PIANETA CALCIO

Terzo posto e fiducia: Kalinic-Handanovic, un duello per rilanciarsi

Un girone fa bastarono pochi secondi per capire che indirizzo avrebbe preso la serata dei due. Retropassaggio di Medel, Handanovic controlla con troppa sufficienza e Kalinic gli piomba addosso come un falco: il portiere nerazzurro non può far altro che stenderlo, quando sono passati appena 2’. Pochi giri di lancette dopo, la conferma: Ilicic calcia da fuori area, Handanovic ci va goffamente con una mano aperta e il pallone rimbalza a mezzo metro dalla linea di porta dove, inutile dirlo, il falco Kalinic sta facendo il suo giro. Finirà 4-1 per la Viola con tripletta dell’attaccante croato e coscienza sporca per il portiere interista. Il picco massimo di questa stagione per uno coincide con l’abisso toccato dall’altro. Inevitabilmente, quando domenica sera si ritroveranno contro, sono ricordi che si risveglieranno.

Sfida western o terapia? – Era solo la sesta giornata, eppure alla vigilia di quell’Inter-Fiorentina già si parlava di scudetto per entrambe. Una corazzata, quella nerazzurra, che pareva inarrestabile e imperforabile. Troppo bella, poi, la Viola rifiorita sotto la cura Sousa per non inserirla tra le pretendenti al titolo più in bilico degli ultimi 15 anni. Ora, al massimo, c’è in ballo il terzo posto, e per di più con un occhio al retrovisore, ma il rinnovarsi del duello in stile western tra portiere e attaccante può avere ripercussioni importanti sul resto della stagione. Perché qui si tratta di recuperare fiducia (Kalinic è a digiuno da quasi due mesi, Handanovic è stato ingozzato di gol dagli avversari, ultimamente) e quale sfida, per farlo, meglio di quella che all’andata fu uno snodo cruciale per entrambi? Tornare sul luogo del delitto e affrontare i fantasmi: un duro confronto con il miglior se stesso per l’attaccante viola, un modo per guardare in faccia le proprie paure per il portiere nerazzurro.

Dopo quel 27 settembre… – Handanovic, che arrivò a quella sera pensando di essere quasi invincibile (aveva subìto appena un gol nelle 5 giornate precedenti) e ne uscì distrutto, ha fatto in tempo a risalire e riscendere. Si è lasciato alle spalle le papere dell’andata diventando l’unica vera certezza della squadra di Mancini, con il nuovo picco in occasione della parata aliena su Cigarini, contro l’Atalanta. E poi di nuovo giù: gol-beffa da Lasagna contro il Carpi, tris dalla Juve in Coppa Italia, tris dal Milan nel derby 4 giorni dopo, boccata d’ossigeno con il Chievo (caro vecchio 1-0) e nuovo tris dal Verona. Sei gol presi nelle ultime 3 di campionato, di cui la metà dall’ultima in classifica. Nessun errore colossale, ma se di mestiere fai il portiere sono cose che lasciano comunque il segno.

Kalinic, al contrario, prima di quella famosa partita era fermo a un gol in 5 gare (e con la sua “riserva” Babacar già a 2): all’improvviso si ritrovò a quota 4, sbloccandosi. Segnerà ancora, altre 6 volte, arrivando in doppia cifra. Ora però non si hanno più sue tracce dal 20 dicembre 2015, giorno del suo ultimo gol in A. Verrebbe da dire che l’Inter, per lui, arriva nel momento giusto, con il suo carico di ricordi che potrebbe risvegliarlo.

E pazienza se non sarà più, come un girone fa, lo scontro tra la squadra con la miglior difesa e quella con il gioco più spumeggiante: quella vale sempre lo scudetto, ma stavolta si gioca da un’altra parte.

Fonte: SkySport

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