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L’analisi di Corbo: “La marcia inarrestabile della capolista, ma ADL deve risolvere alcune questioni”

La Nazionale ferma il campionato, lasciando due interrogativi. Il calcio italiano sceglie il più banale. Si chiede perché la Juventus abbia perso il comando della classifica. Già, come mai? Pesa più l’errore di Dybala su rigore o l’attesa dei verdetti del Var? Anche le trasmissioni nazionali della domenica sera trascurano l’altro tema, forse centrale: il Napoli, ecco non si parla abbastanza del Napoli, della quieta bellezza che domina il campionato. Con 7 vittorie su 7 corre senza affanno verso lo scudetto. Sa vincere anche con i ritmi bassi, avendo perfezionato il possesso palla e gli inserimenti dei suoi scattisti negli spazi difensivi più stretti.
L’attuale forza del Napoli si riflette nella faccia torva di Allegri, nella fragilità della Juve che per la prima volta nella storia recente dei sei scudetti non difende il vantaggio di due reti e si fa rimontare, nella insofferenza per il Var, l’occhio magico che Buffon contesta da tempo. Si rileva poi su qualche giornale l’originale lettura della classifica. Più che l’irresistibile Napoli in volo con il primato in pugno, fa notizia l’Inter terza che raggiunge la Juve al secondo posto. Lo scenario è sorprendente. Dice tante cose. Che ancora pochi credono nel Napoli leader, che resistono i pregiudizi sulla ricerca estetica del suo gioco quasi fosse solo velleità e non una acquista dimensione tattica, che la Juve deve guardarsi dall’Inter più che dal Napoli, da Spalletti più che da Sarri, dalla improvvisa ricchezza cinese di Milano più che da Napoli, la città povera di “Pane, amore e fantasia”.
Può essere una fortuna questo paradossale scetticismo: dà al Napoli il privilegio di avanzare verso lo scudetto sotto copertura, di vincere nell’ombra le partite con almeno tre gol ogni 90’, di subire gli stessi 5 gol della Juventus ma di segnarne 5 in più, 25 contro 20. Di non mettere in allarme gli avversari, di non eccitare troppo l’emotivo pubblico napoletano. La realtà è quella che non emerge. Il Napoli ormai funziona in tutti i suoi uomini, ha recuperato Hamsik ed ha il suo calcio. Se la Juve non ha sanato gli squilibri per un Buffon rientrato nella normalità, per una difesa che si spalanca come a Bergamo, per i suoi enigmi di formazione ed i languori di Higuain e Dybala; il Napoli come a teatro ha scritto con Sarri la sua commedia, la recita perché la conosce a memoria e sente sua. Chi oltre il Napoli può tener palla con 700 passaggi a partita, avanzare con triangoli stretti, concludere l’azione nelle più affollate aree di rigore? Il Napoli oggi è questo, una perfetta macchina da record.
Ma allo scudetto mancano 7 mesi, termina il 20 maggio, lontana la sfida decisiva del 22 aprile: Juve-Napoli a Torino. Giusto che i tifosi accompagnino con entusiasmi senza deliri la squadra, che la società l’assista, senza trascurarla come a volte appare. De Laurentiis da Los Angeles è finalmente tornato. Si fa sentire solo per sostenere l’utopia della A da 20 a 16 squadre. Con saggezza invece ha evitato interferenze. Oggi però tocca anche a De Laurentiis creare l’atmosfera che manca. Si vede solo una squadra che naviga nella felicità del suo gioco. Il presidente dovrà gestire con prudenza le grane segrete. Rimuovere i sassi dalla strada. Ce ne sono. L’infortunio di Milik assottiglia il già ristretto parco riserve, il settore destro merita l’acquisto di un difensore se possibile a gennaio, il contratto di Sarri e Mertens va osservato. Se per Ghoulam il rinnovo è tardivo ma possibile, i tifosi rabbrividiscono al pensiero che Mertens possa lasciare a fine stagione, così come deve essere gestita in cordialità la clausola del 30 aprile. Quella che può liberare Sarri, attraverso una penale di 8 milioni, cifra non eccessiva se si valuta l’interesse di tanti club per lo scorbutico artigiano toscano. Che si pensi già alla sostituzione, che giri il nome di Giampaolo, sono gli effetti perversi del web. Niente di vero, e se vero è un errore. Sta alla società tutelare la squadra. È da scudetto, lo merita, ma tutto deve ancora avvenire.

Antonio Corbo per Repubblica Napoli

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