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Il misterioso caso di Simone Scuffet

Ritrovare lucidità

Nel percorso tortuoso della carriera di Scuffet, la perdita del posto da titolare dopo sole 5 partite  quest’anno – nel primo campionato di Serie A nel quale partiva con l’idea di giocare sempre – non era contemplata. Ancora una volta il portiere friulano si è trovato dentro a un vortice che non sembra avere fine, e che sicuramente non si aspettava quando debuttò così sorprendentemente in Serie A.

Scuffet ha confermato a maggio 2016 di essere stato al centro di un’altalena troppo grande di giudizi su di lui, quasi sempre lontana dalla realtà effettiva: «Io sono convinto di essere più forte ora. Ho fatto errori anche due anni fa, solo che il primo anno te li perdonano, non li vedono. Adesso è diverso». Al centro dell’equivoco su di lui c’è forse il famoso mancato passaggio all’Atletico Madrid nell’estate del 2014, subito dopo le prime esperienze in Serie A. A Scuffet è stato rimproverato di aver appoggiato – o comunque di non essersi opposto – la decisione dei genitori di fargli concludere le scuole superiori, rinunciando a un quinquennale in una delle squadre più prestigiose del mondo.

In seguito Scuffet ha analizzato da un altro punto di vista quell’episodio: «Non è vero che ho detto di no all’Atletico per finire la scuola. Ho scelto di restare a Udine per l’ambiente e per i preparatori dei portieri. Volevo continuare a crescere lì, sentivo che era la cosa giusta e ora penso che lo era davvero. Magari in futuro mi servirà di più un anno di panchina a Udine che una stagione in Spagna, chissà che avrei fatto là. In quell’anno di panchina (2014-15, nda) ho imparato molto». Effettivamente Jan Oblak era stato appena acquistato dall’Atletico, anche se in pochi si aspettavano che fino a marzo lo sloveno sarebbe stato la riserva di Miguel Ángel Moyà, ma il ragionamento a monte di Scuffet di rimanere a Udine presupponeva la continuità nel posto da titolare – prospettiva evidentemente migliore nella sua testa rispetto alla panchina con Simeone – negata però da Karnezis e dalle scelte di Stramaccioni.

Dopo un anno passato interamente da riserva, Scuffet si è trasferito temporaneamente a Como per avere l’opportunità sicura di «giocare almeno quaranta partite». Anche quando è stato ripescato la scorsa stagione, tornando alla ribalta, ha detto di aver sentito molta pressione: «È stata dura, soprattutto quando sono entrato a Pescara a undici minuti dalla fine, ero freddo». Insistendo poi sul valore dell’esperienza delle partite vere: «La cosa più importante è giocare, due anni senza farlo sono stati pesanti».

Anche la stagione a Como, pur avendo segnato continuità sul campo da gioco, è stata difficile da digerire per i risultati sul campo. Stefano Strappa, osservatore dell’Udinese, riguardo al ritorno alla base dal prestito nonostante Karnezis sia rimasto, ha detto: «È stato riportato a Udine per cercare inizialmente di recuperarlo psicologicamente dopo l’esperienza non semplice a Como. Simone è un ragazzo tipicamente friulano, un po’ freddo, molto legato alla terra e all’ambiente che l’hanno cresciuto. Anche per questo ha rifiutato l’Atletico Madrid».

Rimangono però molti punti interrogativi su quel rifiuto che gli ha cambiato la carriera, finora in negativo. L’intenzione dell’Udinese era senz’altro quella di monetizzare una buona plusvalenza, facendo contemporaneamente spazio a Meret per gli anni successivi, considerato il vero gioiello della porta del settore giovanile bianconero. Ma d’altra parte il rifiuto di Scuffet presupponeva una maggiore consapevolezza di rimanere a Udine per continuare a giocare come per tutto il girone di ritorno 2013/14. Se avesse saputo di essere destinato a due anni di panchina alle spalle di Karnezis avrebbe sicuramente accettato la proposta dell’Atletico, con più competizioni da giocare e con più opportunità, pur essendo destinato al ruolo di secondo di Oblak.

La tesi che circolava durante la sua permanenza in panchina era quella che l’Udinese lo avesse punito per aver rifiutato l’offerta dell’Atletico. È difficile però pensare che i Pozzo abbiano compiuto un gesto così machiavellico e in fondo anche autolesionista. Forse, invece, il suo debutto è stato affrettato proprio perché si sapeva che stava arrivando un altro portiere alle sue spalle, programmando evidentemente una buona cessione per entrambi in momenti differenti. Ma così facendo si è accelerato tutto quel processo di crescita e di gestione delle pressioni che per un portiere è estremamente delicato, come testimoniato da alcune incertezze patite recentemente da Gianluigi Donnarumma.

Rimangono però alcune ombre anche nella gestione societaria attuale del giocatore, tornato in panchina dopo le sole prime cinque partite di una stagione che avrebbe dovuto rappresentare il lancio definitivo della sua carriera. Effettivamente Scuffet non sempre è stato brillantissimo: lento sul primo gol e mal posizionato sul secondo contro il Chievo, troppo audace ad anticipare l’uscita e ad andare a vuoto (anziché rimanere in porta tentando di fare quantomeno da sagoma) sul primo gol di Kalinic, a distanza ravvicinata. Fino all’errore più vistoso, nel primo gol incassato contro il Torino.

Ma la perplessità più grande riguarda non tanto le motivazioni delle scelte dell’Udinese ma le tempistiche. I bianconeri, quando erano ancora guidati da Delneri, dovevano lottare per la salvezza e avevano bisogno di un portiere d’esperienza come Bizzarri. Delneri aveva commentato: «Quando la situazione sarà più tranquilla, Scuffet tornerà tra i pali». Scuffet ci ha messo del suo, offrendo prestazioni non perfette a inizio stagione. Il suo momento psicologico attuale è testimoniato in maniera lampante dall’errore maldestro nell’amichevole dell’Under 21 contro l’Ungheria: un episodio che porta a chiedersi dove debbano finire le responsabilità della società e dove invece debba cominciare la forza psicologica di un giocatore che, come tutti, deve affrontare la gavetta.

L’arrivo di Oddo sulla panchina ha portato grossi cambiamenti positivi alla squadra, ma non alla carriera del suo giovane prodotto del vivaio. Tutto questo nonostante quello a cui aspirava Del Neri, ovvero la situazione tranquilla di classifica, si sia materializzato: ma forse Oddo in questo momento sa che si sta giocando anche molta credibilità personale, decidendo in questo modo di puntare sul portiere più affidabile, assecondato dalla società. A sua volta, il giocatore potrebbe davvero pensare di uscire definitivamente dall’orbita societaria per resettare tutto il contesto mentale fatto di resistenza alle pressioni, autostima, fiducia percepita da società e compagni di squadra, determinante per il rendimento di un portiere.

La carriera di Scuffet non meritava forse fin da subito quei prematuri ed esagerati elogi, ma siamo comunque di fronte a un talento non comune, che merita nei prossimi anni di diventare un protagonista del nostro calcio.

Fonte: SkySport

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