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Napoli, il giorno di “Re” Maradona: come nel 1984

Napoli, è il 5 luglio del 1984: Diego Armando Maradona sale per la prima volta le scale del San Paolo che, per 7 anni, sarà ai suoi piedi (foto Lapresse)

“Felicità! Vurria sapè ched’è chesta parola, vurria sapè che vvò significà. Sarrà gnuranza ‘a mia, mancanza ‘e scola, ma chi ll’ha ‘ntiso maje annummenà”. E allora Non ci resta che piangere, caro Totò. Ma dalle risate. Perché quella fu anche l’estate del film che consegnò alla leggenda Massimo Troisi (in coppia con Roberto Benigni). E il Principe De Curtis era un poeta, ancor prima che un comico: i suoi versi malinconici, come i palleggi di Maradona, ci restituiscono quel senso di felicità. Tutti insieme: Totò, Massimo e Diego che, il 5 luglio del 1984, diventava uno di loro, “napolitano” come loro. Oggi più che mai, quando piazza Plebiscito lo saluterà per la prima volta da cittadino (onorario) di Napoli, che risplenderà di quella felicità. Domani, ma soltanto domani, tornerà ad essere tante altre cose…

Il Regno di Napoli

In nome del proprio talento Totò, Troisi e Eduardo – che morirà proprio nell’84, ma farà in tempo a vedere Maradona – hanno combattuto una loro personalissima battaglia per allontanare i luoghi comuni che da sempre hanno sporcato Napoli come la sua ancestrale “monnezza”. Per carità, nessuno mette in dubbio che a Napoli ci sia sempre il sole; che la pizza migliore la mangi soltanto là; che abbiano tutti una bella voce e che ai semafori si debba passare rigorosamente con il rosso. Ma quell’estate felice del 1984 non c’era soltanto il folklore di “Tango de Maradona” e “Maradona e’ megli’e Pelé” a circolare sulle frequenze radiofoniche di Fuorigrotta. Appena una decina di giorni prima – per dirne una – Pino Daniele apriva il concerto milanese di Carlos Santana e Bob Dylan. E Luciano De Crescenzo – per dirne un’altra – vinceva il premio Bancarella con un libro sulla Storia della filosofia greca e i Presocratici. Ma allo stesso tempo dirigeva un film ispirato al suo romanzo “Così parlò Bellavista” che non poteva fare a meno di contemplare un pensiero poetico per il Pibe de Oro: “San Genna’, non ti crucciare. Tu lo sai, ti voglio bene, ma ‘na finta ‘e Maradona squaglie ‘o sang rint’ ‘e vene!”.

Perché Napoli è viva, “si move come il suo mare” direbbe l’attrice Lina Sastri, altra grande pionera di quella stagione magica. E reagisce alle disgrazie, alle malefatte, ai problemi, ma sempre a modo suo. Da popolo unico di un regno unico qual è. Risponde con il teatro, la musica, con il cinema e con i pugni di Patrizio Oliva. Insomma, il terremoto del 1980 mette in ginocchio una regione intera, ma genera anche una rinascita culturale, un fermento in tutti i campi: compreso il San Paolo, che quel giorno tremò di nuovo. Ma di gioia.  

Operazione San Gennaro

Certo, prima di arrivare a quel giovedì di 33 anni fa i napoletani rimasero col fiato sospeso per oltre un mese aspettando che Corrado Ferlaino e l’allora  direttore generale Antonio Juliano concludessero questo benedetto affare con il Barcellona. Ma i tifosi furono i primi a crederci, se è vero che un centinaio di bambini vennero battezzati col nome di Diego quando ancora Maradona era un sogno… In un’intervista di qualche anno fa a “Repubblica” il vecchio presidente degli azzurri rivelò come riuscì nel “miracolo” di prendere il più grande giocatore del mondo: “Juliano aveva contattato il Barcellona per un’amichevole. Accettarono, precisando che Maradona non ci sarebbe stato per un infortunio. Era falso, era in rotta con il club. Così partimmo. Ci chiesero 13 miliardi di lire, convinti che non avessimo i soldi. Ed era vero… finché Enzo Scotti, il sindaco, mi mise in contatto con Ferdinando Ventriglia, presidente del Banco di Napoli. Una trattativa infinita, chiusa all’ultimo minuto”.

“Il gallo ha fatto l’uovo”

E qui il capolavoro di napoletanità dell’ingegnere Ferlaino. “L’ultimo giorno utile (il 30 giugno ndr) presi l’aereo e andai in Lega a Milano, dove consegnai una busta vuota. Da lì con un volo privato a Barcellona: feci firmare Maradona e in piena notte tornai a Milano correndo in Lega. All’ingresso dissi alla guardia giurata che avevo sbagliato una procedura, salimmo negli uffici e di nascosto sostituii la busta: portai via la vuota e lasciai quella con il contratto. All’alba Napoli era in festa”. I giornali ebbero una misteriosa soffiata nella notte, in tempo per la ribattuta: “Il gallo ha fatto l’uovo” l’annuncio dall’altra parte del telefono. Il sangue del Santo si era sciolto.

“Buonasera napolitani!”

Maradona sbarcò a Fiumicino alle 14.05 di mercoledì 4 luglio. Visite mediche, passaggio in sede e cena a Capri: soltanto l’aperitivo di una giornata che passerà alla storia. L’idea iniziale della presentazione era suggestiva, quanto pratica: sarebbe atterrato in elicottero al San Paolo, evitando un trasferimento che avrebbe intasato ancora di più – se possibile – le arterie del capoluogo partenopeo. Ma rimase un’idea… Intanto la Polizia – per motivi di ordine pubblico, l’incasso andò in beneficenza – aveva imposto un prezzo simbolico del biglietto (mille lire!) e al San Paolo si presentarono già dal pomeriggio oltre 70mila persone. Uno spettacolo mai visto prima. Diego salì dalla scalinata e fu abbracciato dal suo popolo: “Buonasera napolitani! Sono molto felice di essere con voi, forza Napoli!” e quella palla lanciata di sinistro verso il cielo azzurro, che il mago di Baires colorerà presto di verde, bianco e rosso…

Le chiavi della feli-città

Quella stessa sera El Diez partirà per le vacanze, ma il suo cuore era già in fondo al Golfo: “Il modo in cui sono stato accolto non ha uguali in nessuna parte del mondo. Io rispetto e amo questa gente, e lo farò per tutta la vita. È incredibile che dopo pochi minuti dal mio arrivo ci fossero più di 70mila persone a salutarmi. Sì, a salutare un signore che si chiama Maradona e che gioca al calcio”. Eccola la chiave della felicità. E di un’intera città. Ieri, oggi e domani.

Fonte: SkySport

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