EDITORIALE- Napoli, un tricolore “programmato” (a metà)

È stata una gioia indescrivibile questo quarto scudetto, l’altalena di emozioni che ci ha fatto vivere il finale di stagione ha messo davvero a dura prova le coronarie di molti tifosi, ma amare a volte fa rima con soffrire, e probabilmente si è arrivati vittoriosi al traguardo perché si è affrontato il percorso tutti uniti, in primis i tifosi, con occhi ben saldi sull’obiettivo.

Purtroppo è durata poco questa coesione, perché un secondo dopo che i pullman in festa sul lungomare hanno spento i motori, ecco che è ricominciata incessante la guerra intestina, a livello che Orazi e Curiazzi ci fanno un baffo.

“Chiedete scusa ad AdL”, è questa la sintesi del pensiero di coloro che, diuturnamente, fungono da “guardiani della notte” del bilancio (e per estensione del Presidentissimo), senza avere il buon senso di fermarsi un secondo, guardarsi indietro, e rendersi conto che forse, e dico forse, chi criticava un certo modo di agire tutti i torti non li aveva.

Emblematica è stata l’ultima stagione, che a parer mio, in 12 mesi palesa cosa era giusto chiedere e cosa sbagliato sostenere, può essere che non avete notato una tale evidenza?

Ed allora mettetevi comodi, armatevi di popcorn e patatine, perché provo a riassumere il tutto: Era appena terminato un anno che definirlo disastroso era riduttivo. Chiudiamo il campionato al 10 posto(record negativo per una squadra scudettata), dopo aver cambiato 3 allenatori ed aver acquistato atleti decisamente non funzionali al “contesto”.

Il peccato originale fu “chiunque può allenare questa squadra”, ma anche i peccatucci a corredo (Traorè, Dendoncker, etc.) hanno determinato il dramma (sportivo), però guai a farlo notare illo tempore, perché il minimo che ti poteva capitare era “allora Kvara e Kim non ti hanno insegnato nulla?”, come se fosse quasi Cassazione.

Dopo un simile abisso bisognava necessariamente cambiare registro, ci voleva qualcuno che non fosse la solita scommessa, un vincente insomma, ma soprattutto bisognava essere consapevoli che un Ancelotti bis (grande allenatore, piccolo mercato) sarebbe stata una catastrofe, ed è questo che una parte di noi tifosi, quella parte che non fa del bilancio l’unica ragione di vita, chiedeva a gran voce.

Ed ecco che qualche tassello inizia a mettersi al suo posto: Arriva Antonio Conte (uno che se ne strafotte dei piazzamenti, e fa della vittoria l’unica sua ragione di vita professionale), e di lì a poco viene annunciato Buongiorno, probabilmente il più forte centrale difensivo italiano.

“È uscito pazzo ‘o padrone” si inizia a vociferava, con alterni stati d’animo in verità (preoccupazione per i bilancisti, gioia per i risultatisti), ma il lupo perde il pelo e non il vizio, e quindi si arriva ad iniziare le competizioni ufficiali, ma pratica con la squadra dell’anno precedente, senza però Osimhen lì davanti, e questo fa un tantinello incavolare Conte, che da par suo alza la voce (poco in pubblico, molto in privato) e come d’incanto arrivano gli elementi che aveva richiesto, senza che si aspettassero ad oltranza i danari per la cessione di Victor (come da protocollo della sscn).

E non solo, perché la vera “anomalia” consiste nel fatto che ad arrivare non sono i soliti prospetti , come accadeva gli anni precedenti, ma gente “attempata”, pronta e funzionale, insomma acquisti mirati a raggiungere un obiettivo sul campo e non dal commercialista (le famose plusvalenze). In parole povere, il presidente del Napoli aveva concretizzato le richieste che un popolo di “tifosotti” (cosi veniamo definiti, sigh!) avanzava da tempo, accantonando frasi del tipo “è vecchio”, o “sono io il vostro Cavani” ed affidandosi anima e corpo al buonsenso (ovvero a Conte).

E questo modo d’agire, incredibile a crederci (ironizzo), funziona che è una meraviglia, perché il Napoli, dopo un iniziale momento di sbandamento, si piazza primo in classifica e supera le feste natalizie con il vento in poppa.

Però si sa, le cattive abitudini sono dure a morire, e quindi a gennaio ecco che, in piena crisi nostalgica (ironizzo nuovamente), la dirigenza azzurra, tra quasi obblighi (cessione di Kvara) e scelte conservative (dei danari), decide di non acquistare il difensore e di prendere il simpaticissimo Okafor, appena scartato dal Lipsia per problemi di natura atletica. Insomma, ridimensionando l’organico in piena lotta per il titolo, ha fatto un capolavoro al contrario, in onore dei vecchi tempi (vedi gennaio 2018).

E tutto ciò si ripercuote chiaramente sull’andamento della squadra, in quanto se è vero che alla fine per il grande lavoro di Conte vinciamoil quarto titolo, va sottolineato che per quanto successo a gennaio, nel girone di ritorno abbiamo racimolato solo 38 punti, a differenza dei 44 fatti nel girone d’andata, con una squadra ancora figlia di un corretto modo di agire sul mercato (in estate).

La storia recente la conosciamo tutti, con Conte che voleva andar via per quanto accaduto nel mercato di Gennaio, e con AdL che ha il grandissimo merito di trattenerlo, promettendo di assecondarlo sul mercato, acquistando non solo future plusvalenze ma anche gente più in là con gli anni, probabilmente non rivendibili, ma capaci di regalare alla squadra ed ai tifosi quella classe e quell’esperienza in più che, se si vuol stare a certi livelli, è se si vogliono cogliere certi fatturati (perché vincere porta molti più soldi dei piazzamenti, l’avete capito finalmente, vero?) risultano essere essenziali.

Ah, non disturbatevi a dire che AdL ha fatto tutto ciò l’estate scorsa perché poteva permetterselo solo in quel momento, in quanto è un falso, visto che il mercato è stato affrontato con i soldi incassati gli anni precedenti, in particolar modo dopo lo scudetto Spallettiano, ergo fu esclusivamente per sue scelte errate se quel Napoli fece acquisti senza senso e fece una stagione mortificante.

In sostanza, non è un caso se, anche stavolta, sono cadute le vostre regole e non le mie (nostre).

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