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Britos: “Cerco di dare il massimo, ma gioco in un ruolo che non è il mio”

Rassegniamoci: c’è sempre la notte di Bilbao ad oscurar la mente, ad ottenebrarla, a lasciare ch’emerga quel velo di malinconia persino a Reggio Emilia, mentre intorno c’è la dimensione «finalmente» della normalità e certo non sarà lo 0-1 sul Sassuolo a trasformare in euforia. Però rassegniamoci: vanno considerati gli uomini ancor prima che gli atleti, quei ragazzoni grandi e grossi feriti dentro ed ai quali, in otto giorni, in quegli otto giorni, è stata strappata la favola dalle mani. Perché la Champions è il traguardo più ambito per chiunque, l’Oscar della vita come attore protagonista, il Nobel per la carriera, la sintesi per descrivere l’estasi all’interno d’un percorso comunque breve: uno pensa alla musichetta, agli stadi pieni, a quel clima gioioso che trasforma il calcio in evento collettivo, quasi una zona franca in cui è vietato l’ingresso alla tristezza; e invece, tra il san Paolo e il san Mamés, ci scappa l’esilio dall’Olimpo e dunque da se stesso. «Sì, quella è stata una mazzata».

REAGIRE. E allora, rassegniamoci a giudicare le sensazioni e persino i sentimenti ancor prima del 4-2-3-1 e delle formazioni e della umanissima debolezza di sbagliare un gol: perché Miguel Angel Britos, che tra l’andata ed il ritorno di quelle due serate terrificanti ne ha viste eccome, se le porta dentro pure ora ch’è tutto finito, anche la crisetta di risultati, e si potrebbe almeno brindare alla ritrovata tranquillità smarrita. «Però dovevamo vincere ed abbiamo vinto. Buon primo tempo, poi le sofferenze». Uno poi potrebbe reclamare Freud o anche una diavoleria qualsiasi: però non c’è tempo ormai per abbandonarsi sul lettino, semmai conviene sistemarsi dinnanzi alla lavagna, rileggere la partita, vedere dentro Pavoletti che va a fare la punta al fianco di Zaza, scoprire che il Sassuolo è cambiato ed il Napoli ha vacillato, ma mica tatticamente, no, nel cervello annebbiato dal san Mamés che puntualmente ritorna. «Loro hanno cambiato atteggiamento e questo ci ha creato qualche problema; ma soprattutto sono ricomparse le paure: quella di non farcela, magari anche per la stanchezza. Però ci siamo riusciti ed ora già ci sentiamo meglio: quelle due serate hanno pesato sul nostro morale ed i tre punti sono utilissimi non soltanto per la classifica, ma adesso anche per quella».

FUORI. Quelle due serate, già: poi a mezzogiorno e mezzo d’una domenica un pochino speciale, d’incanto, sparisce l’Athletic Bilbao e ricompare il sano pragmatismo d’una difesa che riesce a non subire gol, che resiste ad oltranza, anche aggrappandosi ad una traversa, e che ora se la gode almeno un po’. «Non è facile giocare ogni tre giorni e noi, come tanti, avvertiamo qualche disagio a quest’ora del giorno. Per quanto mi riguarda, faccio quello che posso in un ruolo che non è il mio: do il massimo e può capitarci qualche errore. Io gioco dove vuole il mister, che mi ha parlato e mi ha spiegato cosa si aspetta da me in quel ruolo, e provo a soddisfare le sue esigenze. E comunque è stata una soddisfazione vincere: perché ne avevamo veramente bisogno; dovevamo cancellare certe amarezze recentissime ed una partenza complicata». Quanto è lontana Bilbao…

Corriere dello Sport

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