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Azzurrini a confronto: le U-21 sul tetto d’Europa

Al via l’avventura degli Azzurrini di Gigi Di Biagio, prossimi all’esordio contro la Danimarca (Foto Getty)

Alle 20:45 l’esordio nel torneo in Polonia contro la Danimarca, la Nazionale di Gigi Di Biagio punta al 6° storico titolo con un gruppo costruito per vincere. La tradizione ha già premiato l’Italia sotto la guida di Maldini, Tardelli e Gentile, ct di squadre memorabili: quella attuale è davvero l’U-21 più forte?

di Luca Cassia

“Forse siamo la Nazionale Under-21 più forte degli ultimi vent’anni”. Parola di Gigi Di Biagio, ct degli Azzurrini attesi dalla 21.a edizione dell’Europeo di categoria dal 16 al 30 giugno in Polonia. Non è la tradizione a mancare ai talenti italiani cinque volte campioni continentali, un record nella storia della rassegna, tuttavia il sorteggio promette insidie già dalla fase a gironi: di fronte nell’ordine la Danimarca orfana di Dolberg, stellina assente a differenza del neo juventino Schick nella Repubblica Ceca fino alla spaventosa Germania impeccabile nelle qualificazioni (10 vittorie su 10). Accedono alle semifinali le regine dei tre gruppi più la migliore seconda, format che vieta passi falsi già dall’esordio in serata. Ecco perché il nostro ct ha chiesto e ottenuto la conferma dei big in squadra.

Fuori dai giochi Romagnoli, Di Francesco e Murru per infortunio, dispensati dall’impegno come i vari Masina, Mazzitelli e Verdi, Di Biagio ha piuttosto accolto in gruppo campioncini del calibro di Donnarumma e Rugani, Gagliardini e Berardi fino a Bernardeschi. Valori aggiunti di una truppa reduce da un’ottima stagione in campionato, vedi alla voce “bergamaschi” (Conti, Caldara, Grassi e Petagna) oppure singoli di qualità come i granata Barreca e Benassi fino a Pellegrini e Chiesa. Insomma, un roster potenzialmente formidabile destinato a sfilare verso la finalissima di Cracovia. Pochi dubbi su questo ‘11’ azzurro, formazione che accostiamo alle altre spedizioni italiane salite sul tetto d’Europa.

2004: Gilardino e l’ultima gioia

Iniziamo dall’ultimo trionfo azzurro all’Europeo U-21, gruppo forse non superiore agli Azzurrini secondi nel 2013 (Verratti, Florenzi, Immobile, Insigne e Gabbiadini tra gli altri) ma senz’altro esaltante agli ordini di Claudio Gentile. Prima forza sulla strada verso la Germania davanti a Serbia e Montenegro, la Nazionale inciampa all’esordio contro la Bielorussia (1-2) prima di rifarsi contro i serbi (2-1 con doppio Sculli) e Croazia, battuta 1-0 grazie a De Rossi. Già, un futuro campione del mondo come i compagni Amelia, Zaccardo, Barzagli e Gilardino, quest’ultimo capocannoniere del torneo (4 gol) e nominato miglior giocatore della rassegna dopo una Serie A chiusa a 23 reti a Parma dietro al solo Shevchenko. Non è un caso che “Gila” sia il bomber all-time dell’U-21 azzurra con 19 reti.

I ragazzi del ct Gentile accedono così in semifinale contro il Portogallo, avversaria che aveva già concesso Cristiano Ronaldo alla Nazionale maggiore a differenza dello spauracchio Hugo Almeida. Gli Azzurrini la spuntano 3-1 (doppio Gilardino intervallato da Pinzi) e prenotano la finale di Bochum, teatro del terzo confronto ravvicinato contro Serbia e Montenegro. Un epilogo senza storia: De Rossi, Bovo e Gilardino schiantano 3-0 Ivanovic e compagni festeggiando il 5° titolo iridato. Se qualcuno di quel gruppo è sparito dai nostri radar (Sculli, Del Nero, Potenza e D’Agostino su tutti), una larga fetta si divide a buoni livelli tra Serie A e B: Caracciolo è un mostro sacro a Brescia, Brighi e Rosina fanno ancora la differenza.

2000: Pirlo eroe in Slovacchia

Se la Nazionale maggiore inciampò al golden goal di Trezeguet nella finale di Rotterdam, gli Azzurrini raggiunsero il 4° titolo europeo agli ordini di Marco Tardelli. Un percorso netto nelle qualificazioni (7 vittorie e un pareggio) prima dello spareggio risolto all’extra-time contro la Francia ad anticipare la rassegna in Slovacchia, dove spiccano talento e carattere: c’è l’asse portante del futuro Milan (Abbiati, Gattuso e Pirlo), giovani di belle speranze sbocciati in provincia (Baronio, Ventola e Perrotta) nonché gregari votati alla causa azzurra. Su tutti brilla la classe di Andrea Pirlo, trequartista e bomber del torneo con 3 gol ad avvalorare la nomination di miglior giocatore della rassegna. Nel 2000 tornava all’Inter dopo l’ottimo prestito alla Reggina, lui che in U-21 risulta il più presente di sempre (46 caps) con 16 reti all’attivo, secondo solo al già citato Gilardino.

L’Italia archivia il gruppo B al primo posto sbarazzandosi dell’Inghilterra di Lampard (2-0 con Comandini e Pirlo) e della Turchia (3-1 firmato da Spinesi, Baronio e Ventola), successi intervallati dall’1-1 contro la Slovacchia con Baronio e Abbiati protagonisti assoluti. La leadership spalanca le porte della finale di Bratislava contro la Repubblica Ceca del ct Brückner e di futuri “italiani” come Grygera, Ujfalusi e Jankulovski oltre al velenoso Baros. L’uomo della provvidenza è Pirlo a segno su rigore e su punizione a vanificare il momentaneo pareggio di Dosek. Gli Azzurrini chiudono un decennio irripetibile con una spedizione forse avara di stelle ma campione d’Europa, ultima gioia in carriera per l’allora 23enne Comandini eclissatosi negli anni seguenti.

1996: tris da leggende

Non è un caso che Di Biagio abbia circoscritto il valore assoluto dei suoi ragazzi tra le U-21 azzurre dell’ultimo ventennio, d’altronde l’ultimo gruppo di Cesare Maldini vantava stelle annunciate: Buffon, Nesta, Cannavaro (eletto best player in Spagna) e Totti appartengono all’élite italiana, olimpo sfiorato dai vari Panucci, Tommasi, Tacchinardi e Delvecchio senza dimenticare gli infortunati della vigilia Vieri e Inzaghi. Al comando nelle qualificazioni davanti all’Ucraina, gli Azzurrini accedono alla fase finale superando il Portogallo nei quarti: dopo l’1-0 patito a Lisbona, Vieri e un’autorete di Peixe esaltano Palermo. Già regina d’Europa nelle due edizioni precedenti, la Nazionale è chiamata ad esami proibitivi.

A Barcellona la semifinale riserva la Francia di Domenech, squadra dai tanti gioielli come Vieira e Pires, Wiltord e Makelele: decide un guizzo di Totti ad inizio ripresa a ribadire una conclusione di Amoruso. Addirittura epica la finalissima allo Stadio Olimpico di Montjuic contro la Spagna padrona di casa, altra culla di campioni in erba con i vari Raul, Mendieta, De la Peña e Morientes. Azzurrini avanti con un’autorete di Idiakez vanificata da Raul, 1-1 che regge fino ai rigori nonostante le espulsioni di Amoruso e Ametrano. Se capitan Panucci sbaglia, l’eroe di serata diventa Pagotto che sventa i penalty di De La Peña e Raul. Morfeo trasforma l’ultimo tiro dal dischetto e l’Italia festeggia il 3° titolo europeo consecutivo. Si chiude un ciclo irripetibile, quello degli Azzurrini di Maldini futuri protagonisti ad alti livelli eccezion fatta per il suo numero ‘1’ precipitato in un tunnel senza fine dopo la notte più gloriosa della carriera. Binari agli antipodi per il suo vice in panchina, il 18enne Gigi Buffon.

1994: chi ricorda Orlandini?

La dinastia degli Azzurrini di Cesare Maldini ripartiva dal primo trionfo iridato scommettendo su promesse poi sbocciate (Toldo, Cannavaro, Panucci, Inzaghi e Vieri) e insistendo sui “veterani” del primo exploit come Muzzi e Marcolin. Sulla strada verso la fase finale l’Italia si aggiudica il primo braccio di ferro con il Portogallo, rivale che ritroverà più avanti non prima dell’ostacolo Cecoslovacchia ai quarti: parliamo della nidiata di talenti cechi (Nedved, Poborsky, Smicer) due anni più tardi protagonisti nell’Europeo dei “grandi”, tuttavia il 3-0 azzurro a Salerno con Vieri, Panucci e Negro vanifica l’ininfluente 0-1 del ritorno. Si aprono quindi le porte della semifinale a Nimes, teatro della Francia padrona di casa.

I Les Bleuets di Raymond Domenech schierano dal 1’ i vari Blanc, Dugarry e Zidane ai quali si aggiungeranno Micoud e Makelele: proprio quest’ultimo, dopo l’espulsione di Delli Carri, si rivela protagonista in negativo ai calci di rigore braccato da Toldo a differenza degli impeccabili tiratori italiani che valgono la finalissima di Montpellier. Di fronte il Portogallo già affrontato nelle qualificazioni, altro gruppo formidabile dove trovano spazio Jorge Costa e Joao Pinto, Rui Costa e soprattutto Luis Figo votato miglior giocatore del torneo. Tante stelline in campo ma a lasciare il segno è Pierluigi Orlandini, esterno dell’Atalanta gettato nella mischia da Maldini all’84’: è suo lo splendido sinistro all’incrocio dei pali al minuto 97, rete che vale il golden goal (all’epoca ancora noto come sudden death, ‘morte improvvisa’) e mantiene gli Azzurrini sul trono d’Europa. Mai nessuna Nazionale aveva trionfato due volte di fila nella rassegna, impresa che tuttavia non ha alimentato la parabola dei vari Tresoldi e Cherubini, Visi e dello stesso Orlandini protagonista di un rapido declino. Certo è quel mancino da applausi resta leggenda negli almanacchi Azzurri.

1992: inizia l’era Maldini

Subentrato ad Azeglio Vicini e in carica dal 1986, Cesare Maldini resta l’artefice di un decennio vincente alla guida dell’U-21 con tre titoli consecutivi. Il primo successo risale al 1992, anno dell’ultima edizione con la finale disputata in due gare prima dell’avvento del nuovo format, exploit che prende il via dalle qualificazioni dove l’Italia vince la concorrenza della Norvegia. È un gruppo di talenti in erba come Albertini, Dino Baggio e Peruzzi nonché degli ottimi Melli, Muzzi e Buso, quest’ultimo capocannoniere con 3 gol e miglior giocatore della rassegna. L’Italia getta le basi per la scalata eliminando la Cecoslovacchia con una doppia vittoria tra Trnava e Padova, test che anticipa le gesta di Renato Buso.

L’ex attaccante di Juventus e Fiorentina, allora in forza alla Sampdoria, segna l’1-0 decisivo ad Aalborg in semifinale contro la Danimarca ripetendosi a Perugia, vantaggio bissato da Muzzi per il 2-0 che vale la finalissima contro la Svezia. Al “Mazza” di Ferrara un altro 2-0, targato Buso e Sordo, vanifica l’1-0 patito allo stadio Värendsvallen: l’Italia è campione d’Europa U-21 per la prima volta nella storia. Se i vari Albertini, Baggio, Melli e Corini si destreggiavano tra le milanesi, Parma e Juventus, va ricordata la parabola di un difensore come Matrecano fino all’anno precedente di scena in C2 (Turris) prima della fiducia di Zeman a Foggia. Forse un gruppo dalla qualità inferiore rispetto alle spedizioni seguenti, tuttavia determinante nella prima impresa di Cesare Maldini alla guida degli Azzurrini. Oggi come allora i nostri ragazzi inseguono l’appuntamento con la storia: non è il talento a mancarci in 25 anni di Europei.

Fonte: SkySport

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