà, lui voleva dire un’altra cosa, il concetto secondo il quale due rette parallele non si incontrano mai, e se poi si incontrano è solo perché si stavano annoiando e hanno deciso di sfottere la matematica. Stava spiegando la magia scientifica e calcolata del calcio, esatta come un foglio Excel vidimato da un notaio.

Il Napoli di Sarri ha esaltato gli interpreti, reso tutti solisti in un gruppo di pari; parentesi, il mercato del Napoli, bistrattato dai più, ve lo rilancio in chiave moderna: ma forse sia stato il più grande investimento non vendere Higuain e compagnia? Riuscire a tenerli senza Champions? Mentre voi ci pensate, Sarri sta portando, forse per la prima volta nell’era De Laurentiis, la squadra azzurra a pensare, concretamente, al titolo di campioni d’Italia. Perché con Mazzarri si sapeva che era una questione di nervi e contropiede, Cavani e Lavezzi. Con Benitez… dài, non siamo sciocchi, il Napoli di Benitez era un malinteso tattico dalla A alla Z. Mentre adesso la somma dell’area di tattica, contropiede e pressing è uguale a quella dell’area costruita sul piede destro di Insigne, che a furia di rientrare dal vertice sinistro ha disegnato una costellazione nuova e imprendibile. Il risultato? Un eroe dall’accento napoletano (finalmente) profeta in patria e con licenza di uccidere ai prossimi Europei. Intanto, Sarri, mentre voi pensate anche a questo, è lì tranquillo che si guarda nello specchio e accende un’altra sigaretta, a guadagnare altri metri di pressing sugli avversari, a zittire senza mani sulla bocca gli dei del calcio che lo hanno preceduto. Che signore, che allenatore.

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