Balotelli fa cilecca, ma il c.t. lo assolve: «Si è mosso bene»
La cosa più importante – e forse anche quella più pericolosa – è avere memoria. Un giorno la madre dello scrittore congolese Alain Mabanckou disse al figlio: «Diventa quello che vuoi, ma ricorda che l’acqua calda non dimentica mai di essere stata fredda». Ecco, l’impressione è che Mario Balotelli non abbia dimenticato. Che il freddo gli sia rimasto dentro. Che il passato e i suoi graffi, che le polemiche e le rivincite abbiano zavorrato quel giocatore di cui adesso abbiamo disperatamente bisogno. Non nascondiamoci: questo è un Mondiale in cui molti Paesi hanno caricato sulle spalle dei propri idoli il peso di una quotidianità piena di malinconie, e a rispondere «presente» sono stati in tanti. Messi, Neymar, Van Persie, Muller, Benzema fino a Suarez, acciaccato ma non abbastanza da evitare di mettere in ginocchio gli inglesi e inoculare nelle nostre vene giorni di terrore.
Lo spreco Eppure potevamo essere qui a raccontare un’altra storia. La storia dell’attaccante azzurro che – dopo la rete decisiva segnata agli inglesi – nelle vesti di pacificato promesso sposo è venuto in sala stampa a spiegare propositi inappuntabili: gioco non per me ma per la squadra, ciò che conta è l’Italia. Ma al momento della verità Mario si è perso ancora una volta. E quel che è paradossale, si è perso proprio quando aveva trovato la strada, o meglio il corridoio, quello che Pirlo al 31’ gli aveva aperto per trafiggere Navas. Invece Mario prima ha sbagliato il controllo col sinistro e poi ha concluso male col destro. Non basta. Due minuti più tardi, liberato in posizione centrale, non ha saputo far meglio che tirare addosso al portiere. Risultato? Mani sulla cresta e virtuali titoli di coda, visto che da quel momento si è fatto notare solo per le continue proteste con arbitro e assistenti, terminate poi con un’ammonizione per un fallo plateale e sciocco. E il rimpianto di Marchisio, alla fine, è quello di tutti gli italiani: «Se Mario avesse segnato, sarebbe cambiata la partita».
La rivincita Cesare Prandelli non calca la mano e spiega: «Ha fatto buoni movimenti senza palla nel primo tempo, nella ripresa invece non gli abbiamo mai dato l’occasione di attaccare la profondità: dovevamo liberare meglio un giocatore che lo potesse mandare in porta». Di sicuro l’allenatore ha ragione, ma sembrano coriandoli alla fine di una festa andata male, quella che Mario aspettava a inizio partita quando scriveva: «Oggi è un altro grande giorno. Tutti insieme mettiamocela tutta per provare a fare un’altra grande impresa calcistica». Ci abbiamo creduto, così come crediamo ancora che contro l’Uruguay prenderà la squadra sulle spalle per traghettarci agli ottavi. Ma adesso è il momento di diventare leggeri, e se occorre anche di dimenticare. Lo ha detto lui stesso: «Il Mondiale è più importante di qualsiasi campionato o Champions League». Proprio per questo un fallimento nel ruolo da capro espiatorio lo condannerebbe, forse, a dover accettare un senso di incompiutezza per quattro lunghi anni. Difficili come le prossime notti che lo attendono.
La Gazzetta dello Sport