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Verratti-Insigne, perché non hanno reso al meglio

Nel secondo tempo c’è un’azione che simboleggia in maniera inequivocabile l’impotenza di Verratti contro la Svezia: è fermo sulla fascia sinistra, quasi sulla linea laterale, e riceve il pallone da Chiellini, che è alla sua destra. A sinistra c’è Darmian, fermo. Ognuno è seguito da un avversario. Verratti alza la testa, guarda in avanti, e tocca il pallone per mantenerne il controllo, ma i suoi compagni sono tutti fermi in area, tranne Parolo che accenna appena un movimento per andargli incontro. Allora Verratti continua a toccare il pallone, controllandolo con la suola, quasi a salirci sopra come si fa per strada per indicare di chi è il pallone: e si muove per cercare un movimento, ma poi è costretto a rassegnarsi e scaricare all’indietro per Chiellini. Sembra calciare il pallone quasi come a dire: “Io mi arrendo, da solo non ce la faccio”.

Ventura sostituisce Verratti pochi minuti dopo quest’azione, la sua ultima in questi play-off di qualificazioni ai Mondiali: al ritorno non ci sarà per squalifica. La sua ammonizione nel primo tempo ha in qualche modo tolto un pensiero al CT azzurro: ormai è chiaro che Verratti è un giocatore completamente fuori contesto, a cui Ventura non è riuscito a dare dei compiti adeguati alle sue caratteristiche. Il paradosso del giocatore più tecnico e, potenzialmente, di maggiore influenza sul gioco italiano, che è diventato un problema irrisolvibile. Anzi, la sua presenza può essere persino deleteria per il sistema di gioco, perché Verratti non può garantire il set di movimenti richiesto: ampiezza, attacco della profondità, inserimenti in area, poco contatto con il pallone.

Far giocare Verratti con quei compiti, semplicemente perché sappiamo che Verratti è un ottimo centrocampista, non giova a nessuno. Al suo posto, alla ricerca di un guizzo, è entrato Insigne: e qui l’equivoco, se possibile, si è fatto ancora più grande.

La ricerca del miracolo di Insigne

“Nel calcio c’è un grande problema: si pensa di risolvere una situazione complessa attraverso un singolo”: questa frase di Sacchi è incredibilmente adatta a spiegare i problemi di Insigne in Nazionale, e a sintetizzare i suoi venti minuti finali (recupero compreso) contro la Svezia.

In qualche modo è già abbastanza complicato capire come Ventura non sia riuscito a ritagliare un posto da titolare al giocatore italiano più tecnico e più in forma (e la disparità di prestazioni tra Napoli e Nazionale è significativa delle difficoltà del nostro CT ad organizzare il talento, pur considerate le differenze tra un club e una Nazionale). Finora Insigne in azzurro è stato usato in modo completamente distorto, come l’uomo dei miracoli, colui che deve sempre risolvere con una giocata individuale.

Insigne, però, ha bisogno di un sistema di gioco funzionante per esaltarsi: non rende invece quando deve risolvere da solo la partita, non è quel tipo di giocatore. Quando entra in campo a Stoccolma sembra addirittura che non sappia bene dove posizionarsi: entra, parla con i compagni con aria poco convinta e si muove come un rabdomante per il campo, sempre lontanissimo dalla porta.

Fonte: Sky

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