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Bergomi, vi racconto la mia finale del Mundial ‘82

Beppe Bergomi, riconoscibile dai folti baffi, accanto a Claudio Gentile e a Dino Zoff mentre alza al cielo di Madrid la coppa del mondo (Getty)

L’ex difensore, oggi commentatore di Sky Sport, è stato uno dei protagonisti della vittoria degli Azzurri di Enzo Bearzot sulla Germania Ovest di 35 anni fa. Ripercorriamo con lui le emozioni di quella sera allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid

Italia campione del mondo 1982. Oggi sono 35 anni dalla storica finale di Madrid contro la Germania Ovest che ha consegnato la coppa agli Azzurri. Tra i protagonisti di quella gara, Beppe Bergomi: maglia numero 3, baffoni da adulto, e per questo soprannominato “Lo zio”, ma appena 18 anni d’età. In lui i ricordi di quei 90’ sono ancora vivi. Ed emozionano.

11 luglio 1982. Qual è il primo pensiero che le viene in mente, ritornando a quella notte?

“Dico il gol del 2-0 di Marco Tardelli, assolutamente. Ricordo ogni secondo della sequenza che ha portato a quella rete e poi a quell’esultanza che ha fatto il giro del mondo. In generale ricordo tutta la gara, minuto dopo minuto. Ogni attimo è impresso nella mente. Ma il gol di Marco è in assoluto la prima immagine che ho davanti agli occhi appena penso a quella notte di 35 anni fa. E’ un qualcosa di indelebile”.

Nell’82 lei aveva appena 18 anni. Eppure si è ritrovato dal primo minuto a giocare la finale del Mondiale. Quando ha saputo che sarebbe sceso in campo dall’inizio?

“Fino alla fine la mia presenza è stata incerta. Doveva giocare Giancarlo Antognoni, ma era in dubbio per infortunio. Ricordo che il giorno prima della finale Tardelli venne da me e mi disse:  “Beppe, domani ti tocca marcare il biondo”, riferendosi a Karl-Heinz Rummenigge. A me parse da subito strano, perché i nostri difensori erano tutti in condizione e non c’erano squalificati e non credevo che Bearzot volesse sostituire Antognoni con me. E invece è andata proprio come mi anticipò Tardelli. Antognoni la mattina dell’11 provò, ma non era al 100 percento. Provò di nuovo dopo pranzo ma nulla. E così alle cinque del pomeriggio venne da me il mister e mi disse che avrei giocato”.

E lei come ha reagito? 

“Tutto sommato bene. Avevo 18 anni, tante cose le fai sempre con un po’ di incoscienza. Poi, proprio per la mia giovane età, ero un po’ più tranquillo perché avevo dei compagni che mi perdonavano anche davanti all’errore, erano tutti molto premurosi nei miei confronti. Quindi c’era emozione e la tensione giusta. Ma nulla di eccessivo”.

Quindi le gambe non le tremarono?

“Quello no, ma le farfalle allo stomaco c’erano. Eccome”.

Con chi era in stanza. E come fu la notte prima della finale di Madrid?

“In camera ero con Gianpiero Marini, che era mio compagno anche all’Inter e che mi mise il soprannome “lo zio”. Gianpiero è stato fondamentale, con me e con tutto il gruppo perché era sempre il primo a scherzare e a sdrammatizzare. E’ stato lui che anche prima della finale mi calmava”.

Il suo Mundial ha avuto il culmine nella finale contro la Germania Ovest. Ma era cominciato con un battesimo d’eccezione contro il Brasile ai quarti, dove l’Italia vinse 3-2 grazie alla tripletta di Paolo Rossi. 

“Esatto. Sin dal ritiro Bearzot mi aveva detto che se ci fosse stato bisogno, avrebbe puntato su di me. Allora in panchina si andava in 16 ed io ero il difensore di riferimento, qualora ci fosse stata necessita. E così, contro il Brasile arrivò la mia occasione. Al 34’ Fulvio Collovati si fece male ed entrai io. Ricordo che venne da me Bearzot e mi disse: “su ragazzo, scaldati”, che a quei tempi voleva dire due minuti di corsa e via. Una volta in campo sì, c’era un pizzico di emozione, ma contro quel Brasile non era concesso nulla all’emotività. Avevano un centrocampo stellare con Socrates, Cerezo, Falcao e con Leo Junior a fare il terzino. Fenomenali. Ma andò bene”.

Poi ci fu la semifinale contro la Polonia. E lei la giocò da titolare.

“Sì, partii dal primo minuto per la squalifica di Claudio Gentile. Ma non era una cosa scontata. Bearzot era indeciso se schierarmi o mettere un centrocampista in più perché il polacchi giocavano con una sola punta e una metà campo più folta. Alla fine ha scelto comunque me. E pure lì non ci furono problemi grazie alla doppietta sempre di Paolo Rossi”.

E arriviamo alla finale dell’11 luglio. Italia-Germania Ovest. Lei da una parte, Rummenigge dall’altra. Il giovane contro uno degli attaccanti più forti degli anni Ottanta.

“Ed è andata bene. Kalle era fortissimo, ma arrivò a quella partita non in perfette condizioni. Però con uno come lui non ti potevi mai fidare. In semifinale contro la Francia, per esempio, entrò dalla panchina e fu determinante con un assist e un gol. Era uno che non ti lasciava mai tranquillo. Quella sera a Madrid, per fortuna, le cose andarono come speravo”.

Ripercorriamo i momenti salienti della finale. Prima occasione per l’Italia al 24’. Rigore, ma Antonio Cabrini sbaglia. Cosa pensò il 18enne Bergomi?

“Non ci furono pensieri catastrofici. Ricordo però che, al di la della delusione per l’occasione sprecata, c’era in noi la convinzione di poter andare oltre ogni ostacolo, perché avevamo dalla nostra la forza del gruppo. Eravamo convintissimi che ce l’avremmo fatta, nonostante quell’errore di Antonio”.

E infatti al 56’ arriva il vantaggio con il solito Paolo Rossi.

“Sì, e fu una liberazione perché la partita fino a quel momento era stata molto spigolosa. Ricordo un sacco di contatti a centrocampo, soprattutto tra Lele Oriali e Ulie Stielike, due tipi tosti. Noi stavamo meglio dal punto di vista atletico. Tatticamente gli avevamo imbrigliati, come è spesso accaduto nella storia dei confronti tra Italia e Germania. Quindi il gol fu la logica conseguenza di questo. Ricordo la furbizia di Tardelli nel battere velocemente una punizione guadagnata da Oriali. Palla a Gentile, cross dalla destra, gol di Paolo di testa”.

Al 69’ arriva anche il raddoppio ad opera di Tardelli. E in quell’azione c’è anche il suo contributo.

“Esatto. Quel gol era l’orgoglio di Bearzot. Lui voleva i giocatori duttili, che sapevano difendere ed attaccare. Ci fu un contropiede. Ci ritrovammo io e Gaetano Scirea, due difensori, nell’area tedesca. Ci siamo scambiati la palla e poi passaggio di Gaetano a Tardelli che ha fatto quel gol. Ricordo tutto molto bene di quell’azione. E, soprattutto, non dimenticherò mai la felicità di Bearzot”.

Dopo il 2-0 c’era in voi la sensazione di avercela fatta?

“No, non potevamo permettercelo. Non fosse altro perché la Germania Ovest in semifinale aveva recuperato la partita dopo esser stata sotto 3-1. Il timore che potesse succedere la stessa cosa con noi c’era e ci ha tenuti sulla corda”.

Però a togliere ogni dubbio, all’80’, arriva il gol di Alessandro Altobelli.

“Ecco, lì ci siamo sentiti sicuri. Eravamo consapevoli che ce l’avevamo fatta. Poi i tedeschi hanno fatto il 3-1 ma sono sicuro che quella rete Breitner non l’avrebbe mai fatta sull’1-0 o sul 2-0”.

Ritornando con la mente a 35 anni fa, cosa ha significato per l’Italia e per la Nazionale quella vittoria?

“Ha significato qualcosa di semplicemente speciale, non so definirla in altro modo. E questo lo dimostra il fatto che, a 35 anni di distanza, tutti quelli che hanno vissuto quel mondiale lo ricordano con entusiasmo. D’altra parte non potrebbe esser diversamente. Abbiamo battuto nazionali come Argentina, Brasile e Germania Ovest. Davanti a imprese di questo tipo e contro avversari storicamente ostici, i tifosi non rimangono indifferenti”.

Quello fu anche il mondiale delle critiche verso di voi dopo una fase a gironi non esaltante.

“Certo. Ce ne dissero tante. Ma quelle critiche furono la nostra forza. Quella che poi ci ha spinti fino alla vittoria di Madrid. Dopo esser stati attaccati ci siamo compattati al nostro interno dando dimostrazione che quello era un gruppo vero e siamo andati contro tutti”.

Prima le critiche, ma poi in Italia ci fu un grande entusiasmo per voi.

“E’ stato un crescendo. Ovviamente tutto è cominciato dopo la vittoria sull’Argentina di Maradona. È stato bello vedere l’entusiasmo di quanti arrivavano a Madrid per sostenerci nella finale. Allora non c’era ancora Internet, ma quando chiamavamo a casa i nostri familiari ci raccontavano delle piazze piene e della gioia della gente per quel che stavamo facendo”.

Cosa farete per questo 35° anniversario?

“Da un mese abbiamo creato la chat su Whatsapp con gli altri campioni del mondo del 1982. Ne stiamo discutendo con gli altri. All’inizio volevamo fare qualcosa nell’agriturismo di Paolo Rossi proprio nella giornata di oggi, ma i tempi erano troppo stretti. Così abbiamo deciso di rimandare. Faremo di sicuro qualcosa a settembre perché questi 35 anni vanno ricordati e celebrati”.

Fonte: Sky

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