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Christillin: “Mondiale 2026, prova di democrazia sportiva”

Christillin: "Mondiale 2026, prova di democrazia sportiva"Evelina Christillin (agf) Evelina Christillin, da europea nel Consiglio Fifa come vede questo Mondiale 2026 ingrassato?
“Non sarà bulimico, e comunque abbiamo nove anni di tempo per calibrare tutto. La formula a 32 squadre era ferma da Francia 1998, il calcio è sempre più globale, sempre più allargato, la Fifa ha 211 federazioni. Aumentare il numero dei Paesi è un fatto di democrazia, non solo di politica, e comunque viva la politica sportiva”.

L’Europa non è mica tanto contenta, però.
“Il voto è stato unanime, soltanto la Germania è apparsa critica ma tanto in campo lei vince sempre e comunque, no?”

Più squadre, più voti, più soldi, più contributi: anche più controlli?
“Assolutamente sì. In Consiglio, alla mia destra, siede Tomaz Vesel, lo sloveno che nella vita fa il presidente di Corte dei conti. Tocca a lui coordinare l’organismo di controllo, così come i requisiti di eleggibilità di ogni membro Fifa. Non sarà ovviamente finanziato alcun progetto senza le necessarie coperture, se qualcosa non convince si sospende e si verifica: l’epoca dei denari a pioggia è finita. Non è vero che la Fifa non cambia mai”.

È vero che potrebbe chiudere il Museo del calcio di Zurigo?
“No, decisamente. Ma dovrà diventare più sostenibile dal punto di vista economico, più vivo. È stato aperto meno di un anno fa ed è, come dire, già parecchio statico pur costando molto. Si tratta dell’ultima idea faraonica dell’ex presidente Blatter “.

Lei, signora Christillin, come presidente del Museo Egizio di Torino di faraoni se ne intende. Qualche spunto? Suggestioni?
“Ho fatto venire a Zurigo il direttore dell’Egizio, Christian Greco, e insieme a Boban abbiamo preparato un progetto per portare il Museo del calcio in giro per il mondo, anche nelle carceri e negli ospedali. Vogliamo creare borse di studio e mettere a disposizione delle università la nostra biblioteca. Un museo dello sport non può ridursi solo a pur nobili nobili magliette o scarpette, oppure a qualche teca piena di coppe. E non può prescindere dalla sua valenza sociale”.

A che punto siamo invece con il gruppo di lavoro sul calcio femminile?
“Avevano messo sei donne, una per ogni confederazione. Abbiamo detto no, grazie: bisogna lavorare insieme, maschi e femmine”.

Interviste sport

Protagonisti:
Evelina Christillin

Fonte: Repubblica

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