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Rimonte impossibili e ultimi minuti fatali, quando il calcio flirta con la fantascienza

Luis Enrique l’ha fatta davvero grossa. La remuntada più epica nella storia della Champions League, forse del calcio in generale, pochi giorni dopo l’annuncio dal suo saluto alla panchina del Barcellona, a fine stagione. Se l’allenatore asturiano cercava il fotogramma perfetto per piazzarsi per sempre nel cuore dei tifosi e del Camp Nou, missione riuscita. Anche perché aveva preannunciato la sestina al Paris Saint Germain che vale i quarti di finale in Coppa e un posto in prima fila nella leggenda. E perché a tre minuti dal termine, sul 3-1 per il Barça, il film era già confezionato. Con le parti del copione già assegnate. “Lucio” in tono dimesso che lascia la Champions tra gli applausi del Camp Nou dopo due anni di trionfi e un finale di stagione complesso, con la Liga più in direzione Madrid. E da parte parigina, l’epifania della Champions senza Ibrahimovic, il fuoriclasse che vince i campionati senza sfiorare neppure una volta in carriera la Coppa – tra Ajax, Juventus, le due milanesi, Barça e appunto Psg -, e stavolta impegnato a rischiare le caviglie sul campaccio di Rostov, in Europa League.

Una particina nel copione sarebbe andata anche a Sergio Ramos che nel ventre del San Paolo, dopo aver eliminato praticamente da solo il Napoli, si diceva felice di un’eventuale sconfitta dei nemici blaugrana al Camp Nou. E invece. Per la squadra dello sceicco Al Thani, la beffa del campo e anche la presa in giro su Twitter dell’Athletic Bilbao, tempista nel ricordare a Emery e soci che non avrebbe dovuto essere così complicato disperdere quattro gol di vantaggio sul Barça. Loro nel 2015 battevano 4-0 il Barcellona nell’andata della finale di Supercoppa spagnola, difendendo poi il vantaggio al Camp Nou. Ieri sera il calcio ha confermato la sua natura verticale, la sua legge darwiniana. Prima di Luis Enrique, un altro tecnico spagnolo, Rafa Benitez con il Liverpool, deteneva la palma della rimonta meno pronosticabile tra i libri contabili della Champions. Finale 2005 a Istanbul con il Milan di Carlo Ancelotti, avanti di tre reti a fine primo tempo, primo gol di Paolo Maldini, sicuro e meritato vincitore del Pallone d’Oro, se i rossoneri avessero alzato quella Coppa. Ma non accadeva, tre gol dei Reds in sette minuti nella ripresa, il resto, storia: Dudek ballerino pararigori che in precedenza fermava con il viso il tap in di Shevchenko a un metro dalla porta. La partita che aveva convinto Pirlo e Gattuso nelle settimane successive a lasciare Milanello, troppo pesante quella sconfitta dopo aver flirtato per 45 minuti con la Coppa.
 
Un anno prima, toccava ancora ai milanisti, campioni in carica in Champions League, che passeggiavano in casa – andata dei quarti di finale del torneo – contro il Deportivo La Coruna della generazione d’oro, Valeron, Pandiani, Luque, Fran. Quattro a uno, il ritorno in Galizia da vidimare in seconda marcia, una formalità. Invece al Riazor 90 minuti infernali, il Depor asfaltava il sogno del bis del Diavolo, tre reti nel primo tempo, il timbro di Fran a un quarto d’ora dal termine. Quattro a zero. La Coruna avanti e prima parte dell’incubo per i tifosi rossoneri, l’aperitivo della notte di Istanbul.

Nello stesso stadio dell’impresa del Barça con il Psg, il Camp Nou, nella stessa porta, 18 anni fa il Manchester United vinceva la finale di Champions League contro il Bayern di Monaco all’ultimo respiro, due gol in un battito di ciglia: prima Sheringham, poi Solskjaer ribaltavano lo svantaggio (Basler per i tedeschi), triplete (con Premier League e FA Cup) per Sir Alex Ferguson e la generazione del 1992, Beckham, Scholes, Giggs.
 
Ma i Red Devils hanno anche attraversato a piedi l’altro lato della Luna, cinque anni fa, con la Premier League che finiva ai cugini del Manchester City di Roberto Mancini, Mario Balotelli. Campioni di Sua Maestà all’ultimo giro di lancette nell’extratime, rete di Aguero contro il Queen’s Park Rangers, riagguantato da Dzeko sul 2-2 solo al 90′.
 
Ed è iscritto nel registro delle rimonte impossibili del calcio il Real Madrid, che nella semifinale Coppa Uefa 1985/86 si vedeva sventolata la manita dal Borussia Moenchengladbach: 5-1 in Germania. I blancos nella gara di ritorno – senza Hugo Sanchez, Grodillo, Chendo, Sanchis – al ritorno partivano forte, 2-0 in 18 minuti, doppietta di Valdano. Poi, nulla di fatto sino agli ultimi 14 minuti, doppietta di Santillana, 4-0, Real avanti sino al successo in finale contro il Colonia, una delle serate più belle nella storia dei Galacticos.

Fonte: Repubblica

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