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L’ultimo tabù: battere la «piccolite» per sognare da grande

C’è un copione quasi classifico, una sceneggiatura non più originale: il Napoli che batte le big, mette in discesa il piano inclinato del campionato ma poi non sfrutta tutta quella concatenazione di elementi favorevoli e si lascia contagiare dalla «piccolite».

Troppo spesso, quando c’è di mezzo il Napoli, il Davide contro Golia si risolve come al solito, ovvero senza contraddire la Bibbia: nonostante le differenze tra gli azzurri e le medio-piccole. Fin dai tempi di Mazzarri, si sa, il Napoli pareggia e perde molti punti soprattutto con chi è più debole di lui. Quel Napoli lì, per esempio, nel 2011/12, lasciò punti ovunque: perse prima col Chievo (gol di Moscardelli) e poi col Parma; 0-0 col Cagliari e alla decima finì ko col Catania. Nel ritorno, perse punti a Bergamo, Novara, Bologna e Cesena. E proseguì così anche dopo (ancora a Catania, Chievo e Bergamo, oltre ai ko nelle coppe con Bologna e Viktoria). Una tradizione, brutta. Un filo conduttore. Napoli grande con le grandi (quest’anno ha già battuto Milan, Lazio, Juventus e Fiorentina) ma poi è piccolo con le medio-piccole (sconfitta con il Sassuolo e pareggi con Sampdoria ed Empoli) come se in qualche modo il suo valore rimanesse sempre inespresso. Con Benitez, se alla fine il terzo posto è sfumato, è stato esattamente per un limite: quello di non dimostrarsi più forte quando, in effetti, lo si è. Rafone, infatti, fin dalla prima stagione si è fatto stregare da Sassuolo (1-1), Parma (0-1), Cagliari (1-1), Bologna (2-2), Chievo (1-1), Livorno (1-1). E ha proseguito pure l’anno dopo (basta ricordare gli harakiri con Verona, Empoli, Atalanta e Parma nelle ultimo mese di campionato). Il salto di qualità di Sarri il provinciale passa dunque per le prossime quattro gare, passa attraverso questo mini tour de force di campionato che ci consegnerà o la favorita numero uno allo scudetto oppure semplicemente una delle candidate alla vittoria finale. Perché affrontare Chievo, Palermo, Genoa e Udinese una dietro l’altra potrebbe regalare un sorriso a tutti. Tranne che al Napoli. Negli ultimi 13 mesi, solo per restare ai tempi recenti, gli azzurri si sono fatti stregare proprio dagli avversari che inseguono in classifica. A settembre 2014, tra la prima e la quarta, tra Genoa, Chievo, Palermo e Udinese (esattamente le stesse avversarie che affronterà nella prossime quattro giornate) il Napoli mise assieme una vittoria, un pari e due sconfitte. Totale: 4 punti. E nel girone di ritorno, lo scivolone a Palermo (3-1) dopo tre vittorie di seguito proprio con gialloblu, clivensi e friulani costò la prima di una serie di interminabili frenate sui campi di chi inseguiva in classifica. La svolta di Sarri passa tutto per questo tabù, per una maledizione che il tecnico toscano vuole mettersi alle spalle. Anche perché lui le piccole le ha guidate fino a sei mesi fa e di certo non si può essere dimenticato come si fa ad affrontarle.

«Ci vuole umiltà e sofferenza anche con le piccole», ha ammonito domenica pomeriggio dopo aver visto il Napoli stringere i denti con la Fiorentina. E allora col Chievo – battuto al Bentegodi nelle ultime due trasferte – è il caso di armarsi di clava più che di fioretto. Ieri alla ripresa degli allenamenti è andato giù con l’elenco degli errori che, a suo supremo avviso, hanno commesso gli azzurri nel corso della gara con i viola. Ha fatto vedere e rivedere il gol di Kalinic e ha puntato il dito su Koulibaly. Le piccole sono adesso un’ossessione, la cartina di tornasole di quello che potrà fare il Napoli. Un altro allenatore di provincia, Ottavio Bianchi, amava ripetere a quel Napoli che poi avrebbe vinto lo scudetto che «le partite con la Juventus e l’Inter mettono in palio gli stessi due punti di quelle con Ascoli e Como».

il mattino

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