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Champions, le chiavi tattiche di Real-Liverpool

A 37 anni di distanza dalla finale dell’edizione 1980-81 della Coppa Campioni, Liverpool e Real Madrid si ritrovano a disputare, l’uno contro l’altro, l’ultimo atto della maggiore competizione europea per club. Allora, al Parco dei Principi di Parigi, il Liverpool si impose per 1-0 conquistando la coppa per la terza volta, dopo i due successi consecutivi del 1977 e del 1978.

In quegli anni la Coppa dei Campioni era territorio di caccia privilegiato delle squadre inglesi che, dal 1977 al 1982, conquistarono 6 trofei di fila, una striscia di vittorie di una singola nazione ancora imbattuta. A Parigi, il Liverpool guidato da Bob Paisley, storico braccio destro di Bill Shankly e suo successore dal 1974, prevalse sul Real Madrid di Vujadin Boskov per 1-0, con un gol a 9 minuti dalla fine del terzino sinistro Alan Kennedy al termine molto tattica e giocata con prudenza dalle due squadre.

La prudenza, stavolta, non sembra la caratteristica principale di nessuna delle due squadre. Liverpool e Real Madrid hanno segnato più di chiunque altro in questa edizione di Champions League: i “Reds” hanno messo a segno ben 40 reti, gli spagnoli 10 in meno; anche considerando la media gol a partita i numeri rimangono eccellenti: solo il PSG, con 3.4 gol per match, ha segnato mediamente di più delle due finaliste.

Le statistiche avanzate confermano la pericolosità offensiva delle due squadre, che hanno prodotto più Expected Goals di qualsiasi altra squadra di Champions League. Curiosamente gli xG di Real Madrid e Liverpool sono praticamente identici, pari a 2.2. Uno dei temi della finale non può quindi che essere la sfida tra gli attacchi di Klopp e Zinédine Zidane. O, in maniera forse più corretta, la capacità delle due fasi difensive di contenere le offensive avversarie.

La trazione anteriore del Liverpool

L’attacco del Liverpool è stato dominante in questa edizione della Champions League. Limitando lo sguardo esclusivamente alla fase a eliminazione diretta, il Liverpool ha segnato 5 gol al Porto (tutti nella partita d’andata), 5 al Manchester City e ben 7 alla Roma. Il calcio heavy metal di Klopp si è affinato, adattandosi alle caratteristiche dei giocatori del suo Liverpool.

L’obiettivo del tecnico tedesco è quello di sfruttare la velocità dei suoi giocatori offensivi attaccando difese aperte e spazi poco coperti. Storicamente le squadre di Klopp perseguivano tale scopo utilizzando come base di partenza del proprio attacco il pressing, ossessivo, portato sul possesso degli avversari. Il recupero alto del pallone consentiva alle sue squadre di giocare ripartenze veloci su distanze medio-corte, sfruttando gli sbilanciamenti delle difese avversarie successivi alla perdita del possesso. Senza rinunciare a fasi di pressing alto, la strategia di recupero palla del Liverpool ha in questa stagione aggiunto fasi di occupazione difensiva degli spazi ad altezza media, dove fare scattare la pressione.

Il recupero palla più basso (testimoniato anche dai dati delle statistiche più avanzate) regala maggiori spazi da attaccare alle ripartenze verticali dei tre velocissimi attaccanti di Klopp ed è più congeniale alle caratteristiche dei non velocissimi difensori centrali del Liverpool, van Dijk e Lovren, riducendo lo spazio da difendere alle loro spalle.

Manchester City e Roma, in maniera diversa, hanno concesso ai “Reds” lo spazio necessario a sviluppare il loro incontenibile attacco. Nessuna squadra nella fase finale della Champions ha provato a difendere posizionalmente e a intasare gli spazi in fase per costringere il Liverpool ad attaccare con continuità una difesa schierata, creando un ambiente tattico meno favorevole alla squadra di Klopp.

La difesa aggressiva del Madrid

Il Real Madrid di Zidane rappresenta un esempio di sistema “autorganizzato”, in cui a definire il profilo e le tendenze della squadra sono le capacità e le connessioni tecniche tra i calciatori. È pertanto una squadra estremamente fluida, che prende forma primariamente dalle qualità dei calciatori e dai loro istinti in campo e, solo marginalmente, da un modello astratto ideato dal suo allenatore.

Se l’attacco beneficia del caos creativo degli uomini di Zidane, minori sono invece i vantaggi in fase difensiva. I numeri difensivi del Real non sono entusiasmanti: in Liga ha chiuso il campionato solamente al quinto posto nella classifica dei gol subiti (1.16 a partita) con un dato parecchio coerente con quello degli xG subiti (4° posto, 1.11 xGa a partita). In Champions League i gol subiti sono stati di più (1.25 a partita) con un considerevole peggioramento, contro avversari mediamente più forti, degli xG subiti (1.49 a partita, solamente al ventitreesimo posto nella competizione).

In accordo con la natura adattativa e per questo mutevole del gioco della squadra, il Real può difendere utilizzando varie strategie, anche se probabilmente ottiene i migliori risultati difendendo aggressivamente in avanti, utilizzando la densità offensiva che usa abitualmente creare, per provare a riconquistare velocemente in transizione difensiva. Tuttavia, una strategia di questo tipo presenta limiti piuttosto evidenti: il disordine posizionale generato in fase offensiva genera squilibri in fase di transizione difensiva che basa, pertanto, le sue fortune più sull’aggressività e le capacità individuali dei singoli calciatori che sull’organizzazione di tempi e spazi di riconquista e di forzatura dell’errore avversario.

Un esempio ci arriva dall’ultima partita giocata in campionato (finita 2-2) contro il Villarreal.

Fonte: Sky

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