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Tutti sul carro del vincitore!

Da una decina di giorni Claudio Ranieri è l’allenatore più celebrato in tutto il pianeta essendo riuscito in un’impresa che sembrava folle solo a pensarci. Il tecnico romano ha portato per la prima volta al titolo il Leicester, squadra che è già un miracolo se è stata ai nastri di partenza essendosi salvata in extremis la scorsa stagione.

Ora la squadra è sotto una lente d’ingrandimento globale e se i suoi giocatori erano qualche mese fa dei carneadi nel prossimo mercato potrebbero essere contesi a suon di milioni. Tra tutti Jamie Vardy che ha sulle mani ancora i calli di quando batteva il ferro a Sheffield, Riyad Mahrez, centrocampista algerino eletto miglior giocatore del torneo e l’estremo difensore Kasper Schmeichel, danese, che da ora in poi guarderà il padre Peter, che vinse tutto difendendo la porta del Manchester United, senza abbassare gli occhi. A guidare questa banda sulla quale nessuno all’inizio avrebbe scommesso un penny bucato (chi l’ha fatto sta ancora contando i bigliettoni, c’è chi ha comprato casa) Claudio Ranieri da Roma, tornato in Premier League dopo aver allenato il Chelsea dal 2000 al 2004. Ora tutti lo cercano, tutti lo amano, tutti lo stimano secondo l’incorreggibile abitudine, più italiota che italiana, di salire sul carro del vincitore.

Ranieri è ora osannato dai romani che se possono dirsi giustamente orgogliosi di esserne concittadini erano gli stessi che lo invitavano a dimettersi dalla guida della Roma, incensato dalla stampa (Tuttosport gli fece una guerra senza precedenti quando  allenava la Juventus) e celebrato dal calcio di casa nostra, e sua, che vorrebbe richiamarlo dopo averlo lasciato partire dandogli del perdente. Lo farebbero sindaco a Catanzaro dove pensando a lui tornano alla mente i cinque anni consecutivi in Serie A del club calabrese.

Ranieri ha allenato anche il Napoli quando la società navigava nelle acque agitate del dopo Maradona. Il suo Napoli in Coppa UEFA vinse 5-1 a Valencia, l’anno dopo perse con lo stesso punteggio in casa con il Milan procurandogli l’esonero. Daniel Fonseca, suo pupillo dai tempi di Cagliari, disse “Ero venuto qui per lui…”, ed erano con lui la piazza (Ranieri non ha colpe, recitava uno striscione in Curva B) e la squadra: dopo un gol tutti lo andarono ad abbracciare e fu un mix di comicità e tenerezza vederlo con i capelli sconvolti incitare i giocatori.

La vittoria di Ranieri di italiano ha ben poco: è stata possibile in un campionato meno isterico e più strutturalmente avanzato del nostro, con un pubblico che ti lascia vivere e lavorare ed al quale non devi rendere conto di ogni scelta.

Chi poi volesse l’auto dei sogni o estinguere un mutuo pesante provi a scommettere sul Sassuolo campione d’Italia nel 2017. Tentar non nuoce…

Antonio Gagliardi

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