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Subasic, contro tutte le divisioni

Boulougne sur Mer, Maggio 2012. Il campionato non ha più granché da dire, a quel punto, e Subasic ha scommesso con Amitrano che se gli fosse capitata l’opportunità avrebbe calciato una punizione. E l’avrebbe segnata. L’arbitro sembra il più preoccupato della scena, sembra volergli ricordare gli obblighi dell’etichetta, i rischi che si corrono così distanti dalla propria porta. Ma Subasic ha già il film scritto nella sua testa. L’uomo che corre ad abbracciare quando il pallone supera la barriera è il suo preparatore, mentore, principale sostenitore, Amitrano.

Subasic è una figura rassicurante. Vicino alle 100 presenze in Ligue1 ha stabilito un record: nessun giocatore con almeno 30 partite stagionali disputate in Ligue1, fino a quel momento, aveva mai raggiunto il suo tasso di conversione in parate, il 76% dei tiri totali subiti.

Ha sempre rifuggito la solitudine archetipica dei portieri. «Non penso mai “io, io, io”. Ma quale “io”! Senza i miei compagni di squadra, non sono niente. Me ne fotto dei premi ai portieri».

Nascosti dietro l’estrema concentrazione e dedizione al lavoro, sotto la coltre di una ritrosia per niente altezzosa o arrogante, Subasic, poi, si porta dentro i demoni. Così invadenti da farlo esplodere in lacrime in ogni intervista.

Ed è un problema non da poco, quando la tua filosofia poggia sull’assunto che il calcio si giochi, essenzialmente, nella testa.

Convivere con i fantasmi

Dopo la vittoria contro la Russia, che ha portato la Croazia in semifinale, Subasic in conferenza stampa si è commosso. Con la voce strozzata ha dedicato quel risultato insperato, per certi versi impronosticabile, a Hrvoje Custic.

Custic è morto in campo, dopo un infortunio di gioco. Subasic era suo compagno di squadra, ed è in qualche modo convinto che se l’attaccante oggi non c’è più sia un po’ per colpa sua.

Nell’aprile del 2008 lo Zadar sta affrontando l’HNK Cibalia. La partita è iniziata solo da pochi minuti, e Subasic indirizza un rilancio lungo verso l’attaccante, che nel tentativo di tenere il pallone in campo si sbilancia e sbatte la testa contro un muretto di recinzione a pochi metri dalla linea del fallo laterale.

«Me lo ripeto ogni volta: se non avessi giocato quel pallone verso di lui, oggi sarebbe ancora vivo». I medici si rendono subito conto della gravità della situazione: Custic viene trasportato d’urgenza in ospedale, dove viene sottoposto a un intervento d’emergenza al cervello, e gli viene indotto il coma. Sei giorni più tardi ne verrà decretato il decesso cerebrale. Un’infezione lo porterà alla morte di lì a poco.

«Subito dopo la partita ho sentito il bisogno di andarmene. Sono andato in America, ma facevo fatica a dormire. Il jet lag mi torturava. E ogni volta che mi svegliavo, in piena notte, mi tornava in mente quello che era successo. Mi chiedevo perché avessi giocato la palla lunga su di lui, perché non avessi rinviato a centrocampo». «Come aveva potuto, il fato, il destino, fare sì che succedesse?».

Ogni volta che scende in campo, “Suba” indossa sotto la divisa di gioco una maglia con la foto di Custic. Lo fa praticamente da sempre, e non ha intenzione certo di smettere ora, anche se la FIFA lo ha ammonito sulla contrarietà al regolamento di esporre messaggi personali in campo. «Non me ne frega niente», è stata la sua risposta laconica.    

Se potesse cancellare sei minuti della propria vita, forse Subasic sceglierebbe quel lancio lungo, quella rincorsa finita contro il muretto.

Per comprendere la portata devastante che la morte del compagno ha avuto sulla percezione della vita dentro e fuori dal campo di Subasic non bisogna dimenticare che nel momento storico in cui si è realizzata questa piccola tragedia, Subasic era appena uscito da un’altra situazione psicologicamente stressante.

Qualche mese prima, appena ventiduenne, ha deciso di sposare la fidanzata Antonija, che ha conosciuto all’università, ai corsi di filosofia. Ma il padre di lei, Ante, non è propriamente d’accordo. Perché “Suba”, nella visione di Ante, è un “mezzosangue”, un nemico, una specie di macchia etnica sulla patente sovranista della sua famiglia. Perché Subasic è figlio di un serbo, e Ante non può proprio accettarlo, un affronto del genere. «Se sposi un serbo», arriva a minacciare la figlia, «ti uccido». Antonija, spaventata, denuncia la lettera minatoria del padre al commissariato di Islam Latinski, il paese dell’entroterra zarino in cui vive. E il giudice per le indagini preliminari, a scopo precauzionale, ne commina l’arresto.

Contro il nazionalismo più violento

È un assunto così pacifico che nondimeno colpisce il modo in cui la figura di Subasic, nelle ultime settimane, si sia trasformata in Croazia in una specie di volano per una riflessione ad ampio respiro, che mina le fondamenta del sovranismo nazionalista e contribuisce a ridefinire la lettura dell’ultimo ventennio di storia del Paese. Un ruolo che speriamo non venga pregiudicato dalla brutta prestazione in finale, e che molti gli stanno già rimproverando.

Non c’è ritratto di Subasic che riesca a prescindere dall’emblematicità della sua storia personale, delle sue radici, delle sue appartenenze: e ogni storia risulta in un tentativo di legittimazione della vittoria del meticciato, dell’interculturalità, come se il successo sportivo in qualche modo servisse a sciogliere il nodo gordiano della sempiterna, intestina rivalità che cova in seno all’epicentro degli stravolgimenti balcanici degli anni Novanta.

Ante Tomic, du Jutarnj List, più di ogni altro ha centrato il punto: «In tutto il nostro paese hanno festeggiato quelli dell’HDZ, gli ustascia, le suore, le prostitute (…). Hanno tutti urlato di gioia nel momento paradossale in cui, accanto a più di 500mila ex combattenti della patria croata, a difenderla, la patria, c’era un serbo».

Il motivo per cui l’editoriale di Tomic colpisce nel segno sta tutto nel provare a immaginare gli effetti che la perpetuazione di una visione “negativa” di Subasic-in-quanto-serbo avrebbe riversato sulla realtà, distorcendola, causando un effetto simile al dissolvimento delle foto di famiglia di McFly quando si intromette nella storia d’amore tra i suoi genitori.

Fonte: SkySport

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