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Tra casi e appagamento, così l’Inter si è smarrita

MILANO – Il calo fisico, il calo mentale, la supponenza di sé, il mercato aperto, la moria delle vacche… E’ caccia ai motivi della crisi interista. Che come tutte le crisi non ha una sola spiegazione, ci mancherebbe. Ma intanto il calo di rendimento assume le sembianze di un crollo: 4 punti nelle ultime quattro giornate, con una sola vittoria, e nemmeno meritatissima, sull’Empoli, due sconfitte in casa con Lazio e Sassuolo, infine il pareggio imbarazzante di Bergamo, che ha aperto ufficialmente la crisi. L’Inter d’inverno ha perso baldanza, equilibri in campo e posizioni in classifica. “Ma ci bastano due-tre vittorie di fila per tornare su”, dice Mancini, al solito ottimista, e in fondo è stato il suo ottimismo, e il suo credere in questa squadra nonostante le previsioni, a trainare l’Inter fino al primato che nessuno pronosticava. Quindi ora spetta a lui rialzare la truppa, che mostra i segni di un preoccupante sbandamento interno.

Il calo c’è sul piano fisico, è evidente. La squadra è meno incisiva e molto meno battagliera di un mese, due mesi fa. Pare che i richiami della preparazione, effettuati nella trasferta a Doha, in questo momento stiano incidendo sulle gambe dei giocatori. Ma c’è anche un’evidente flessione mentale, come se dopo aver raggiunto il primo posto il gruppo si sentisse appagato, come se non credesse di poter fare di più e di meglio: sarebbe grave. Per questo Mancini è chiamato a dare una scossa, visto che gli impegni incalzano, a cominciare da quello, delicatissimo, di Coppa Italia contro il Napoli.

Ma in questo periodo la squadra è scossa anche dalle voci di mercato, dalle liste dei cedibili, dalla preoccupazione di dover rafforzare la squadra pur dovendo agire in un regime di relativa povertà nei bilanci: l’Inter deve chiudere questo mercato di gennaio in ogni caso con un attivo di 7 milioni, il che regala pochissimi margini di manovra al dt Piero Ausilio. Nella lista dei cedibili ci sono Guarin, Ranocchia, Dodò, Montoya, Felipe Melo, ma forse anche Brozovic e Jovetic. Al tempo stesso Mancini vorrebbe ingaggiare in qualche modo un attaccante alla Eder, che gli manca, un regista alla Diarra e almeno un difensore in caso di partenza di Ranocchia (l’ultimo nome è Rolando, cavallo di ritorno). Ci sono due settimane per chiudere le trattative, e saranno infuocate, e terranno lo spogliatoio impegnato, almeno mentalmente. La trattativa di Ranocchia è tra le più delicate, perché il giocatore sarebbe vicino al Milan, o almeno sembra ci sia un accordo verbale tra lui e il club rossonero, mentre manca quello tra i due club. L’Inter propone un prestito con obbligo di riscatto, il  Milan vuole solo il prestito. Situazione assai delicata. Il Milan ha bisogno assolutamente di un difensore da mettere di fianco a Romagnoli ma non può spendere, dopo aver sborsato 25 milioni più bonus per lo stesso Romagnoli la scorsa estate; Ranocchia ha bisogno di giocare in vista degli Europei, dopo essere passato all’Inter dal ruolo di capitano a quello di capitano non giocatore.

Nel frattempo il problema dell’Inter è quello di non avere un dirigente operativo di pari grado rispetto ad Adriano Galliani, perché non può esserlo Piero Ausilio, addetto al mercato, e nel club nerazzurro non ci sono figure analoghe a quella di Galliani. Il Milan ha lavorato bene sul giocatore, come spesso ha fatto in passato, soprattutto con i tesserati interisti, e ora l’Inter sembra in difficoltà. Bel problema. Come quello di Guarin, ormai ai margini del progetto come si è ben visto a Bergamo, per tacere di Felipe Melo e Jovetic, che negli ultimi due mesi sono crollati nella stima di Roberto Mancini. E’ un’Inter piena di fibrillazioni, e ritrovare la tranquillità sarà un’impresa. Inter

serie A
Protagonisti:
Roberto Mancini
Fonte: Repubblica

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