BRASILE 2014

Battaglia finale: Germania-Argentina, Muller-Messi. A chi il mondo?

La finale dei due mondi nasce dentro una bolla di incessante rumore. Gruppi di argentini percorrono cantando le strade di Copacabana, e a ogni incrocio il corteo si ingrossa per poi andare a sciogliersi sulla spiaggia: sono tutti senza biglietto, e in tanti – sapute le tariffe dei bagarini – non lo cercano nemmeno più. Basta esserci, poi magari si guarda il match in tv come qualche miliardo di appassionati. I tedeschi li osservano dai tavolini dei ristoranti all’aperto – la differenza tra le due economie è plateale – e declamano uno slogan per Thomas Müller appena i cori argentini su Messi diventano molesti. Grande duello, grande partita, grande finale, grande città.
Duro come un argentino Germania favorita, certo. Però… La capacità di sopravvivere è una dote fondamentale per vincere i Mondiali di calcio, e l’Argentina ha dimostrato di possederla in abbondanza. Capacità di sopravvivere significa trovare nei minuti di recupero il gran gol che spezza l’equilibrio (Messi con l’Iran), ma anche evitare i rigori con una rete in fondo ai supplementari (Di Maria alla Svizzera negli ottavi), oppure chiudere la strada all’asso degli avversari all’ultimo secondo (Mascherano che mura Robben con un tackle portentoso in semifinale), e infine – visto che a volte non se ne può fare a meno – pescare un improbabile eroe che ti pari due rigori nell’ordalia finale (Romero, sempre contro l’Olanda). La capacità di sopravvivere dell’Argentina – che in altre parole è la sua ineguagliabile capacità di competere – tiene aperto il pronostico della finale anche al di là della di presenza di Leo Messi, o meglio in connubio col fattore più citato perché in attesa della giocata del fuoriclasse occorre saper restare in partita, il che vuol dire, al caso, difendere anche lo svantaggio minimo. Cosa che il dissennato Brasile di martedì non si è degnato fare, uscendo distrutto.
Germania quasi perfetta La premessa dedicata all’Argentina, o meglio alla partita come luogo di un possibile equilibrio, implica il fatto che il pronostico tecnico penda – come si diceva – dalla parte della Germania. La sensazione è che il ciclo di Joachim Löw sia giunto a compimento: dopo tanti piazzamenti non c’è più nulla che limiti le ambizioni tedesche, se non il timore di un magistrale colpo dell’avversario. Hanno in Neuer il portiere migliore, in Lahm il terzino migliore, in Hummels il difensore centrale migliore, nel magnifico Kroos di questo mese il regista migliore, in Müller l’attaccante migliore, e i calciatori che negli altri ruoli non arrivano al numero uno sono applauditi e riveriti numeri due.  Da parte sua, Löw ha definitivamente inserito il software del collettivo su pezzi individualdemente così preziosi, attingendo elementi da ciascuna delle tre grandi esperienze della Bundesliga di questi anni: la robustezza di Heynckes, la verticalità di Klopp, il palleggio di Guardiola. Pochi tecnici come lui sintetizzano il concetto di contaminazione, una delle chiavi del calcio moderno, ed è logico che quando riesci ad applicare a una generazione così talentuosa le migliori armi del sapere tattico di un grande campionato (senza farle entrare in contraddizione), il risultato diventa una conseguenza. La Germania pressa più alta rispetto a quattro anni fa, quando recuperava il pallone soltanto nella sua metà campo, gioca corta e compatta con l’unica profondità data da Klose, e la struttura della sua difesa – aggiustata in corso d’opera col ritorno in fascia di Lahm e l’uscita del lento Mertesacker – è fatta per una linea alta, vista la rapidità dell’eventuale recupero in caso di lancio piazzato dagli avversari nello spazio vuoto alle sue spalle (senza contare la bravura di Neuer nel recitare anche da libero).
Il commando Messi L’Argentina ha un disegno tattico completamente diverso: la sua prima urgenza è il presidio dell’area, da cui una linea difensiva assai più bassa e protetta dal carisma di Mascherano (con gli scudieri Biglia e Perez), e basta questo per capire la differenza con la languida opposizione montata dal Brasile. L’Argentina deve dunque resistere nel suo fortino aspettando la circostanza giusta per attivare Messi, il suo commando, in missione contro la santabarbara avversaria. Le condizioni di Leo, apparse declinanti nelle ultime gare – ma questa è la partita della sua vita, e lui ha un talento per competere persino superiore alla media nazionale – decideranno la quantità delle missioni: certamente attaccherà la zona di Höwedes, il meno arcigno dei difensori tedeschi, tirandosi dietro come minimo Schweinsteiger e, se la serpentina dovesse prendere velocità, attirando Hummels ai confini della sua zona. Tre avversari spostati implicano disordine anche in meccanismi di precisione come una difesa tedesca: lì dovranno infilarsi, con un’efficacia superiore a quella mostrata sin qui, Higuain, Lavezzi e – se fosse arruolabile almeno per uno spezzone – Di Maria. Tra una Germania che attacca bene e un’Argentina che aspetta e riparte con simile pericolosità, rischia di uscire una bella finale: il cielo ci scampi dalle squadre allo specchio, buon divertimento a tutti noi e uno speciale in bocca al lupo a Rizzoli, Faverani e Stefani. Fateci fare bella figura.

La Gazzetta dello Sport

Commenti
Segui il canale PianetAzzurro.it su WhatsApp, clicca qui