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Benitez visita la città fra le domande degli scugnizzi napoletani: «Rafa, ma vai via a Gennaio?»

Via Raimondo de Sangro angolo via Francesco De Sanctis. Non è Castel Volturno e non ci sono i tabelloni alle spalle con le sponsorizzazioni, ma è all’ombra della cappella che ricorda il principe alchimista che Rafa Benitez risponde alla conferenza stampa più divertente che probabilmente avrà mai affrontato. La pattuglia di scugnizzi gioca a pallone in piazza San Domenico Maggiore quando lo scorge da un finestrone che dà luce alle scuderie del seicentesco palazzo che ospita il laboratorio di Lello Esposito. E parte il coro«Rafa, Rafa». Poi, tra un selfie e l’altro, lo accompagnano verso la Cappella di san Severo. Benitez aspetta pazientemente di entrare e una dopo l’altra arrivano le domande più scottanti. Il ragazzino più grande avrà si e no dodici anni. «Rafa ma Gabbiadini arriva? ». Dribblare non è facile. Con il sorriso di chi è visibilmente divertito dall’improvvisa intervista, domanda: «Dove gioca adesso? ». Risposta: «Alla Sampdoria». E lui: «E noi dobbiamo pensare ai giocatori del Napoli». Incalza Vincenzo, 11 anni: «Rafa ma mica perdiamo conl’Empoli? », e il tecnico spagnolo: «Guarda che non perdiamo da dieci gare ». Un attimo di tregua per ammirare i palazzi dei vicoli a ridosso di san Domenico Maggiore. Li paragona al Rastro di Madrid dove c’è la stessa vitalità di Napoli. Ma per gli scugnizzi napoletani Benitez non si deve distrarre. Ecco la domanda più attesa. «Rafa, ma vai via a gennaio? ». Benitez trasecola. A gennaio il mercato è aperto per i calciatori ma, evidentemente, nell’immaginario dei ragazzini si fa strada il possibile addio del tecnico: «Ora pensiamo alla prossima partita» replica. E fa l’interrogatorio al piccolo: «Con chi giochiamo domenica?». «Empoli» risponde. «Bravo, e poi?». «Milan» dice il ragazzo. «Sbagliato. Slovan. Vedi, dobbiamo pensare una partita alla volta». Ed il ragazzino di spirito: «Rafa, se resti a Napoli e vinci lo scudetto, ti fanno santo». E Rafa: «Ed è per questo che sto entrando nella chiesa». È un botta e risposta continuo, divertente, coinvolgente. Si avvicina un altro interlocutore e chiede di Rafael: «Mister ma non sa uscire dai pali, non mi dà fiducia. Diteglielo voi come si deve fare». Categorico Benitez: «È il nostro portiere. Bisogna tifare per lui». E all’ennesima critica, arriva l’esempio del tecnico.«Se io parlassi male di un tuo amico, tu me lo permetteresti? ». Il ragazzo lo guarda, ci pensa, e poi dice: «Mi ha convinto. Se lo dice lei». Stringe la mano e se ne va. Il corpo di Napoli è conosciuto da Benitez. Con la moglie è stato a Cappella san Severo, palazzo Reale, Pompei e tante altre bellezze partenopee. A casa hanno una libreria enorme. «A me piace scoprire, vedere, immaginare – ha sempre detto -ma la vera esperta d’arte è lei». Il giro nel ventre della città accompagnato dal responsabile delle relazioni esterne del Napoli Nicola Lombardo e da due amici francesi dura un’oretta. Prima le seicentesche scuderie che ospitano il laboratorio di Esposito, poi la Cappella di san Severo. Il tutto nell’ambito di un evento del Banco di Napoli denominato «il testamento di Pietra». Un sorriso e una fotografia per tutti. Ma le domande sul Napoli non mancano mai. «Io mi sono seccato di vincere solo la coppa Italia » è l’affermazione dell’ennesimo ragazzino della pattuglia. E Benitez lo guarda sorridendo. «Per il momento è molto importante». Stupito dall’incalzare e dalla rapidità di risposta dei ragazzi, Rafa si rivolge ai cronisti presenti: «La verità è che li avete pagati per farmi queste domande» scherza. No. È la velocità nel pensiero- azione degli scugnizzi partenopei. Verso le 20.30 Rafa saluta e va via. L’attrazione di giornata è terminata. È tempo di riprendere il pallone e ricominciare a giocare. Le porte sono quelle di sempre: un palazzo seicentesco da un lato e la cancellata dello storico obelisco dall’altra.

Il Mattino

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