ALTRI SPORT & VARIERUSSIA 2018

Uruguay, alla scoperta di Nahitan Nandez

L’esordio di Nahitan in Nazionale, tre anni fa, vale già di per sé come un piccolo compendio del suo stile di gioco.

Nandez è molto di più di un semplice distruttore di manovra: è un centrocampista moderno, ultradinamico, capace di recuperare rapidamente il possesso attraverso un’applicazione costante del pressing (mostrando anche ottime qualità decisionali, quindi cognitive), e a un’accelerazione, grazie a doti atletiche non indifferenti. Ma, come detto, una volta recuperato il pallone, sa anche come giocarlo.

Nella gara degli ottavi contro il Portogallo è stato l’uomo che dopo Suárez ha tentato più duelli offensivi (10) e dribbling (5). In media recupera 10 palloni a partita, senza paura di involarsi subito dopo verso la porta avversaria, anche in virtù di una specie di cosciente spericolatezza. Un giocatore che non perde mai l’agonismo, ma che ha trovato la chiave per farlo diventare parte dell’armonia del reparto, e del suo stile di gioco.

Il gioco di Nahitan Nandez è la storia della sua evoluzione: nella sua pur breve carriera, spesa tra Peñarol (del quale è stato il più giovane capitano della storia) e Boca Juniors in Argentina, oltre che nella Celeste, è stato centrale difensivo, laterale di centrocampo (come nella gara d’esordio contro l’Egitto), volante difensivo de doble cinco («all’inizio» ha raccontato «davo calci come un pazzo, ma perché arrivavo sempre in ritardo») e volante de juego, ma anche enganche e mezzala. Una poliedricità, e uno spirito di adattamento, che ne testimoniano al tempo stesso la modernità e l’aderenza alla tradizione.

Nahitan Nandez è il perfetto eroe per caso: in bilico tra un carattere fumantino (per una rissa in Libertadores si è guadagnato un Daspo di due mesi dalle tribune degli stadi) e scaramanzie molto tenere (porta sempre con sé due elfi che gli ha regalato la madre e che fa baciare ai compagni prima di scendere in campo), la sua leadership silente potrebbe rappresentare per il calcio uruguayano una via nuova, un nuovo corso.

«Bisogna essere duri, ma senza perdere la tenerezza». È una frase del Che Guevara, che piace molto a Oscar Washington Tabárez, e che sembra appartenere anche a Nandez, quando esce in maniera lucida e pulita dal pressing avversario. Affrancandosi, casomai, anche da qualcosa di più grande degli avversari, e cioè dai cliché.

Fonte: Sky

Commenti
Segui il canale PianetAzzurro.it su WhatsApp, clicca qui