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Urbano Cairo: “Il calcio non è svalutato ma servono riforme, sì al canale della Lega”

Urbano Cairo: "Il calcio non è svalutato ma servono riforme, sì al canale della Lega"Urbano Cairo (ansa) “LA verità è che vorrei essere al mio posto”. Il giorno dopo il grande shock – l’asta per i diritti tv della Serie A andata deserta – Urbano Cairo, editore e presidente del Torino, interviene per tranquillizzare tutti. “I presidenti dei club, i loro rappresentanti della Lega, l’advisor Infront, sono in una condizione ideale: hanno in mano un prodotto eccezionale, il calcio, che vale molto di più di quanto non abbia detto l’asta di ieri e anche di più di quanto sia valutato oggi. Si tratta solo di venderlo bene”.

Non sembra facilissimo.
“Ma è quello che dobbiamo fare. Fino a oggi abbiamo provato mettendo sul mercato il nostro prodotto in pacchetti divisi “per piattaforma”. Non ha funzionato, ed è quindi un’occasione d’oro per valutare insieme se non esista un metodo migliore”.

Lei preferirebbe procedere, come dice Sky, vendendo il calcio per esclusive?
“Dico soltanto che il prodotto è ottimo e noi ci troviamo davanti a tre strade. La prima è continuare come abbiamo fatto fino a oggi. La seconda è vendere il calcio come fanno in Inghilterra, che è il benchmark del nostro settore, ovvero vendere il nostro prodotto suddiviso in una serie di esclusive. E poi la terza…”.

Il canale di proprietà della Lega. I broadcaster sono convinti che si tratti solo di una minaccia irrealizzabile.
“Ma sta scherzando? Il progetto è fattibile e a mio avviso potrebbe valorizzare in maniera notevole il prodotto”.

Che comunque pare non entuasiasmare il mercato…
“Guardi, il calcio è una killer application, come si direbbe in America: uno di quei prodotti che moltiplicando l’interesse fanno crescere interi business. È così in tutto il mondo, non solo in Inghilterra o Spagna, ma anche in Germania e Francia. Ed è così pure in Italia. Ripeto: dobbiamo solo venderlo nel migliore dei modi. E non mi riferisco solo al mercato domestico, ma anche e forse soprattutto a quello internazionale: noi vendiamo la Serie A all’estero a 180 milioni l’anno; la Liga spagnola la vendono a 600”.

E come mai?
“Ho recentemente incontrato il capo della Liga: sono strutturatissimi, hanno persone in tutto il mondo che gestiscono contatti diretti con i broadcaster. In Lega dobbiamo fare così”.

Ma è proprio sicuro che il prodotto sia così straordinario?
“Penso di sì. Poi è vero che se una competizione viene vinta per sei anni dalla stessa squadra c’è qualcosa che non va”.

E come si interviene?
“Modificando la redistribuzione dei proventi dei diritti tv. In Spagna, dove ci sono Barcellona e Real, il 50 per cento si divide in parti uguali e alla fine la ripartizione è molto più equilibrata. Ma è lo stesso anche in Inghilterra”.

Ma non è eccessiva tutta questa dipendenza dai diritti tv?
“Sì. Forse dovremmo cominciare a non vendere alle tv l’intero programma domenicale: alcune partite si possono vedere solo allo stadio”.

Non c’è qualcosa di migliorabile nella gestione dei club?
“Noi presidenti abbiamo le nostre responsabilità, certo. Però diciamola tutta: anche il sistema dovrebbe venirci incontro. Se vogliamo più equilibrio dobbiamo fare gli stadi e sviluppare il merchandising.
E allora servono leggi per proteggere i nostri marchi e procedure certe per migliorare i nostri impianti. Vogliamo liberare il calcio dalla tv? Allora la politica deve aiutarci: da quanto tempo si parla di una riforma della legge Melandri?”.

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Protagonisti:
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Fonte: Repubblica

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