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JUVE E NAPOLI: trova le differenze

1. Le tifoserie diverse in tutto.

È il caso di dire: lontane e vicine. Sparse per l’Italia, presenti in tutto il mondo. Quella juventina è più numerosa, la napoletana è più rumorosa. Entrambe sono diffuse ovunque. Puoi trovare una foto con dedica di Trapattoni appesa in un ristorante a Copenaghen così come un’immagine di Careca con il titolare di una pizzeria nel centro di Pechino. Ma se i bianconeri parlano ovunque le lingue più disparate, uniti dal mito della Vecchia Signora, gli azzurri esuli nel mondo hanno in comune la stessa matrice e ovunque tradiscono l’identico accento napoletano.

2. Il Nord e il Sud.

Non si scappa: Juve e Napoli rappresentano i lati estremi e due facce diverse della stessa nazione. Settentrione e Meridione, un pezzo di storia patria nel pieno dell’evoluzione industriale, mondi all’opposto che negli anni si sono contaminati, mescolati e (a fatica) integrati masticando attitudini contrastanti. Stereotipi contro. I colletti bianchi e gli emigranti con le valigie di cartone. Sul piano sportivo le distanze ancora resistono, spesso si accentuano e a volte sfociano, anzi sprofondano, nel becero e nel volgare, perfino nella violenza. Succede quando Nord e Sud non vogliono incontrarsi, quando si ignorano per principio. Spesso perché in comune allo stadio mostrano poche virtù e una certa ignoranza.

3. Le feste scudetto senza paragoni.

Vincere spesso è appagante, ma può dare assuefazione. Vincere ogni tanto è faticoso, ma può farti impazzire di gioia. Se vincerà il Napoli, sarà una festa infinita. Se vincerà la Juve, sarà una gioia da trasformare subito in motivazione e quindi in altre vittorie. Modi di essere, difficile scegliere.

4. I giocatori simbolo: el Pibe e le Roy (foto wikimedia.org)

Maradona ha scritto la sua poesia nello stesso periodo in cui Platini dettava le sue regole. Uno è stato immenso, prodigio puro, l’altro è stato straordinario a modo suo. Diego ha incarnato lo spirito di Napoli, lo scugnizzo d’Argentina che tra lacrime, sudore e sangue porta in paradiso il suo popolo. Michel ha sposato lo stile torinese, lui francese d’origini piemontesi, così affine agli Agnelli, capace in campo di trasformare l’eleganza in magia. Due continenti lontani. Eppure storicamente, è anche vero che gli opposti hanno provato attrazione e molti miti tra Juve e Napoli sono stati condivisi: per esempio Sivori, Altafini, Zoff…

5. Gli allenatori, diversamente vincenti.

Come direbbe Ulivieri, sono entrambi toscani ma di genere diverso. Allegri è di scoglio e Sarri di campagna. Allegri sa smussare gli angoli, Sarri sa dare forma alla materia grezza. L’arguto Allegri ha l’esperienza per affrontare e risolvere qualsiasi problema, il sanguigno Sarri ha la conoscenza dal basso che lo porta ad aggirare gli schemi precostituiti. Entrambi sanno vincere. Il tecnico bianconero è in linea con la tradizione italianista, ti studia e ti colpisce. L’allenatore napoletano guarda a modelli meno consueti, ti avvolge nel suo modulo e ti travolge. Partita aperta (e i due contendenti, in fondo, si stimano).

6. I presidenti che non trovano affinità.

Aurelio De Laurentiis si atteggia a gran cerimonierie. Ha mosse e parole studiate, domina la platea, affina l’eloquio fino a specchiarsi in se stesso. Ma intanto ha riportato il Napoli in vetrina, ha trasformato il club in un’azienda solida e con i conti a posto, ha idee rivoluzionarie che fatica a condividere, con l’amministrazione comunale della città (sebbene sia più spesso a Roma) così come con i vertici dell’Uefa. E parla spesso di cambiamento. Una vita da cinema. Esattamente come il suo omologo Andrea Agnelli, una vita a tutto gas, pur senza trovare con lui punti d’incontro. Il presidente juventino non ha gli orpelli del collega napoletano, è più diretto, spesso brusco, nettamente concreto e non si preoccupa di spedire messaggi sgradevoli, se l’oppositore li merita. Anche quando l’oppositore è dentro casa. Guida il fronte più avanzato dell’innovazione nel calcio, vorrebbe più potere per mettere il calcio italiano al passo con la Juve. Perché gestisce il club che è più vicino – ma non ancora abbastanza – alle big d’Europa. Chiede un cambio di passo che nella combriccola della Lega nessuno sembra garantire. Presidenti che non si capiscono, uno imprenditore, l’altro manager, uno figlio di produttori cinematografici, l’altro figlio di produttori d’auto e di svolte storiche.

7. I bomber d’Argentina: uno poderoso, l’altro imprendibile.

Anche loro lontani e vicini, Higuain e Dybala. Il campione ex Real ormai riconosciuto e affermato (proprio a Napoli) e il talento erede di Tevez con prospettive ancora inesplorate, buon per la Juve. Argentini d’indole varia. Il primo ombroso, ma non più in preda alla collera come in passato. Potente in tutto ciò che fa e che pensa: anche le parole del dopo gara, cadenzate come in un proclama, suonano poderose. Ha gambe solide e punta diretto alla porta. Sradica palloni, avversari e reti. L’altro invece sembra un bambino, educato e determinato, volenteroso e brillante. È gentile ma sa ciò che vuole, pensa e corre a velocità doppia, segna con abilità tripla. Esprime e ispira gioia, la “Joya”, appunto, una felicità istintiva come quella di un “bambino”, così lo chiamavano a Palermo, neofita del grande calcio ma non delle grandi prodezze. Faranno coppia in nazionale?

8. Gli stadi: il vecchio e il nuovo.

Sempre De Laurentiis lo sogna tutto suo, un impianto da trasformare in cuore di Napoli, uno stadio-quartiere aperto alla gente. Un punto di incontro, una sorgente di vita. Un concetto nuovo e rivoluzionario. Sarebbe fantastico, ma intanto il San Paolo è un cruccio, è un gigante malato, un vecchio che stona in contesti più alti, sul palcoscenico della Champions per esempio. Ci vuole tempo. Nel frattempo è quello di sempre, cadente ma con fascino. Quello degli ultimi scudetti, lo stadio dove la gente canta e balla al ritmo delle immortali canzoni napoletane. Agnelli invece va orgoglioso dello Stadium (dove con il Napoli ha sempre vinto), ancora una volta avamposto innovativo, ancora una volta esclusiva della Juve e modello da imitare. Teatro adesso di una partita importante, una delle tante, ma anche diversa da tutte. Una partita e uno stadio che non vivrà di emozioni contrapposte, senza tifo napoletano, così come all’andata il San Paolo non aveva ospitato il tifo juventino. Nota stonata di una cornice perfetta, altrimenti non saremmo in Italia.

9. Le città che si snobbano.

Torino patria del basso profilo e dei risultati d’eccellenza contro Napoli città dei mille colori e dei sogni da inseguire e avverare. Nel calcio sono due percorsi distanti che quando s’incrociano generano scossoni: la squadra di Maradona si scoprì grande vincendo a Torino. La prima Juve di Conte si convinse di poter diventare grande recuperando sul 3-3 una partita quasi persa al San Paolo. Ogni volta sono sfide epocali. Ogni volta le città entrano in gioco con la loro storia e la loro cultura. È una gara di primati, al di là dei luoghi comuni. C’è chi ricorda le tradizioni sabaude e chi recupera l’orgoglio borbonico. C’è chi vive di profili di montagne e chi di mare azzurro. Due città che, in sostanza, si snobbano a vicenda.

10. La difesa e l’attacco.

La Juve è la squadra che ha subito meno reti, il Napoli ha l’attacco più irresistibile. La sfida comincia da queste due certezze, che possono voler dire tanto e niente. Alla Juve manca una pedina come Chiellini, il Napoli ha il trio Higuain, Insigne e Callejon al massimo della condizione. Ma Allegri è scaltro. La sfida tattica è tutt’altro che scontata, anche se è lecito attendersi un Napoli più intraprendente e una Juve come al solito attenta. La difesa annulla l’attacco e viceversa? Chissà. Per adesso si tratta di altri due punti di non contatto tra le due sfidanti. E non è detto che una gara caratterizzata da tante diversità non finisca proprio con il pronostico maggiormente gettonato, la parità.

calciomercato.com

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