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Ecco come gioca lo Shakthar di Fonseca

A proposito di periodizzazione tattica: un esercizio di uno contro uno durante uno degli allenamenti di Fonseca allo Shakhtar.

La storia di Fonseca è contraddistinta da una circolarità evidente e il suo punto di partenza, uno degli infiniti da cui si può partire per disegnare un cerchio, sta nel fatto è che è nato in Mozambico quando ancora era una colonia portoghese, nella città che nel 1953 diede i natali proprio a Carlos Queiroz: Nampula.

Corsi e ricorsi

Fonseca inizia ad allenare a 32 anni nelle giovanili della Estrela da Amadora, la squadra in cui ha passato le ultime quattro stagioni della sua dimenticabile carriera da centrale di difesa. Quella da allenatore, invece, all’inizio sembra avere i connotati della predestinazione, persino nelle serie minori dove inizia a muovere i primi passi: dopo Amadora, Sintra e Odivelas, nel 2009 arriva alla Pinhalnovense, una squadra di terza divisone, che porta per due volte di fila ai quarti di finale della Coppa di Portogallo.

Nel 2011 passa in Serie B, al Deportivo das Aves, e conquista promozione e nuovamente i quarti di finale della coppa nazionale. L’anno successivo arriva la consacrazione definitiva: viene assunto dal Paços de Ferreira, in Primeira Liga, e arriva, contro ogni pronostico, al terzo posto, portando la società in Champions League per la prima volta nella sua storia. Delle 41 partite giocate in quella stagione ne perde solo 6, tutte e 6 contro le tre grandi di Portogallo: Benfica, Sporting e Porto, che alla fine di quella stagione decide di ingaggiarlo nonostante avesse insperatamente vinto il campionato.

È il momento in cui Fonseca sembra diventare davvero un predestinato: d’altra parte al Porto ci si aspetta da lui una nuova età dell’oro, dopo quelle di Mourinho e Villas Boas. Le cose iniziano bene, Fonseca vince la Supercoppa, ma poi il destino gli sfugge dalle mani, nonostante provi a guidarlo con le parole. A gennaio dice che: «Saremo campioni all’ultima giornata», ma nemmeno due mesi dopo viene esonerato con il Porto ancora terzo in classifica e a 9 punti dal Benfica capolista. Anni dopo dirà: «Forse sono arrivato troppo presto al Porto. Le cose oggi andrebbero diversamente».

La sua carriera smette di avere la forma della linea retta – una freccia orizzontale verso il successo – e ricomincia dal Paços de Ferreira, chiudendo un primo ciclo. La sua carriera deve tornare indietro per andare in avanti. Dopo un’annata interlocutoria al Paços de Ferreira, nell’estate del 2015 Fonseca viene chiamato dal Braga, che ha appena chiuso una grande stagione con una delle delusioni più cocenti della sua storia recente: dopo essere arrivato quarto in campionato, è uscito sconfitto dalla finale di Coppa di Portogallo, vittima dello Sporting ai rigori, dopo essere stato in vantaggio fino al 93esimo. Il Braga non arrivava in finale di Coppa del Portogallo dal 1998 e non la vince addirittura dal 1966.

L’anno successivo, con Fonseca in panchina, il Braga finisce ancora una volta quarto, con lo stesso identico numero di punti della stagione precedente, e arriva nuovamente in finale di Coppa di Portogallo: questa volta però non c’è lo Sporting – che il Braga ha eliminato agli ottavi per 4-3 ai tempi supplementari – ma il Porto. La partita sembra seguire un percorso lineare: il Braga dopo un’ora di gioco è sul 2-0. André Silva, però, dopo aver segnato un primo gol al 61esimo del secondo tempo, pareggia con una rovesciata senza senso a meno di quattro minuti dalla fine.

La partita si trascina fino ai rigori, proprio come l’anno precedente, ma questa volta è il Braga a sollevare la Coppa di Portogallo, esattamente 50 anni dopo l’ultima volta. Finita la partita, Fonseca apre la conferenza stampa dicendo: «Ho sempre pensato che la storia non si sarebbe ripetuta».

Fonte: SkySport

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